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15 Settembre, 2002
Elettori che scelgono? Non per la destra
Bocciati gli emendamenti del PD - Che siano gli elettori a scegliere chi mandare in Parlamento al PDL deve sembrare proprio una stranezza.

Sono state rigettate in blocco le proposte del Pd per modificare il testo di riforma della legge elettorale europea. Sei le misure proposte: mantenimento della preferenza, soglia di sbarramento al 3%, riduzione delle dimensioni delle circoscrizioni, obbligo di primarie, no a candidature plurime. E poi ineleggibilità per i componenti del governo, per i presidenti delle regioni, delle province e per i sindaci delle grandi città.

Il Pd aveva presentato nella giornata del 14 ottobre presso la Commissione Affari costituzionali alla Camera una trentina di emendamenti per modificare il testo di riforma della legge elettorale europea presentata dalla maggioranza. La nostra – annunciavano Sesa Amici, capogruppo del Pd nella Commissione Affari Costituzionali e il deputato salvatore Vassallo - sarà una battaglia di merito. I tempi della commissione non permettono altre forme di opposizione ed anzi cavalcare l'ostruzionismo per l'ostruzionismo rischierebbe di impedire il dibattito proprio sui punti più significativi della riforma".

Il pacchetto di emendamenti serviva a rimettere i cittadini al centro della scena con sei mosse: la prima era la riduzione della soglia di sbarramento al 3%; la seconda il mantenimento della preferenza. Prevedendo la totale chiusura della maggioranza su quest'ultimo punto con la traslazione del "porcellum" anche nel sistema di voto per i seggi europei il PD aveva già proposto la riduzione della dimensione delle circoscrizioni. Questa scelta consentirebbe di dare maggiore visibilità ai candidati e servirebbe anche a favorire il ricorso alle primarie. "Per tali ragioni - spiegano la Amici e Vassallo - abbiamo proposto di utilizzare, con pochi aggiustamenti, le circoscrizioni della Camera che diverrebbero circoscrizioni in cui si eleggono da 1 a 5 parlamentari europei".

Il PD vuole inserire nella nuova legge una norma per favorire le primarie da parte di tutti i partiti, "anche in questo caso per rafforzare il rapporto elettore eletto messo in crisi dalle liste bloccate".

Per evitare i doppi incarichi uno degli emendamenti proponeva l'ineleggibilità delle persone che ricoprono incarichi di governo ai vari livelli (membri dell'esecutivo nazionale, presidenti di regione, presidenti di provincia e sindaci di grandi città ossia con un numero di abitanti superiore a 15.000). Infine si proponeva di abolire la presentazione della candidature plurime, che vuol dire rendere impossibile per una stessa persona essere candidata su più collegi.

"Noi – concludevano tre giorni indietro - vogliamo dare a tutti i cittadini la possibilità di scegliere i candidati e gli eletti, vogliamo una delegazione qualificata in diretto contatto con gli elettori e vogliamo evitare le candidature fittizie di leader che si presentano come specchietti per le allodole e nominano i parlamentari".

Invece la maggioranza ed il Governo dicono no a tutti gli emendamenti presentati dal Partito Democratico. Amici e Vassallo parlano di “una vergognosa chiusura. Negli annunci di vari esponenti della maggioranza doveva essere la prima prova del confronto bipartisan sulle regole istituzionali, su un terreno peraltro non particolarmente insidioso. L’avvio della discussione in commissione sulla riforma del sistema elettorale per il Parlamento Europeo ha dimostrato invece con tutta evidenza qual è il modo in cui la destra considera il confronto bipartisan e le regole del gioco.”

Il Pd continuerà a chiedere che non venga abolito il voto di preferenza con altri emendamenti, peccato per la “cattiva fede” della maggioranza, che ,per quanto riguarda le ineleggibilità, “hanno dovuto far ricorso ad inconsistenti argomenti pseudo-giuridici “ come ricordano i due deputati.

 


       



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