15 Settembre, 2002
Decreto: norme che non servono e qualcuna che fa danno. di S. Fassina
Nessun impulso alla crescita. Siamo l'unico Paese europeo a rinunciare all'apporto delle politiche di bilancio al fine di attutire le conseguenze della crisi in atto.
Decreto: norme che non servono e qualcuna
che fa danno.
Ecco perché. di Stefano Fassina
Il cosiddetto Decreto Legge Anti-crisi (DL
185/08), approvato dal Governo il 28 Novembre
scorso, e’ inadeguato e, per alcune misure
in esso contenute, controproducente. Innanzitutto,
va sottolineato che, in termini macroeconomici,
non dà alcun sostegno alla domanda aggregata,
in quanto le minori entrate e le maggiori
spese, sono, sulla carta, interamente compensate.
Infatti, i 6 miliardi di euro indicati come
sostegno alle famiglie e alle imprese per
il 2009 sono interamente “coperti” da aumenti
di entrate o riduzioni di spese. A livello
macroeconomico, quindi, non e’ anti-ciclico,
neppure in misura modesta. Semplicemente
neutrale. Nessun impulso alla crescita. Siamo
l'unico Paese europeo a rinunciare all'apporto
delle politiche di bilancio al fine di attutire
le conseguenze della crisi in atto.
L’analisi delle singole misure evidenzia
un impatto pro-ciclico, ossia di peggioramento
delle dinamiche in corso. Sono pesantemente
pro-cicliche le misure di cui all’art. 29,
le quali di fatto annullano gli incentivi
agli investimenti in ricerca ed innovazione
e le spese per le ristrutturazioni edilizie
con finalità ambientali, poiché rendono le
agevolazioni fiscali incerte. Le “prenotazioni”
rendono l'incentivo incerto. Un incentivo
incerto equivale a nessun incentivo. Ritorna
la stessa logica sottostante allo svuotamento
del credito d’imposta per gli investimenti
nel Mezzogiorno, realizzato con il Decreto
legge 93/08 del Giugno scorso. L’obbligo
di prenotazione delle agevolazioni per la
ricerca (pari al 40% delle spese sostenute
entro il limite di 50 milioni di euro ad
impresa) ed il pesante ridimensionamento,
non solo per il futuro, ma anche retroattivo,
degli incentivi alla riqualificazione ambientale
degli edifici (in origine, detrazione di
imposta al 55% fino ad un massimo di 100.000
euro di spesa per immobile) sottrae risorse
ad attività ad elevato moltiplicatore economico
ed occupazionale (oltre che ad elevato contenuto
innovativo), soprattutto per le micro, piccole
e medie imprese artigiane.
Per i principali obiettivi perseguiti dal
Decreto, ossia estensione dell’indennità
di disoccupazione oltre il perimetro degli
attuali assicurati e potenziamento delle
garanzie per l’accesso al credito delle micro,
piccole e medie imprese, i provvedimenti
sono spostamenti di risorse tra diversi capitoli
del Bilancio dello Stato ai quali si associano
modestissime integrazioni.
Per l’estensione dell’indennità di disoccupazione
(art. 19) sono previsti 289 milioni di euro
nel 2009. Tale stanziamento e’ alimentato
per 135 milioni da risorse previste in Bilancio
per la formazione professionale e per facilitare
l’accesso ai finanziamenti del Fondo Sociale
Europeo, per 54 milioni da risorse stanziate
per altre indennità di disoccupazione e solo
per 100 milioni da risorse aggiuntive.
Per favorire l’accesso al credito delle micro,
piccole e medie imprese (art. 11), le uniche
dotazioni certe ammontano a 150 milioni di
euro per il 2009 interamente provenienti
dal “Fondo per la finanza d’impresa”. Le
eventuali ulteriori risorse, qualora effettivamente
disponibili (ex 488/92), verrebbero comunque
sottratte ad altri provvedimenti a favore
delle imprese. I Confidi ricevono una somma
pari al 30% del totale degli stanziamenti
per l’estensione delle garanzie. Quindi,
possono contare soltanto su 45 milioni di
euro per il 2009.
La riduzione di 3 punti percentuali degli
acconti Ires ed Irap riguarda solo le societa’
di capitali ed e’ configurata come misura
una tantum. In sostanza, le imprese beneficiate
oggi, si troveranno a pagare un conto fiscale
maggiorato nel corso del 2009, in una fase
economica prevista in peggioramento rispetto
a quella attuale. Per quanto riguarda l’intervento
di sensibilizzazione al ciclo degli studi
di settore, si prospetta solo un generica
intenzione lasciata alla completa discrezionalità
del Ministro dell’Economia. Anche per l’Iva
per cassa si prevede un intervento di bandiera.
Come abbiamo sottolineato più volte, l'Iva
per cassa non e’ nelle disponibilità unilaterali
degli Stati nazionali, poiché l'Iva e’ un'imposta,
l’unica, finalizzata ad alimentare il bilancio
dell’UE e pertanto disciplinata da una specifica
Direttiva Comunitaria. Pertanto, il Decreto
introduce l'Iva per cassa sotto condizione
di autorizzazione da parte della Commissione
e senza specificare i limiti di fatturato
entro i quali si potrebbe applicare.
In sostanza, i provvedimenti per le imprese,
fatta salva la deducubilità parziale e forfettaria
dell’Irap, sono tra l’irrilevante (Studi
di Settore ed Iva per cassa) ed il dannoso
(“prenotazione” delle agevolazioni fiscali
e riduzione delle percentuali di acconto
da ripagare nel 2009). La vera politica fiscale
per le imprese viene realizzata surrettiziamente
attraverso l’allentamento delle maglie della
rete anti-evasione. Il Decreto, ufficialmente
con finalità di semplificazione, continua
l’opera di smantellamento delle misure anti-evasione
introdotte dal Governo Prodi. In particolare,
viene eliminato il filtro dell’Agenzia delle
Entrate per le l’utilizzo di crediti Iva
superiori a 10.000 euro ad operazione.
Il bonus per le famiglie (art. 1) e’ sostanzialmente
la ripetizione dell’intervento effettuato
dal Governo Prodi nel 2007, quando il Pil
era intorno al 2%. Nel 2007, il bonus aveva
senso in quanto si perseguiva una finalità
redistributiva. Oggi, date le condizioni
attuali ed attese dell’economia, sarebbe
stato necessario un intervento di portata
ben più ampia, sia per importo medio, sia
per numero di contribuenti interessati. Data
la necessita’ di sostenere anche i redditi
medi, la misura da attuare sarebbe stata
un innalzamento permanente delle detrazioni,
per un importo medio di 500 euro all’anno,
per redditi da lavoro e da pensione.
L’intervento sui mutui (art 2) e’ il riconoscimento
del fallimento, anche questo ampiamente previsto,
del Protocollo MEF-ABI del luglio scorso:
il Governo accoglie la proposta dell’opposizione
e dispone che le banche offrano contratti
di mutuo a tasso variabile indicizzato al
tasso di rifinanziamento principale della
BCE in alternativa all’Euribor (ancora in
questi giorni quasi 100 punti base superiore
al tasso di rifinanziamento BCE). Il ritardo
del Governo implica un costo di diverse centinaia
di euro per le famiglie con mutui a tasso
variabile. In ogni caso, va sottolineato
che gli oneri per i minori interessi pagati
dalle famiglie saranno a carico del Bilancio
dello Stato. Ancora una volta, nessun impulso
alle competizione tra aziende di credito
e nessun sostegno al meccanismo della portabilità
dei mutui.
Ulteriore misura di rimpacchettamento delle
risorse già stanziate e’ il cosiddetto “Fondo
cicogna” (art. 4) per i sostegno ai neonati.
Il Fondo e’ interamente alimentato da risorse
sottratte al Fondo per la famiglia. L’art.
4 contiene anche un colpo pesantissimo al
Servizio Civile poiché pone a carico di chi
svolge tale attività di volontariato la contribuzione
previdenziale (oggi a carico del Fondo Nazionale
del Servizio Civile).
Il Governo abbandona gli incentivi fiscali
al lavoro straordinario, i quali, come riportato
in una recente survey della Banca d'Italia,
hanno determinato, in una fase recessiva,
un prevedibile effetto negativo sull'occupazione
(un'ampia fetta di imprese ha preferito allungare
l'orario di lavoro fiscalmente agevolato
ai lavoratori già occupati piuttosto che
ricorrere ad assunzioni). Viene, invece,
prorogata e potenziata (innalzando il tetto
di retribuzione da 30.000 a 35.000 euro e
l'ammontare massimo detassato da 3.000 a
6000 euro) la parziale detassazione dei premi
di produttività. La misura, in una fase di
contrazione dell'attività economica, è inutile
dato che, come è noto, nelle fasi di recessione
la produttività diminuisce poiché la diminuzione
percentuale dell'occupazione è minore della
riduzione del Pil. La misura sembra, quindi,
finalizzata ad offrire, a costo zero per
il bilancio pubblico, una sponda alla parte
delle organizzazioni sindacali più disponibili
nei confronti del Governo. L'assenza di effetti
sostanziali sulla produttività non esclude
la possibilità di pratiche elusive da parte
delle imprese, le quali potrebbero ri-etichettare
una parte della retribuzione tabellare come
premio di risultato ed ottenere una riduzione
del costo del lavoro.
L’intervento sulla CDP è potenzialmente di
rilevante portata. Si estende la possibilità
di utilizzo del risparmio postale per investimenti
infrastrutturali. Non sono chiari eventuali
riflessi sul Bilancio dello Stato e sul Patto
di Stabilità Interno. In una prossima nota,
si forniranno valutazioni puntuali.
Infine, le misure sul settore energia presentano
significative criticità sulle quali torneremo
in una successiva nota. In via preliminare,
va segnalata la priorità data al Governo
all'ambito dell'energia elettrica, ossia
l'ambito che, negli ultimi anni, è stato
più investito da processi di liberalizzazione
rispetto, ad esempio, al settore del gas.
Stefano Fassina
Fonte:
http://www.nens.it/zone/index.php
redazione@nens.it
 
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