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15 Settembre, 2002
Congresso sindacati europei: No allo scippo delle pensioni
A Praga i rappresentanti dei lavoratori europei tutti d'accordo - 'Bisognerebbe sempre ragionare in termini di solidarietà e l'obiettivo sarebbe di non scendere sotto uno standard minimo'

Praga, al congresso dei sindacati europei tutti d'accordo: no allo scippo delle pensioni
di Oreste Pivetta da www.unita.it

A Praga, capitale della repubblica ceca (prossimo ingresso nell'Unione, referendum a metà giugno) e per quattro giorni del sindacalismo europeo (fino a giovedì il congresso della Ces), si respira anche un po' d'aria italiana. Non solo perché ci sono tanti italiani, ci sono i leader, Epifani (Cgil), Angeletti (Uil), non c'è Pezzotta (Cisl), che ha mancato l'apertura e l'ultima relazione del suo compagno di sindacato e presidente uscente della Ces, Emilio Gabaglio. Si sente l'aria italiana un po' pesante perché rimbalza qui l'ultima trovata del nostro capo del governo. E cioè: la «Maastricht delle pensioni». Che gli deve suonare come la «pace di Campoformio» o come il «cielo di Austerlitz», per rimanere tra i grandi eventi europei. Al nostro piacerebbe che fosse l'Unione a cavargli le castagne del fuoco: l'età pensionabile decisa per legge continentale.

La signora Anna Diamantopoulou, commissario europeo per le politiche sociali, neppure lo cita il Berlusconi. Riconosce che la riforma del sistema previdenziale è una tra le «patate più bollenti»: «Ma l'Unione non può decidere fissando dei parametri per l'età di ritiro dal lavoro». E poi: «Più o meno le età sono le stesse...». E comunque: «Bisognerebbe sempre ragionare in termini di solidarietà e l'obiettivo sarebbe di non scendere sotto uno standard minimo».

Ovvio sentire, sull'onda della Diamantopoulou, anche Guglielmo Epifani. Che risponde: «Berlusconi ha solo tentato un trasferimento di responsabilità da sé e dal proprio governo all'Unione europea. Oppure ha cercato di prendere tempo. Una Maastricht europea non esiste. Noi le riforme le abbiamo già fatte, tre addirittura. Se mai dunque toccherebbe agli altri. Tenendo conto che due terzi dei cittadini europei non vogliono cambiamenti». Angeletti si ritrova su questa linea, che cioè le riforme italiane sono più che sufficienti e che la questione potrebbe riguardare appunto gli altri. Altri che, come a Praga, sono pronti a scendere in piazza contro l'idea di veder cambiare qualcosa in peggio. Una manifestazione nazionale è già alla vista e il futuro presidente della Ces, segretario generale delle Trade Unions, John Monks, non nasconde la possibilità di qualche cosa di grosso all'orizzonte. Monks avverte che ci saranno sempre più motivi per organizzare manifestazioni insieme e che la difesa delle pensioni sarà prossimamente uno di questi buoni motivi.

Il pericolo evocato da Monks è largamente condiviso dal suo predecessore, Emilio Gabaglio, molto attento alla situazione di crisi economica e molto critico nei confronti dei governi: oggi la strategia di Lisbona è in una impasse, siamo lontani dagli obiettivi di crescita, di aumento del tasso di attività e di occupazione, siamo sull'orlo della recessione e la disoccupazione sta tornando a crescere, ma stupisce la paralisi delle autorità europee, il loro rifiuto ad «ammettere l'evidenza di una inadeguatezza della politica macro-economica» che risulta da un'azione «insufficiente e in ritardo» della Banca centrale e da un patto di stabilità che «impedisce di tenere conto dell'esigenza dell'economia real».

A completare l'unità sindacale italiana, dovrebbe arrivare Pezzotta, che però di pensioni ha parlato l'altro ieri. Aspetta l'incontro con il governo, che deve fermare la delega, e promette: «Se si cerca di toccare le pensioni d'anzianità, e peggio ancora se si tira fuori la questione dei disincentivi anziché gli incentivi, per scoraggiare chi vuole andare in pensione, avendone acquisito il diritto, si apre uno scontro che non serve a nessuno».

Reggerà l'unità di questi giorni? Mentre si racconta del vertice Cgil Cisl Uil in terra straniera (stasera, fuori congresso e possibilmente a tavola), l'unità concreta si è realizzata in tema pensioni e pensionati: con la proposta, illustrata da Titti Di Salvo, di emendamento allo statuto perché i sindacati dei pensionati entrino nel comitato esecutivo della Ces con diritto di voto. Non solo ospiti graditi, dunque, ma perché abbiano voce in capitolo in una organizzazione che deve discutere di welfare, assistenza, previdenza e attese di vita sempre più lunga e possibilmente migliore.

Proprio oggi tutti e tre i nostri leader sindacali dovrebbero parlare al congresso europeo, aperto ieri mattina da uno spettacolo di mimi, da un accenno di Internazionale e da un filmato che riassume date importanti, altri congressi e altre manifestazioni, una storia lunga quanto la Ces (nata nel 1973 a Bruxelles), per costruire un'Europa del lavoro per la gente.

A introdurre sono stati il vice sindaco Jiri Paroubek e il ministro del lavoro Zdenek Skrorach. Hanno esaltato le conquiste economiche della repubblica, il ministro anche una legislazione di tutela dei lavoratori e del lavoro. Il ministro ha criticato le politiche sulla mobilità adottate nell'Unione: troppo vincoli, troppi lacci. A chi teme l'invasione dall'Est, Skrorach ha replicato che ci sono più lavoratori tedeschi nella repubblica ceca che lavoratori cechi in Germania.

Romano Prodi s'è fatto vivo con un rapido messaggio audiovideo, per accennare all'allargamento, alle difficoltà economiche in un paese tuttavia prospero, a un traguardo: modernizzare per preservare il modello sociale europeo. Il che vuol dire anche: diventare più competitivi senza abbassare la qualità del lavoro e la qualità della vita dei lavoratori.

 


       



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