15 Settembre, 2002
Una nuova importante pubblicazione di storia cremonese
Les concerts d’Ulisse Matthey à Crémone (I) di Michele Bosio
Una nuova importante pubblicazione di storia
cremonese
Les concerts d’Ulisse Matthey à Crémone (I)
di Michele Bosio
Appunti per una storia della ricezione della
musica organistica a Cremona nella prima
metà del XX secolo: i concerti di Ulisse
Matthey a Cremona e nel cremonese (I) in
«La Tribune de l'Orgue», LXI (2009), n. 1
(a più puntate, in traduzione francese di
Guy Bovet) di Michele Bosio. Sono lieto di
segnalare l'uscita del mio nuovo contributo
dedicato ad Ulisse Matthey pubblicato a più
puntate in traduzione francese di Guy Bovet,
questa è la prima.
Abstract:
[...] Ulisse Matthey (1876-1947) è da considerarsi
come il più grande organista italiano della
prima metà del secolo scorso. Naturalmente,
si potrebbe obiettare subito dicendo che
invece sia Marco Enrico Bossi il più grande
organista italiano del Novecento. Bossi fu
sicuramente un interprete straordinario,
un superbo improvvisatore, ma soprattutto
fu un formidabile compositore. Matthey, pur
essendo dotato di notevoli qualità improvvisative
e compositive, fu soprattutto un eccelso
esecutore di musiche altrui, uno strabiliante
virtuoso, specialmente nelle proprie funamboliche
trascrizioni.
Se fosse vissuto in Francia, il suo nome
sarebbe stato iscritto a caratteri indelebili
nella cerchia dei migliori allievi usciti
dalla scuola di Alexandre Guilmant e Charles-Marie
Widor, mentre egli è vissuto in Italia. Ed
in Italia, a quel tempo, non si era ancora
abituati ad ascoltare in chiesa la musica
dei grandi compositori d’Oltralpe come Bach,
Mendelssoh, Franck, Reger...
Egli incarnò più di ogni altro la figura
romantica del virtuoso-concertista. Pur avendo
formato una discreta schiera di allievi,
rimase sempre il maestro insuperabile. Sfortunatamente,
con la sua morte il suo nome fu repentinamente
dimenticato. Anche la sua musica, non sempre
di immediata intelligibilità e molto complessa
dal punto di vista tecnico, finì per essere
dimenticata. Forse, solamente Fernando Germani
(1906-1998) intraprese un’intensa carriera
concertistica ed ottenne numerosi riconoscimenti
a livello internazionale, similmente al Matthey;
ma anch’egli finì per essere dimenticato,
o quasi.
Il rinascimento dell’arte organaria classica,
sorto in Italia nei primi anni Cinquanta
del secolo scorso come naturale reazione
al Cecilianesimo di cui Matthey fu una delle
figure più emblematiche, portò al progressivo
interesse ed allo specifico studio per compositori
del passato le cui musiche potessero essere
restituite correttamente al presente e conseguentemente
essere eseguite su strumenti originali; nella
fattispecie organi storici. Gradualmente
si perse interesse per i compositori tardo
romantici, gli stessi che si schierarono
in favore del cosiddetto «organo eclettico»,
cioè idealmente (utopisticamente) capace
di raggruppare in sè tutte le caratteristiche
morfologiche adatte tanto per l’esecuzione
di musiche del Diciassettesimo quanto del
Ventesimo secolo. Il nome di Bossi è, forse,
uno dei pochi che si salvarono dall’oblio,
se non altro grazie allo studio obbligatorio
di alcune sue composizioni in programma per
il corso tradizionale di Organo e Composizione
organistica. Ma della musica, dei compositori
e degli strumenti del Cecilianesimo si fece
volentieri a meno. Si cercò di accantonare
la parentesi ceciliana bollandola come un
momento di decadenza dell’arte organaria
italiana, finendo così per «fare di tutta
l’erba un fascio». Non distinguendo, cioè,
i lati positivi e negativi di un periodo
composito, che abbraccia l’ultimo quarto
dell’Ottocento per giungere sino a metà Novecento,
in cui si cercò di riformare la musica sacra
italiana (agli inizi del Ventesimo secolo
ancora imbrigliata in stilemi per lo più
melodrammatici e bisognosa di un rinnovamento).
Oggi, vorremmo guardare con interesse storico
a questo passato recente, non ancora sufficientemente
indagato, o semplicisticamente liquidato,
riscoprendolo attraverso una poliedrica figura
del mondo dell’organo a canne: Ulisse Matthey.
Abbiamo tracciato un breve profilo biografico
del Maestro, accompagnato da una disamina
sulla sua attività concertistica a Cremona
e nel cremonese, con particolari riferimenti
ai programmi proposti ed agli organi suonati.
Matthey ebbe un rapporto privilegiato con
Cremona, perché sede delle famiglie organarie
più in voga a quel tempo e con le quali strinse
intensi rapporti professionali: Pacifico
Inzoli (Crema) e gli allievi Giovanni Tamburini
(Crema) e Giuseppe Rotelli (Cremona). Ma,
anche grazie ai legami di amicizia con l’avvocato
e critico musicale Ubaldo Ferrari (1849-1936),
col compositore Federico Caudana (1878-1963)
e soprattutto con l’organista Vincenzo Germani
(1894-1958), suo allievo e raffinato concertista.
Tutto ciò contribuì a cementare il suo rapporto
con la città icona della liuteria, ma all’epoca
anche dell’organaria.
Si è scelto di riportare anche tutti gli
articoli tratti dai giornali cremonesi coevi
nei quali si parla dell’attività concertistica
di Matthey. Dallo spoglio sistematico di
essi sono emersi particolari molto interessanti,
come l’ampia varietà degli autori proposti,
le straordinarie doti del Nostro come accompagnatore
sia di voci sia di strumenti, nonché la grande
presa che egli era sempre in grado di esercitare
su un pubblico di addetti ai lavori come
pure di semplici uditori. [...]
Fonte:
Dr. Michele Bosio
Viale Trento e Trieste 26
26100 Cremona (Cr)
Tel e Fax 0372 33128
Cell 339 5411053
E-mail mi.bosio@libero.it
Wb-site http://musicaliaorganalia.blogspot.com/
 
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