15 Settembre, 2002
Le aziende per i servizi sociali in provincia di Cremona.
E’ venuta maturando ed attuandosi, sia in Lombardia che in altre Regioni, l’esigenza da parte dei Comuni di dotarsi di più adeguati soggetti giuridici associativi per la gestione dei piani di zona a livello dei Distretti socio – sanitari.
LE AZIENDE PER I SERVIZI SOCIALI IN PROVINCIA
DI CREMONA
E’ venuta maturando ed attuandosi, sia in
Lombardia che in altre Regioni, l’esigenza
da parte dei Comuni di dotarsi di più adeguati
soggetti giuridici associativi per la gestione
dei piani di zona a livello dei Distretti
socio – sanitari. In Lombardia questi nuovi
soggetti sono già presenti in aree pari complessivamente
a circa due milioni di abitanti. In particolare
tutti e tre i Distretti della provincia di
Cremona hanno dato vita a queste nuove realtà.
Non si tratta certamente di proliferazione
di enti e di costi. Il problema era ed è,
per i Comuni, di mettersi in grado di rispondere
ad esigenze sociali basilari come richiedono
la realtà di oggi e le vigenti normative,
utilizzando prima di tutto al meglio quanto
già si spende e il personale già disponibile
e programmando con questi stessi criteri
anche la spesa futura. Si è dunque assolutamente
evitato di creare “carrozzoni” e di avere
duplicazioni di costi perseguendo invece
economie di scala. Anche per i “costi politici”
si è partiti dalla decisione, riferita per
il cremasco e per il casalasco, poco più
che simbolica dal punto di vista economico
ma significativa di una volontà, di non prevedere
indennità per le cariche amministrative.
La nascita del Consorzio casalasco e delle
Aziende cremasca e cremonese.
La prima a nascere è stata, sulla base di
uno studio sui servizi sociali comunali dell’area
effettuato con l’Università Bocconi, l’Azienda
consortile “Comunità Sociale Cremasca”, sorta
nel gennaio 2007. Pochi mesi dopo, nel maggio
2007, veniva istituito il Consorzio Casalasco,
che diventava operativo nel gennaio 2008.
Infine, da pochi mesi, è sorta e sta diventando
operativa l’Azienda speciale consortile del
Distretto cremonese. Due quindi le Aziende
speciali consortili ed un Consorzio vero
e proprio.
In tutti i casi una forma molto solida di
associazione che ha registrato la positiva
adesione ai consorzi di tutti i Comuni dell’area
del Distretto rispettiva (con la forma –
azienda un poco più propensa ad una certa
autonomia gestionale, bilanciata da statuti
consortili che mantengono un saldo rapporto
con la volontà dei Comuni). Lo scorso 20
aprile ne hanno parlato, confrontando direttamente
le diverse realtà ed esperienze, in un seminario
organizzato a Cremona dalla Lega Autonomie
provinciale, per Crema Maurizio Borghetti
e Vittorio Coralini (Presidente e Direttore
della Azienda “Comunità Sociale Cremasca”)
e Angelo Stanghellini (Responsabile Ufficio
di Piano), per Casalmaggiore Katia Avanzini
(Direttrice del Consorzio e Responsabile
Ufficio di Piano) e per Cremona l’Assessore
del Comune capoluogo Maura Ruggeri, il Direttore
dell’Azienda Speciale consortile Ettore Uccellini
e la Responsabile dell’Ufficio di Piano, Eugenia Grossi. Sono
intervenuti anche l’Assessore provinciale
Anna Rozza (che ha sottolineato la partecipazione
della Provincia a questi organismi consortili
ed i compiti propri in materia di formazione),
Giuseppe Tadioli, Presidente della Fondazione
Sospiro, Mario Bazzani, Vicepresidente del
Consorzio casalasco e Silvia Corbari della
Cooperativa sociale “Iride”.
L’esaurirsi della forma “convenzione con
capofila” per la gestione dei piani sociali
zonali.
Assodato che in una provincia caratterizzata
da un tessuto di piccoli e piccolissimi Comuni
è indispensabile una forma di gestione associata,
tutti hanno sottolineato che una prima fase
della gestione dei piani sociali di zona,
tramite la forma più semplice della convenzione
con affidamento ad un Comune capofila, si
era esaurita. Pur avendo rappresentato a
suo tempo un passo avanti
rilevante, essa non era più in grado di far fronte alle nuove esigenze anche minime
delle popolazioni interessate, ben rappresentate
nei piani di zona.
Troppo rilevanti i dislivelli tra Comune
e Comune per i servizi erogati: si è rilevato
che nella stessa zona si va da Comuni con
spesa sociale di meno di 20 euro pro capite
ad altri sui 140 euro. Si manifestavano tensioni
tra il Comune capofila, oggettivamente con
più servizi ma anche con più oneri, e gli
altri Comuni. Sempre maggiori le difficoltà
formali e pratiche del Comune capofila per
la gestione nel proprio bilancio di partite
finanziarie o di personale di livello distrettuale.
Troppo corto il respiro delle convenzioni
per permettere investimenti strategici. Inadeguata
la forma giuridica per far fronte ad interlocutori,
pubblici e privati, sempre più importanti
nelle relazioni esterne ai Comuni.
Serviva quindi una forma giuridica più appropriata
e più solida. Da qui la creazione del Consorzio
e delle due Aziende consortili. Le esperienze
di questi mesi cominciano a farne emergere
gli aspetti fortemente positivi e pongono
anche di fronte ad un nuovo livello di problemi
ed a criticità di nuovo tipo.
Potenzialità positive delle nuove strutture
consortili
Gli aspetti positivi stanno nella soluzione
di diverse delle inadeguatezze prima ricordate.
Anche i Comuni di minore dimensione, su un
piano di “pari dignità”, vedono un significativo
miglioramento nella omogeneità di risposte
alle domande sociali dei cittadini. E’ un
percorso ancora da completare ma i passi
avanti sono sostanziosi, a partire dalla
introduzione di servizi base anche laddove
prima erano pressochè inesistenti. Vi è la
capacità, con logica finalmente di area distrettuale,
di programmare, investire, operare ottimizzando
le risorse umane già presenti, con qualche
possibilità nuova di dotarsi di figure professionali
prima “inaccessibili” anche se di primaria
utilità. Si sono poi potute conseguire prime
economie di scala, miglioramenti nella efficienza
e nel rapporto con fornitori di servizi e
di beni. Si riesce a rispondere in modo più
adeguato al delicato ed essenziale compito
dell’accreditamento di soggetti erogatori
di servizi e si riesce a confrontarsi meglio
con entità come l’ASL o le Fondazioni RSA.
Per quanto riguarda la “governance” di questi
organismi nulla di particolare rispetto a
quanto previsto dalle normative per Consorzi
ed Aziende. E’ invece sottolineata la strettissima
relazione, sino ad una quasi identificazione
nel caso del Consorzio casalasco, tra organi
del Distretto e delle Aziende consortili.
Si sono così volute evitare logiche, anche
involontarie, di separatezza in ogni senso,
per avere invece strumenti sia di diretta
espressione dei Comuni sia di applicazione
fedele delle scelte del Piano di zona. Pur
nella consapevolezza che in questo modo si
paga qualche prezzo sul piano delle distinzioni
piuttosto labili nel rapporto tra programmazione
e gestione ed in quello tra decisione e controllo.
Fondamentale, poi, l’attenzione al rapporto
tra Azienda e cittadini, che non deve assolutamente
essere burocratizzato, anzi per il possibile
deve essere più semplice di prima.
Con questi presupposti le due Aziende ed
il Consorzio si sono articolate in modo da
rispondere bene a funzioni ed obiettivi.
In sostanza in tutti e tre i casi l’attività
è distinta in tre aree: quella della amministrazione
(bilanci, contabilità, personale... ), quella
di sistema (elaborazione e gestione dati,
accreditamento, progettazione, comunicazione)
e quella – cuore dell’azienda – dei servizi
(minori, inserimento lavorativo, servizi
sociali di vario genere: dal domiciliare,
al socio- educativo ai disabili ecc.). I
servizi sono svolti o per impostazione di
livello distrettuale o su affidamento di
singoli Comuni. In questi ambiti con la nuova
organizzazione si fa un salto di qualità
nella possibilità di portare avanti temi
come quello della massima estensione dei
servizi domiciliari, dello sportello unico
per l’accesso alle strutture (in un serrato
confronto tuttora in corso con l’ASL), dell’integrazione
tra il sociale ed il sanitario e relativi
percorsi individualizzati per certe figure
di assistito.
Problemi nuovi e criticità.
Con i vari contributi sono emersi anche i
problemi nuovi e gli aspetti critici. A partire
da quello relativo alla disponibilità di
un minimo di risorse senza le quali tutto
rischia di essere vanificato. Se
L’azienda si può paragonare ad una macchina,
essa ha bisogno del carburante per operare
e raggiungere mete e scopi per cui è stata
costruita. Senza carburante diventa inutile
se non controproducente. Quello delle risorse
è un tema critico a livello nazionale ed
incerto al livello regionale, per i tagli
o per i silenzi sulle scelte per i rispettivi
fondi sociali. Il Vicepresidente del Consorzio
casalasco Bazzani ha anche osservato quanto
sia in contrasto col principio di sussidiarietà
e controproducente il fatto che i livelli
del governo nazionale e regionale impieghino
direttamente le risorse destinate al sociale,
sottraendole ai Comuni, per proprie iniziative
dirette di assistenza ai singoli. Iniziative
anche discutibili, episodiche, estemporanee,
spesso con costi sproporzionati rispetto
a quanto erogato.
Per parte loro i Comuni consorziati riconsidereranno
alla luce della nuova realtà da essi stessi
voluta l’utilizzo delle risorse che ciascuno
destina al settore sociale e quindi quanta
parte delle stesse utilizzare attraverso
la struttura consortile. Senza ovviamente
negare quegli spazi di specificità che una
realtà comunale intende riservarsi, appare
coerente ed importante concentrare gli sforzi
per sfruttare appieno l’azienda consortile
perseguendo miglior qualità del servizio,
economie di scala, potenzialità della stessa
evitando invece lo spreco che deriverebbe
da un suo sottoutilizzo. Gli spazi ci sono:
attualmente sia nel cremasco che nel casalasco,
dove le realtà consortili hanno iniziato
ad operare, la spesa effettuata attraverso
di esse rappresenta meno della metà della
spesa sociale complessiva dei Comuni consorziati.
Appare quindi possibile e virtuoso un percorso
che porti ad un utilizzo maggiore delle potenzialità
aziendali.
Altro elemento emerso come bisognoso di attenzione
riguarda il personale. L’Azienda cremasca
vive i problemi, facilmente intuibili, derivanti
dalla diversità tra il contratto (privatistico)
scelto per i dipendenti propri rispetto al
contratto EE.LL. vigente per i dipendenti
dei Comuni consorziati. Il Consorzio casalasco
pur avendo scelto il contratto pubblico ha
tutti i propri dipendenti a tempo determinato
con quanto ne consegue sotto il profilo del
consolidarsi delle varie figure professionali, del rapporto di continuità tra i servizi
e l’utenza ecc.
Altro problema è che a fronte della incertezza
e del rarefarsi delle risorse vi sono bisogni
in forte crescita, sia per le ricadute della
crisi economica, sia per le attribuzioni
ai Comuni di sempre nuovi compiti e supplenze
anche di notevole portata in campo sociale,
sia per il consolidarsi di servizi come il
SAD che vedono la richiesta aumentare proprio
sulla base di un lavoro fatto dalle Istituzioni
per orientare in questa direzione l’utenza.
Sono problemi che richiedono una forte, impegnata
partecipazione delle rappresentanze politiche
comunali alla vita di questi nuovi organismi,
il rafforzarsi di un solido rapporto di fiducia
coi Comuni e della consapevolezza che passi
indietro rispetto a questi problemi avrebbero
intollerabili ripercussioni negative sui
livelli raggiunti nel campo di servizi sociali
essenziali ed indispensabili.
(Resoconto a cura di Giuseppe Azzoni – Legautonomie
Cremona)
 
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