15 Settembre, 2002
Cremona 8 settembre 1943 . In ricordo di Ottorino Rizzi di Giorgino Carnevali
Dalle caserme cittadine nasce la resistenza contro il nemico fascista.Quel giorno risultò una data drammatica per Cremona come per altre città italiane.
CREMONA, 8 SETTEMBRE 1943: DALLE CASERME
CITTADINE NASCE LA RESISTENZA CONTRO IL NEMICO
TEDESCO. UN VALOROSO GIOVINE, OTTORINO RIZZI,
”RIBELLE PER AMORE”, ENTRATO NELLA CLANDESTINITA’,
DIVENNE POI UN GRANDE SINDACO PER CREMONA.
Cremona, 8 settembre 1943. Quel giorno risultò
una data drammatica per Cremona come per
altre città italiane. Alle ore 19,42 da microfoni
dell’EIAR, il Capo del Governo, maresciallo
d’Italia Pietro Badoglio, annunciava l’entrata
in vigore dell’ARMISTIZIO, l'atto con il
quale il Regno d'Italia cessò le ostilità
contro le forze britanniche e statunitensi
(alleati) nell'ambito della seconda guerra
mondiale. In realtà non si trattava affatto
di un armistizio ma di una vera e propria
resa senza condizioni da parte di un'Italia
ormai esanime.
IL TESTO DEL PROCLAMA LETTO ALLA RADIO
“Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità
di continuare l’impari lotta contro la soverchiante
potenza avversaria, nell’intento di risparmiare
ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione
ha chiesto un ARMISTIZIO al generale Eisenhower,
comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta. Conseguentemente,
ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane
deve cessare da parte delle forze italiane
in ogni luogo”.
Seguirono numerosi scontri a fuoco tra i
militari italiani stanziati nelle caserme
cittadine ed i soldati tedeschi. Drammatici
avvenimenti che caratterizzarono le giornate,
gli episodi eroici che ebbero a protagonisti
i soldati, sottufficiali ed ufficiali del
nostro Esercito, le umiliazioni che i tedeschi
inflissero loro. Quel clima di tensione e
di sfacelo, di disperazione fu paradossalmente
accompagnato da euforia e gioia per la fine
di un incubo, che dovette impadronirsi, nei
giorni seguenti, dei cremonesi, di fronte
sia alle notizie nazionali che annunciavano
il crollo definitivo e di un regime e di
una monarchia, senza dubbio nelle coscienze
della grande maggioranza degli italiani,
sia ai tristi fatti locali.
In quelle tremende giornate emerse una illustre
figura cremonese, Ottorino Rizzi. Avvocato,
professore, partigiano, primo sindaco cattolico
del dopoguerra, abbracciò la strada della
Resistenza morale e divenne “Ribelle per
amore”, entrando nella clandestinità. In
una pagina di quello che avrebbe dovuto essere
un racconto in parte “autobiografico” sulla
Resistenza cremonese, abbozzò un efficace
e fedele quadro della generale situazione
cittadina. Dalle scarne ma realistiche righe
emerge, nitida, la spontanea volontà di resistenza
all’invasione nazi-fascista, pur condizionata
dall’incertezza del momento, soprattutto
dalla ancor carente organizzazione delle
forze clandestine.
Così bene scriveva l’allora futuro sindaco
di Cremona: “Otto settembre: era l’ora del
momento. Egli ritornava in bicicletta dalla
campagna. Veniva da Vescovato, dove si era
recato per il necessario rifornimento di
burro a borsa nera. Col burro i tedeschi
si ungevano anche le scarpe, mentre i “servi”
italiani si dovevano accontentare di 75 grammi
al mese (quando c’era). Questo avveniva nella
più grande provincia produttrice di burro.
Ma cosa importa? C’è ancora sufficiente burro
per i gerarchi ed i manganellatori. Per i
nostri bambini basta la scotta (l’ultimo
latticello arcimagro, residuo di latte lavorato)
che si da ai porci. Una schiaffo morale alla
dignità nazionale!. Quando arrivò nei sobborghi
di Porta Romana ebbe a notare una strana
animazione; soldati che correvano e gridavano
davanti all’osteria, donne che si chiamavano
dai marciapiedi, radio che gracidavano da
ogni parte. Affrettò la corsa, notò che in
complesso vi era grande allegria.Qualche
fatto straordinario doveva essere accaduto.
Non appena in casa sentì la radio che scandiva
il proclama di Badoglio annunciare l’ARMISTIZIO:
invitava l’esercito a resistere ove fosse
stato attaccato. Non partecipò alla gioia
comune per la sperata pace, capì ed era facile
capire che i Tedeschi avrebbero attaccato
e che la gente che si ubriacava avrebbe avuto
l’indomani una terribile delusione.
Non era mai uscito armato in vita sua. La
sera uscì per avere notizie da quelli del
Comitato e si mise in tasca una rivoltella.
In città gioia e confusione. Ritornò presto
senza avere nulla concluso, data l’incomprensione
dei patrioti del Comitato.
L’autorità militare rifiutò l’aiuto dei cittadini
che si offrivano pronti a combattere in caso
di attacco tedesco. Dormì male tendendo l’orecchio
nel silenzio grave della notte. Verso il
mattino si riaddormentò. Fu risvegliato dalle
prime cannonate. I Tedeschi iniziavano l’azione,
i nostri resistevano mentre il generale dormiva
ancora all’albergo…
Uscì alla solita ricerca dei membri del Comitato;
raggiunse il centro della città deserta.
Anche il Comitato dormiva: vide alcuni tedeschi
appostati presso il Flora e si ritirò. Non
rimaneva che attendere gli eventi. Risalì
in casa, tirò fuori due vecchi moschetti
tedeschi e si pose alla finestra, mentre
coraggiosamente sua moglie l’aiutava a ripulire
le armi. Non aveva mai provato “il fuoco”
ed aveva “paura di avere paura”. Dopo qualche
minuto dai sobborghi cominciarono a giungere
i primi fuggiaschi portando la dolorosa notizia
che la Resistenza era cessata e che i Tedeschi
invadevano la città. Passò ancora qualche
istante e in fondo alla strada deserta comparve
il primo motociclista tedesco che avanzava
in esplorazione col mitragliatore pronto.
Gli salì il sangue alla testa, ebbe un momento
terribile di esitazione; sparargli? Pensò
che era un gesto inutile che poteva provocare
le più gravi rappresaglie anche verso gli
innocenti. Tristemente ripose le armi. La
casa intanto si riempiva di soldati che venivano
a cercare rifugio ed abiti borghesi. Passato
il primo momento di sbalordimento cominciarono
a piantar tavoli nel cortile….in attesa di
studiare la situazione. Sua moglie si preoccupava
per l’amico Ceserani, comunista, che si trovava
alla Caserma MANFREDINI, DOVE L’ATTACCO AVEVA
AVUTO LA MAGGIOR VIOLENZA E L’UNICO CANNONE
IN FUNZIONE AVEVA DISTRUTTO TRE CARRI ARMATI
DEL NEMICO”.
Sono questi alcuni dei tantissimi fatti avvenuti
nel quartiere più fitto di Caserme, che andava
da S. Agostino a S. Ilario, S. Agata, S.
Luca, fino a S. Ambrogio e alla Stazione
Ferroviaria.
Unanime, tra quei giovani cattolici che militarono
nelle formazioni partigiane delle Fiamme
Verdi e che diedero un contributo determinante
alla Resistenza cremonese, fu un leggendaria
preghiera: “La Preghiera del Ribelle”, composta
da Teresio Olivelli, morto nel campo di eliminazione
nazista di Hersbruh e di cui è in corso il
processo di beatificazione. Il sottotenente
di artiglieria alpina Teresio Olivelli cominciò
a fare il “soldato partigiano” proprio l’8
DI SETTEMBRE DEL 1943.
LA PREGHIERA DEL RIBELLE
SIGNORE
Che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce,
segno di contraddizione, che predicasti e
soffristi la rivolta dello spirito contro
le perfidie e gli interessi dei dominanti,
la sordità inerte della massa, a noi oppressi
da un giogo numeroso e crudele che in noi
e prima di noi ha calpestato Te fonte di
libere vite, dà la forza della ribellione.
DIO
Che sei Verità e Libertà, facci liberi e
intensi, alita nel nostro proposito. Tendi
la nostra volontà, moltiplica le nostre forze,
vestici, della Tua armatura, noi Ti preghiamo.
Signore.
TU
Che fosti respinto, vituperato, tradito,
perseguitato, crocifisso, nell’ora delle
tenebre ci consenti la Tua vittoria: sii
nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno,
conforto nell’amarezza. Quanto più s’addensa
e incupisce l’avversario facci limpidi e
diritti.
Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci
non lasciarci piegare. Se cadremo, fa che
il nostro sangue si unisca al Tuo innocente
e a quello dei nostri Morti, a crescere al
mondo giustizia e carità.
TU
Che dicesti “Io sono la risurrezione e la
vita” rendi nel dolore all’Italia una vita
generosa e severa. Liberaci dalla tentazione
degli affetti, veglia Tu sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e nelle catacombe della
città dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo.
Sia in noi la pace che Tu solo sai dare.
DIO
Della pace degli eserciti, Signore che porti
la spada e la gioia, ascolta la preghiera
di noi
RIBELLI PER AMORE
Spunti ed appunti colti “al volo” dal bellissimo
libro “Le Fiamme Verdi e la Resistenza dei
Cattolici Cremonesi” di Marco Allegri.
Associazione Nazionale Partigiani
Cristiani di Cremona
Giorgio Carnevali
Cremona 7 settembre 2008.
 
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