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15 Settembre, 2002
Democratici davvero, per l'Italia (di Rosy Bindi)
Se ci avesse salutato con un *care democratiche e cari democratici* anziché usare *amici e compagni*, sarei stata più contenta.....

Se ci avesse salutato con un "care democratiche e cari democratici" anziché usare "amici e compagni", sarei stata più contenta. Ma il discorso con cui Pierluigi Bersani ha motivato la sua candidatura è una buona base di partenza.

Ha affrontato, senza retorica e senza inutili asprezze, le difficoltà in cui da due anni versa il progetto del Pd e ha tracciato con passione e concretezza le linee di un progetto che ci permetta di tornare a vincere e governare il paese. Ha ribadito che la ragione sociale del Pd è fuori di noi: è l'Italia.

La nostra sfida è quella di costruire un partito che parli a tutti gli italiani perché ha una visione più giusta e più libera di società. Un partito che sa indicare l'interesse generale e offrire le risposte giuste per affrontare in modo positivo una durissima crisi economica.

Nell'intervista al Corriere della sera avevo spiegato il mio sostegno alla sua candidatura a partire dalla necessità di costruire un partito capace di restituire al Pd la credibilità di una forza che si candida a governare il Paese. E ieri Bersani ha mostrato la solidità di una sfida riformatrice che ha nell'Ulivo la propria ispirazione originaria e si da la missione di ricostruire il campo di una vera alternativa alla destra di governo.

Nel documento che insieme ad alcuni amici dei democraticidavvero stiamo elaborando per qualificare le proposte di Bersani abbiamo individuato i temi che ci stanno a cuore. Alcuni sono stati indicati anche ieri all'Ambra Jovinelli: da una ritrovata centralità del lavoro nelle politiche di sviluppo alla necessità di investire sui giovani e le donne per liberare finalmente nuove energie e sbloccare un paese troppo vecchio sotto tanti punti di vista; da un welfare più inclusivo che investe sulla formazione, il sapere e la salute ad un nuovo approccio all'immigrazione per coniugare legalità, sicurezza e solidarietà.

Ma non sarebbe leale né corretto tacere su alcuni nodi ancora da sciogliere e sui quali vogliamo qualificare il nostro contributo congressuale.

Consideriamo un buon punto di partenza quanto Bersani ha detto sulla legge elettorale e l'assetto istituzionale. Ma vogliamo più chiarezza sul modello di democrazia bipolare e su coerente legge elettorale che assicuri governabilità e alternanza.

Quando mi sono candidata alla segreteria del Pd, tutti insieme abbiamo fatto una battaglia per affermare l'idea di un Pd davvero plurale e democratico. Un partito in cui tutte le tradizioni e le culture politiche che dal `96 si sono riconosciute nell'idea dell'Ulivo stanno insieme con pari dignità e dove nessuno risulta egemone o correttivo rispetto agli altri.

Le elezioni europee sono state una conferma ulteriore che la crisi della socialdemocrazia non è stata superata neppure dall'innesto con la liberademocrazia. Anche la cosiddetta "terza via" risulta inadeguata. Essere partito post ideologico significa affermare un pensiero politico autenticamente democratico lasciando alle spalle modelli e categorie di interpretazione ormai logore e incapaci di rispondere a nuovi problemi e nuovi bisogni delle società contemporanee.

Questo sforzo di elaborazione politica e culturale sarà tanto più fecondo e innovativo se saprà assumere come essenziale e fondante l'ispirazione del cattolicesimo democratico, se il principio della laicità e autonomia della politica e il primato della persona umana entrano come la bussola che orienta un progetto complessivo di cambiamento della società In questo progetto del Pd i cattolici non sono aggiuntivi, non sono una componente a cui si chiede di "interpretare" le istanze del mondo cattolico italiano.

Il Pd che abbiamo in mente abbandona l'idea che nel partito nuovo il pluralismo etico, politico, culturale e sociale della società italiana sia rappresentato da singole parti o componenti identitarie. Questa è una formula vecchia di politica e di partito che l'Ulivo aveva provato ad archiviare mettendo in campo la fatica della contaminazione e della sintesi. Occorre riprendere questo percorso, senza ambiguità e senza furbizie. Altrimenti si riproducono i vizi che in questi due anni hanno frenato, come una pesante zavorra del passato, la fase costituente del nuovo partito.

A noi interessa definire l'identità democratica del Pd. Ma solo se il Pd, come tale, avrà l'ambizione e l'umiltà di esprimere tutta la ricchezza della società italiana, solo se le differenze non saranno vissute come un peso ma come quel valore aggiunto necessario a realizzare la nuova sintesi, potremmo dire di aver realizzato il nostro compito.

Questa identità è alla prova anche di un nuovo modello organizzativo. Le Primarie ad ogni livello sono per noi uno strumento di democrazia interna e di apertura alla società civile irrinunciabile. Devono essere utilizzate ad ogni livello per selezionare in modo trasparente la classe dirigente del partito regionale e nazionale e per tutte le cariche istituzionali. Primarie che vanno affinate e regolamentare in modo nuovo per evitare di assecondare forme più o meno plebiscitarie di consegna del potere a poche persone.

Il Pd che vogliamo deve essere scuola di democrazia e di libertà. Un partito che ascolta e dà voce agli iscritti e ai simpatizzanti e costruisce la propria unità di azione e di linea politica facendo leva sull'intelligenza, la lealtà e il senso di responsabilità dei propri militanti e dei propri dirigenti. Nel partito che vogliamo il principio di maggioranza, necessario a confermare scelte e decisioni collettive, non si confonde con la dittatura della maggioranza ma definisce l'orientamento di una comunità plurale che rispetta e valorizza la libertà di coscienza di ciascuno.
Occorre ritrovare questa dimensione di partito come comunità ricca e ampia, che vive rispettando in primo luogo l'impegno e i sacrifici quotidiani di migliaia di militanti e attivisti, che valorizza le competenze e non le appartenenze, le differenze e non le divisioni.

C'è un lungo cammino da fare. La mozione Bersani non è ancora pronta e nel gruppo che sta lavorando al testo c'è anche Giovanni Bachelet. Presto pubblicheremo sul sito il nostro documento ed abbiamo già in cantiere un primo incontro con Bersani, il prossimo 16 luglio a Roma. Vogliamo essere tanti e siamo determinati ad essere "democraticidavvero" per l'Italia.

 


       



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