15 Settembre, 2002
25 aprile .Erano inevitabili le polemiche ( di E.Abeni)
Era inevitabile che la celebrazione del 25 aprile a Cremona - per la pima volta con la destra al governo delle principali amministrazioni locali - desse luogo a vivaci polemiche
Era inevitabile che la celebrazione del 25
aprile a Cremona - per la pima volta con
la destra al governo delle principali amministrazioni
locali - desse luogo a vivaci polemiche
e contestazioni? Ritengo di no, perché la
storia non deve essere piegata alle esigenze
politiche di
chi governa pro-tempore o di chi fa l'opposizione.
Talvolta accade che
si faccia, ma non è corretto. Non può esservi
dubbio alcuno, infatti, che il 25 aprile
sia la ricorrenza
della conclusione vittoriosa della Guerra
di Liberazione condotta contro il tedesco
invasore ed il regime fascista suo servitore.
A quella vittoria hanno dato un contributo
determinante le forze armate anglo- americane
ma anche quelle forze italiane che hanno
dato corpo alla Resistenza, costata tante
vite umane (anche di giovani cremonesi) per
riconquistare democrazia, libertà e ridare
all'Italia dignità nel
mondo.
Questo, quindi, è quanto va ricordato e celebrato
il 25 aprile.
Quest'anno ho registrato, invece, un crescente
tentativo di offuscare il vero significato
della ricorrenza. Alcuni interventi di rappresentanti
delle pubbliche istituzioni (e
non mi riferisco soltanto alla manifestazione
di Cremona) hanno compiuto incredibili
contorsioni oratorie, nei loro discorsi,
per riuscire a non pronunciare mai le parole
"fascismo",
"antifascismo", "Resistenza".
Il Presidente della Provincia, Salini, riservandosi
(in modo inusuale,
perché è consuetudine che ciò spetti al rappresentante
delle associazioni partigiane)
di concludere la manifestazione, si è premurato
invece di ribadire, a fronte dei manifestanti,
la grave scelta di non sostenere più la positiva
esperienza dei "Viaggi della Memoria"
(scelta che
non ha certamente contribuito a creare il
clima migliore per la manifestazione stessa).
Non trascuro,
inoltre, di sottolineare come in questa occasione
i corsi principali della città, percorsi
dal corteo, non
siano stati addobbati con le bandiere tricolori
(come è sempre stato fatto dal Comune), sminuendo
così, anche sul piano della simbologia, l'importanza
della festa celebrativa.
Non posso non esternare, dunque, la mia impressione
che si tenda a svalutare il significato autentico
della celebrazione del 25 aprile (i segnali
colti quest'anno mi appaiono inquietanti).
Omettere di
ricordare, in questa circostanza, il contributo
recato dai resistenti, dai partigiani alla
vittoria della Guerra di Liberazione così
come tacere le responsabilità del fascismo
- prima
e dopo Salò - per le tremende tragedie fatte
vivere all'Italia (ponendosi al servizio
del nazismo, responsabile di orrende stragi
e dell'Olocausto), è fare violenza alla storia
e rendere anche un pessimo servizio alla
politica, sempre più ridotta a manovre politichesi
ed a inaccettabili furbizie. Al punto in
cui siamo giunti, sono indotto a riflettere
se, in futuro (a partire dal prossimo anno),
non sia il caso di apportare sostanziali
correttivi all'impostazione, al carattere
della celebrazione, salvaguardando il suo
vero significato e facendo sì che vi partecipino
quanti - istituzioni, associazioni, forze
politiche e sindacali, movimenti, cittadini
con la loro adesione individuale - in esso
si riconoscano in modo convinto, senza ipocrisie
o ambiguità.
Certo, il Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, non si stanca di affermare che
tale ricorrenza dovrebbe essere la festa
di tutti gli italiani (festa della Riunificazione
dell'Italia oltre che della Liberazione).
Sono assolutamente d'accordo con lui, ma
essendo ben
chiaro - come egli tende sempre a sottolineare
- che essa deve connotarsi dei valori dell'Antifascismo,
della valorizzazione del sacrificio dei partigiani
e del riconoscimento
che la Resistenza fu anche il senso del dovere
della fedeltà e della dignità che animò i
600.000 militari italiani deportati nei campi
di prigionia tedeschi perché avevano rifiutato
l'adesione della Repubblica di Salò. Questo,
e non altro, deve essere il connotato distintivo
della
celebrazione. Su di esso possono anche innescarsi
altre considerazioni che si ricolleghino
a momenti e periodi diversi (impegnando ancora
la ricerca storica), ma di lì bisogna partire
senza infingimenti o incomprensibili esercitazioni
retoriche che abbiano quale obiettivo quello
di annegare in una indistinta melassa la
reale portata dell'evento rappresentato dalla
vittoriosa
Guerra di Liberazione.
Mi rendo conto che risulterebbe grave il
disimpegno o l'assenza di qualche istituzione
locale in tale ricorrenza, ma comprendo anche
che possa valere per qualche suo autorevole
rappresentante il diritto di non condividere
il significato della celebrazione nella sua
effettiva essenza (la libertà e la democrazia
che la Resistenza e la Liberazione hanno
conquistato all'Italia, i cui principi hanno
incardinato la Costituzione repubblicana,
consentono anche questo). Ciò è comunque
meglio, a parer mio, di avere adesioni non
convinte, forzate che producono, poi, discorsi
ambigui
male accolti dalla platea dei manifestanti
presenti in piazza ad esprimere i loro sentimenti,
la loro
sensibilità nello spirito autentico che la
ricorrenza richiede (un discorso a parte
andrebbe
fatto per coloro che contestano a prescindere
dai discorsi che si fanno e che mettono disinvoltamente
sullo stesso piano, tanto per fare un esempio,
le amministrazioni che hanno dato vita o
sostengono i "Viaggi della Memoria"
e quelle che li negano). Modificando, perciò,
mie consolidate convinzioni (volte a vedere
sempre e comunque coinvolte le istituzioni
locali), credo sia il caso di considerare
concretamente l'ipotesi che a promuovere
ed organizzare la Manifestazione
del 25 aprile debbano essere o il Comitato
per la difesa e lo sviluppo della Democrazia
(se messo nella condizione di continuare
la sua attività) o le Associazioni Partigiane
e le Organizzazioni
Sindacali (rappresentanti del mondo del lavoro)
chiedendo le adesionida parte di istituzioni,
forze politiche, associazioni e movimenti
disposti ad interpretare, con la loro partecipazione,
il significato autentico della celebrazione
della vittoria della Guerra di Liberazione.
Chi non ce la fa a condividere tale significato,
pensi ad altri modi per esprimere le proprie
convinzioni, evitando magari di far sfoggio
di arroganza su una piazza, nella quale i
manifestanti affluiscono per esprimere, come
si conviene, gli ideali che animarono la
Resistenza.
Evelino Abeni
 
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