15 Settembre, 2002 C'è bisogno che gli italiani si accorgano del PD ( di Luciano Pizzetti) Ciò che è scritto negli atti fondativi del PD rappresenta un patrimonio al servizio del bene comune
C'è bisogno che gli italiani si accorgano
del PD ( di Luciano Pizzetti)
Ciò che è scritto negli atti fondativi del
PD rappresenta un patrimonio al servizio
del bene comune
Affinché l’Assemblea di Varese abbia successo,
non occorre saper fare di conto ma essere
capaci di prospettare agli italiani idee
coinvolgenti.
In una fase in cui il PD non è nei loro cuori,
c’è bisogno che almeno la maggioranza di
essi si accorga di noi.
C’ interpelli. Immaginando che possiamo essere
utili al bene comune.
Se ancora c’è un bene comune!
Ciò che è scritto negli atti fondativi del
PD rappresenta un patrimonio al servizio
del bene comune: una ricca idea di uguaglianza.
Nelle società e in comunità parcellizzate
- chiuse a riccio, in cui prevalgono il gruppo,
il micro, l’individuo – non è semplice affermare
quella grande idea.
Insisto, il PD è un partito in controtendenza.
Non per i caratteri della classe politica,
dicia-mo molto standardizzati. Per i proponimenti.
Sono sbagliati? Siamo sulla via errata? No.
Li stiamo declinando in un modo incerto e
confuso, non vincendo l’onda contraria? Evi-dentemente
si.
Allora aggiorniamo le analisi e rendiamo
virtuose le politiche.
La globalizzazione non il è regno di Bengodi.
Nelle società occidentali genera contraddizioni
e chiusure. Alimenta nuove povertà.
Di questo si ingrassano la Lega italiana
e i suoi simili in Europa.
L’immigrazione è l’epifenomeno. Più del fisco.
Il PD che dice? E’ più riformista se enuncia
solidarietà e accoglienza o se afferma legalità
e diritti?
Scegliere l’una o l’altra opzione concorre
a definire un progetto. La Caritas è già
oltre noi.
Io penso che saremo più riformisti se percorreremo
la seconda strada.
La solidarietà si affermerà solo se costruita
sulla legalità.
Non servono più carabinieri ma più ispettori
del lavoro. Vale a dire un nuovo patto civile.
Al Nord e al Sud.
A fondamento anche di una moderna e inclusiva
idea di Stato.
La Prima Repubblica è morta. La Seconda è
fallita.
E’ tempo della Terza Repubblica. Federale.
I cui pilasti siano Istituzioni solide e
autorevoli. Risolutive.
Partiti solidi e autorevoli. Riconosciuti.
Dove l’individuo abbia piacere e interesse
a sentirsi comunità.
La Lega sta confezionando il “federalismo
patacca”: meno autonomie, meno risorse.
Un falso venduto come capolavoro. Il cui
esito sarà un Nord meno ricco e un Sud egual-mente
povero. In un Paese più debole. Laddove ricchezza
e povertà non è solo questione di soldi.
I contenuti dei decreti attuativi del federalismo
fiscale li ci portano.
La Lega lo sa. Per questo vuole il voto anticipato.
Per sventolare la bandiera. Finché ancora
non offusca il Sole delle Alpi.
Prima che il “popolo padano” colga gli effetti
del federalismo ingannevole.
Sarebbe più facile smascherarne il doppio
gioco se, in coerenza con la riforma del
titolo V della Costituzione, avessimo votato
a favore della legge madre sul federalismo
fiscale. Anziché astenerci. Rendendo chiaro
da che parte stavamo, senza anello al naso.
Intestandoci l’idea della Terza Repubblica.
Non rifugio dalla secessione. Federale, non
confederale.
Federale nella configurazione istituzionale.
Non solo nella fiscalità. Nella nostra decisione
di non decidere, la Lega secessionista si
è intestata il federalismo. Scippandolo ad
una moderna cultura statuale che avremmo
ben potuto mettere in campo.
E’ tempo di fare il salto.
Non per contenere la Lega, scalzandola da
un luogo politico che non è il suo.
Perché l’Italia sarà unita e moderna solo
se sarà federale.
Spero perciò che Varese comunichi poche,
grandi idee su cui osare. Anziché trasmetterci
un ben ordinato programma di cose da fare.
Insieme confido nel fatto che sulla fiscalità
abbiamo ben appresa la cruda differenza tra
percezione e realtà. Del tipo proporre cose
utili ma sentite come ulteriore intenzione
di pre-lievo.
Ci siamo già passati. Purtroppo abbiamo già
dato.
Ciò che diremo su imprese e lavoro sia nettamente
inteso come azione positiva. Meno ca-rico,
più che spostamento di carico. Siano ben
chiari la rendita su cui si accentua l’aggravio
e chi si alleggerisce. Nel sacrosanto corollario
del recupero dell’enorme mole di evasione.
Visto che si è scelto Varese come luogo dell’annuncio,
la novella sia lieta e semplice. Ma-gari
lieta perché semplice.
Varese non deve rappresentare un dispetto
alla Lega. È la prova d’appello per rompere
quell’angusto involucro che ci costringe
ad essere minoranza culturale prima ancora
che politica.
Varese non è lontana da Torino. Costituisce
l’opportunità di mettere in campo un progetto
per l’Italia, anche riprendendo buone idee
affermate al Lingotto.
Bersani può!
Per fare del PD il perno dell’alternativa
al berlusconismo, dentro cui la Lega nuota
a piaci-mento.
Non perché ce lo diciamo tra noi. Perché
lo pensa la maggioranza degli italiani.
Se non sarà così saremo noi a certificare
l’egemonia culturale leghista.
Conseguentemente tutti gli “ismi” fioriranno.
Tranne quello che vale: il riformismo.
Allora sarebbe stato meglio fermarsi a Roma.
Non quella ladrona. Quella della passione.
Con primarie a gogo. In attesa di tempi migliori.
Luciano Pizzetti
Articolo pubblicato il 7 ottobre 2010 su
Europa
Fonte: PD Cremona