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15 Settembre, 2002
Sia chiaro! Nessun sconto sul ritorno al nucleare ( di Marco Pezzoni)
Non sorprende che il nuovo ministro delle attività produttive on. Romani, da sempre stretto collaboratore del Presidente del Consiglio, abbia rilanciato in totale continuità la tela tessuta dal suo predecessore Scajola

Sia chiaro! Nessun sconto sul ritorno al nucleare ( di Marco Pezzoni)
Sia chiaro! Sul ritorno del nucleare in Italia non faremo sconti a nessuno, tantomeno a
chi tradisce i territori lungo il Po svendendoli agli accordi sottobanco della rete di interessi
messa in piedi da Scajola, Berlusconi, Fulvio Conti come amministratore delegato di Enel.
Non sorprende che il nuovo ministro delle attività produttive on. Romani, da sempre stretto collaboratore del Presidente del Consiglio, abbia rilanciato in totale continuità la tela tessuta dal suo predecessore Scajola. E’ stato scelto proprio per questo!
E non sorprende che Formigoni non si opponga frontalmente a possibili insediamenti in Lombardia visto che le elezioni regionali sono passate e che le zone a rischio lungo il Po, tra Cremona e Mantova, sono l’anello politicamente più debole e dunque è su questi territori che si può infierire.
Senza dimenticare poi che l’anno scorso si è tenuto a Roma un importante incontro in Confindustria con 371 aziende interessate alla costruzione delle prime 4 centrali nucleari modello francese EPR: la metà lombarde. Fulvio Conti parlò allora di una torta di 30 miliardi di euro, cioè 60.000 miliardi delle vecchie lire.
Un mese fa il settimanale “Panorama” titolava che le imprese interessate all’affare nucleare sono salite a oltre 600 e parlava di commesse per un ammontare di 40 miliardi: 10 miliardi in più rispetto all’anno scorso.
Non stupisce: in Italia c’è una grave crisi economica e una “stretta creditizia” che penalizza la vitalità e l’imprenditorialità diffusa. Il Governo ha scelto una politica di contenimento
della spesa pubblica che taglia risorse soprattutto alle Regioni e ai Comuni ed è privo
di una politica industriale all’altezza della crisi e delle nuove sfide che impone la globalizzazione.
In assenza di investimenti strategici in ricerca e sviluppo, in assenza di strategie industriali per filiera e per distretti, disattendendo completamente il progetto “Industria 2015” che cercava di rilanciare tutto il sistema manifatturiero italiano, compreso il tessuto fondamentale della piccola e media impresa, l’unico ministro plenipotenziario in carica Giulio Tremonti ha sposato il nucleare come fattore che può “drogare” lo sviluppo e gonfiare artificiosamente
il Pil italiano, troppo basso rispetto a quello europeo.
Non è un caso che nel presentare nei giorni scorsi la Finanziaria aggiornata, Tremonti abbia
posto il nucleare come scelta prioritaria e qualificante.
Cosa c'entra il nucleare con la Finanziaria del Governo? E ancora: il ritorno del nucleare in
Italia non dovrebbe essere completamente finanziato dai privati ?
Il fatto è che in Italia non c'è una vera ripresa. Il fatto è che il tasso di crescita è troppo basso. E allora si ricorre al vecchio trucco irresponsabile e illusorio del volano di poche grandi
opere, come le nuove centrali nucleari, che non trascinano un bel nulla: né produttività né sistema, ma figurano come investimenti in sviluppo.
E in più si crea una cerchia di grossi imprenditori amici, ai quali si garantiranno
appalti per i quattro cantieri nucleari, e ai quali si chiederà fedeltà al Governo.
Fulvio Conti ha garantito che l'80% dei miliardi investiti rimarrà in Italia ( un 30% alla stessa
Enel), ma le imprese chiamate a fare Consorzi con l'Enel sia per la costruzione che per la gestione delle centrali nucleari non saranno più di 30-40 in tutto.
Verranno scelte quelle società e quegli imprenditori che hanno voce e peso nelle maggiori Banche italiane o che sottoscriveranno contratti di fornitura di lunga durata ma soprattutto, statene certi, quelli in possesso di giornali e televisioni in grado di influenzare l'opinione pubblica a livello nazionale e a livello locale. Così il 98% delle imprese italiane penalizzate perché legate alle dinamiche del territorio o a settori estranei alla partita del nucleare
o perché esposte alla concorrenza internazionale non saranno in grado di reagire e indicare
le vere esigenze del Paese.
L'elenco dei gruppi favoriti lo si può agevolmente leggere nell'articolo già citato di Panorama "
febbre nucleare per 600 aziende", suddiviso per settore energetico (Ansaldo, Finmeccanica, Edison, Techint, Franco Tosi, Dalmine ecc.), per settore impianti (Maire Technimont, Trevi, Demont, Tenaris, Riva, Iilva, Saipem, Tyssen, Belleli ecc.), per settori grandi costruttori (Salini, Italcementi, Pizzarotti, CMC, Impregilo, Astaldi ecc.), per area servizi (Sogin, Elsag, Accenture, Honeywell ecc.).
Almeno 550 aspiranti rimarranno fuori o si dovranno accontentare delle briciole dei subappalti, peraltro pericolosissimi come dimostra l'esperienza di Oilkiluoto 3 in Finlandia dove il reattore EPR fatica ad essere messo in sicurezza, rispetto allo stesso progetto, per i troppi subappalti concessi.
Il bello è che nessuna di queste imprese è davvero intenzionata a mettere soldi: tutte quelle che saranno coinvolte puntano a guadagnarne.
Chi finanzierà dunque il nucleare italiano? L'Enel che utilizzerà parte del suo flusso di cassa annuale nella quota degli investimenti ma che ha già annunciato che le spetteranno 16-18 miliardi della torta complessiva perché questi dovranno essere assegnati alla joint-venture Enel-EDF. E le Banche che invece di finanziare la ripresa, l'innovazione e la competitività del sistema Italia, sono chiamate a finanziare i cantieri nucleari in due modi: con prestiti a rischio, o collocando obbligazioni e soprattutto azioni come del resto ha già fatto Enel l'anno scorso con azioni per 8 miliardi di euro e adesso con il 30% di azioni di Enel Green Power.
Insomma il grosso del rischio finanziario del nucleare ricadrà sugli azionisti , sulle Banche e sullo Stato a cui l'Enel chiede di garantire un livello minimo della tariffa elettrica futura. Altro che la menzogna che il nucleare abbasserà le tariffe delle nostre bollette ! Al contrario l'elettricità prodotta con il nucleare è destinata a salire di prezzo. A cominciare dalla Francia, dove il 14 aprile 2010 il Governo ha approvato una Legge per una nuova organizzazione del mercato elettrico che prevede che EDF copra tutti i costi delle Centrali in esercizio, compreso prolungamento della vita e smantellamento, con aumenti tariffari: così al 2020 il prezzo
dovrà gradualmente passare dagli attuali 32 euro/ MWh a 60 euro.
Anche sul piano occupazionale il nucleare è deludente: lo stesso Conti ammette che i quattro
cantieri al loro apice occuperanno 10.000 lavoratori in tutto, per poi dimezzarsi nella fase di gestione degli impianti pronti nel 2023. Al contrario le energie rinnovabili non solo producono energia elettrica con impianti che possono entrare in funzione nel giro di 2 anni massimo, ma creano da 150.000 a 175.000 posti di lavoro in più. Dopo la Bocconi, anche il Politecnico di Milano è arrivato a questa importante conclusione. Domanda etica e politica: perché ci si ostina a imporre la via del nucleare che divide il Paese e spacca i territori ? Perché non si sceglie la strada maestra delle energie rinnovabili che può completamente soddisfare il
nostro fabbisogno elettrico nazionale, anche nel futuro, crea molti più posti di lavoro e può contare su un consenso maggioritario e trasversale?
Marco Pezzoni
CreaFuturo

www.welfarecremona.it ringrazia Marco Pezzoni per l’autorizzazione a riprendere l’articolo già pubblicato sul giornale La Cronaca il 20 ottobre 2010

 


       



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