15 Settembre, 2002
Carlo Fayer 1940-2010.I luoghi dello sguardo e della mente
Toni scuri, terrigni che, uniti ad una maggiore attenzione figurativa....
Carlo Fayer 1940-2010.I luoghi dello sguardo
e della mente
a cura di Paolo Campiglio e Chiara Gatti
biografia di Claudio Toscani
progetto di allestimento di Gianni Macalli
10 - 26 dicembre 2010
*Inaugurazioni:*
venerdì 10 dicembre 2010 ore 18.00, *Cremona
– Centro Culturale di San
Vitale*
sabato 11 dicembre 2010 ore 18.00, *Crema
– Fondazione San Domenico*
La mostra antologica *“Carlo Fayer 1940-2010.
I luoghi dello sguardo e della
mente”*, presentata in concomitanza presso
gli spazi del *Centro San Vitale*a
*Cremona* e della *Fondazione San Domenico*
a *Crema*, rappresenta la prima
grande retrospettiva dedicata all’artista,
attivo a livello nazionale ed
internazionale già negli anni cruciali del
dopoguerra. L’esposizione,
patrocinata dalla Regione Lombardia, Provincia
di Cremona e Comune di Crema,
ripercorre attraverso 70 opere, fra dipinti,
sculture e ceramiche, la sua
intensa attività, articolandosi in diverse
sezioni tematiche che riassumono
accuratamente le tappe creative di una eclettica
produzione.
La poetica pittorica di *Carlo Fayer* (Ripalta
Cremasca, 1924),
caratterizzata da una costante attenzione
all’uomo e al paesaggio, da un
iniziale naturalismo – volutamente disincantato
e gravido delle reminiscenze
intimiste ed espressioniste del *movimento
di Corrente* – evolve presto
verso una contemplazione cromatica e materica
che trova nella luce la sua
più alta espressione. Ma proprio da questo
perenne *contatto con la natura *e
dai suoi numerosi viaggi all’estero deriva
la successiva e drastica
riduzione luministica.
Toni scuri, terrigni che, uniti ad una maggiore
attenzione figurativa, lo
portano a soluzioni in linea con i modi del
*realismo
esistenziale*milanese, Ferroni in testa,
dove la figura umana appare
ridotta a puro
elemento filiforme e cromatico. Nascono in
questi anni i *cicli dedicati
agli “argini” del Po:* vedute tendenzialmente
monocrome, in cui prevalgono
riverberi atmosferici e intonazioni argentee,
definite puntualmente da
Giorgio Mascherpa «grigio/argento/perla/ocra»,
a tratti sabbiose, volte a
sintetizzare cielo, terra e acqua in un’unica
esperienza estetica.
Parallelamente, alla fine degli anni Sessanta,
Fayer si accosta alla
*terracotta
e alla ceramica* d’artista, dove la sua riflessione
– dominata dagli stessi
timbri naturali, dati dai valori della materia
stessa, della creta, della
terraglia – traduce le visioni padane in
atmosfere più intime, dove i motivi
ricorrenti dei *“muri”, delle stanze, degli
“armadietti della
memoria”,*citazione personalissima della
coeva produzione di Melotti,
si alternano a
ricerche più astratte e informali, in cui
il gesto libero di agire sulla
materia lavorata a pollice, con istinto e
rapidità, tradisce un insegnamento
iniziale di Marino nelle *forme scheggiate
dal sapore arcaico* tipiche del
ciclo dei “frammenti”, ripreso più tardi
nei muri popolati di figure
prigioniere e, allo stesso tempo, nascenti.
La mostra sarà anche occasione per far luce
su una *fase inedita* e un po’
trascurata dalla critica della ricerca del
maestro che, nei primi anni
Settanta si allontana progressivamente dalla
realtà sconfinando in una vera
e propria fase di sperimentazione inevitabilmente
vicina a certe *ricerche
cinetiche e concettuali *di quegli anni e
legata alle vicende del gruppo di
artisti del *Cenobio di Milano. *
Negli anni Ottanta matura anche pittoricamente
la sua *poetica del “muro”*:
il muro non inteso come mera superficie architettonica,
bensì come manufatto
dell’uomo, la cui “texture” – sbrecciata
o smontata – diviene una surreale
ossessione dove è solo lo sguardo il vero
soggetto delle sue meditazioni.
Muri e finestre, coagulandosi con la figura
umana, ormai parte integrante
della stessa materia, diventano i motivi
dominanti di questo periodo.
Nell’ultimo decennio del secolo si avvicina
invece *all’arte della
“filatelia”,* da cui prende vita un particolare
ciclo pittorico incentrato
sul *linguaggio postale* e sull’immagine
del francobollo. Un viaggio “à
rebours” nella propria storia, ma anche nella
storia dei segni, degli
alfabeti e delle più comuni e popolari immagini
della comunicazione che
hanno illustrato il Novecento.
Ancora, nell’ambito della ricerca plastica,
la mostra non tarderà a
documentare una fase di produzione recente,
legata soprattutto all’attività
svolta presso *le storiche ceramiche Ibis
di Cunardo, *crocevia di maestri,
da Fontana a Burri, da Baj a Milani, dove
Fayer ha realizzato una serie
significativa di grandi steli, citazione
classica dell’iconografia del totem
cara alla scultura moderna.
Da non dimenticare infine la ricchissima
produzione dell’artista nella *sfera
dell’arte sacra,* cui s’è dedicato sin dagli
esordi della sua carriera, come
documentano le numerose partecipazioni ai
migliori premi nazionali d’arte
sacra, oltre a commissioni di arte pubblica
e monumentali, fra *vetrate,
cicli d’affreschi e cicli di bassorilievi*
come quello per l’abside (con le
storie evangeliche) della Collegiata di Offanengo
o la *Via Crucis* ideata
per il convento delle Suore Canossiane di
Crema.
Accompagna la mostra un *catalogo *edito*
*da *Silvana Editoriale. *Il
volume, a cura di *Paolo Campiglio *e *Chiara
Gatti, *è concepito come
pubblicazione monografica con un’ampia ricostruzione
biografica a cura
di *Claudio
Toscani* e apparati di *Valentina Sanfelici.
*
*Orari d’apertura*:
lunedì – domenica 10.00-12.00 / 16.00-19.00
*Per Informazioni:*
Tel. 037385418
www.teatrosandomenico.it
 
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