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 Economia

15 Settembre, 2002
La finanziaria 2003 per le provincie italiane non va bene
Le Province italiane, esaminate le norme contenute nel disegno di legge finanziaria 2003, esprimono il loro giudizio negativo

La finanziaria 2003 per le provincie italiane non va bene.
Le Province italiane, esaminate le norme contenute nel disegno di legge finanziaria 2003, che attengono il sistema degli enti locali e delle Province in particolare, esprimono il loro giudizio negativo e rilevano una serie di criticità e preoccupazioni che attengono, da un lato la contrazione dell’autonomia e responsabilità finanziaria degli enti e, dall’altro, la necessità di garantire un livello adeguato di investimenti in infrastrutture (scuole, sicurezza stradale e del territorio), nonché di servizi alle collettività nei territori amministrati.

A tal proposito si rammenta quanto contenuto nella risoluzione parlamentare che ha approvato il Dpef ossia la necessità che nella definizione delle regole del patto di stabilità interno si individuino "meccanismi condivisi di compartecipazione e di corresponsabilizzazione al perseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità e crescita".

Si rileva, invece, come il Governo non abbia messo in atto alcuna forma di effettivo confronto con gli enti locali, tale da determinare un meccanismo concordato e sostenibile per il rispetto del patto di stabilità interno. In questa prospettiva si sottolinea come Province e Comuni abbiano osservato, nel 2000 e 2001, i vincoli imposti dal patto di stabilità interno effettuando un notevole sforzo di riorganizzazione al loro interno per il miglioramento delle performance e contraendo all’essenziale il livello degli interventi per i servizi rivolti ai cittadini.

Per altro verso, non emerge dalla lettura delle norme della legge finanziaria una chiara volontà di attuare un compiuto federalismo fiscale, caratterizzato dalla valorizzazione della dinamicità economica dei territori e da un riequilibrio solidale e coerente con quanto disposto dall’art. 119 Cost., sulla base del percorso concordato nell’intesa interistituzionale firmata lo scorso giugno per l’attuazione del Titolo V della Costituzione.

Infatti le Province, pur comprendendo la complessità che tale materia reca, rilevano come la previsione dell’istituzione dell’Alta Commissione come pure alcuni riferimenti ai principi di federalismo contenuti nel disegno di legge sono tuttavia radicalmente contraddetti da altre disposizioni contenute nel medesimo articolato.

Entrando nel merito delle valutazioni che si avanzano al disegno di legge finanziaria -ed a fronte del fatto che già nella legge finanziaria 2002 si è stabilito un taglio ai trasferimenti per il 2003 pari al 2% e del 3% per il 2004-, si segnala innanzitutto che si determina una contrazione delle risorse destinate sia al fondo per il rimborso Iva per il trasporto pubblico locale (244 milioni di euro) che al fondo per il rimborso Iva per l’esternalizzazione dei servizi (263 milioni di euro). Si evidenziano comunque le seguenti principali criticità:
1. Patto di stabilità Se da un lato vengono accolte le richieste avanzate nelle scorse settimane circa l’eliminazione del tetto alla spesa e viene predisposto solo un vincolo riferito al disavanzo (non maggiore del 3,6% rispetto al 2001), computato per cassa e per competenza, si evidenzia che in realtà, tra le spese che non vengono conteggiate ai fini del disavanzo rientrano anche quelle relative ad acquisto di beni e servizi, con la precisazione che non dovranno essere superiori, nel 2003, a quanto sostenuto nel 2001, realizzando in questo modo un evidente blocco della spesa che comporta anche l’impossibilità di utilizzo di eventuali risparmi effettuati.
Ulteriore considerazione in merito ai meccanismi di calcolo del disavanzo, deve essere fatta in riferimento agli oneri derivanti dal rinnovo contrattuale: l’inclusione di tale voce di spesa tra quelle utili per il calcolo del disavanzo finanziario, rischia di portare automaticamente oltre il 3,6% la misura dell’aumento del disavanzo stesso, anche a fronte degli accordi stipulati dal Governo con le OO.SS lo scorso febbraio che determinano il 5,56% di incremento delle retribuzioni.
Da ultimo, va segnalato che dal combinato disposto delle norme sanzionatorie per il mancato rispetto del patto, consegue un "provocato dissesto" degli enti, dovuto al contemporaneo effetto della riduzione del 10% delle spese, del blocco dei mutui e conseguentemente degli investimenti, e del blocco delle assunzioni.

2. Acquisti centralizzati
Viene reso obbligatorio il ricorso a procedure pubbliche anche per acquisti inferiori alla soglia comunitaria (oltre i 50.000 euro) ovvero il ricorso alla Consip. Viene dunque sostanzialmente reso obbligatorio ciò che nella scorsa legge finanziaria era invece una possibilità o una opportunità in più; in questo modo, complicando la procedura, viene espropriato il tessuto economico locale dalla possibilità di fornire beni, con il rischio di acquistare prodotti di qualità inferiore a prezzi maggiori, come già verificatosi in passato. A fronte di questo obbligo sono previste altresì responsabilità amministrative per il dipendente che stipulerà qualsivoglia contratto (automaticamente nullo) al di fuori di queste norme.
L’obbligo di stipulare contratti con la Consip, società del Ministero dell’Economia, evidenzia una forte natura centralistica di tutta l’impalcatura delle norme relative agli enti locali, come pure il forte, o meglio rafforzato ruolo della Corte dei Conti in qualità di organo "inquirente" dell’attività finanziaria degli enti.

3. Compartecipazione Irpef
Venendo incontro ad una annosa richiesta dell’UPI circa la compartecipazione, anche per le Province, ad un grande gettito erariale, viene prevista la compartecipazione all’Irpef pari al 1%. Si rileva però che il meccanismo individuato è sostitutivo dei trasferimenti erariali già corrisposti a circa 70 province. Non si prefigura quindi, almeno per ora, un gettito autonomo e dinamico legato alla redditività dei territori, bensì un mero ‘cambio di nome’ agli attuali trasferimenti erariali, rimanendo comunque fuori gli enti che attualmente non ricevono più spettanze dal ministero dell’Interno.

4. Sottrazione del pregresso Per le Province (così come per i Comuni) si configura un meccanismo di sottrazione, da parte dello Stato, dell’ammontare finora non riscosso a causa di insufficiente o inesistente trasferimento erariale, delle somme relative al decentramento amministrativo, al passaggio del personale Ata allo Stato e al maggior gettito Enel, attraverso il gettito Rca, che verrebbe trattenuto direttamente dal concessionario. Per quanto riguarda altre somme a qualunque titolo dovute verranno operate decurtazioni sulla compartecipazione Irpef. Con tali disposizioni si mette in atto, in modo illegittimo, una manovra con effetto retroattivo su bilanci compiutamente approvati (a partire dal 1999) in condizioni di pieno rispetto del quadro normativo allora vigente.
Tale sottrazione oltre a causare un danno di natura finanziaria, notevolissimo per alcune Province, introduce un principio assolutamente inaccettabile dal punto di vista contabile, perché il recupero opererebbe su somme non più nella disponibilità di cassa degli enti, i quali con tali risorse hanno, negli anni precedenti, realizzato investimenti.

5. Blocco del personale
Si configura un sostanziale blocco delle assunzioni, con invarianza della spesa e impossibilità di superare il numero dei posti in organico al 29 settembre.
Gli enti locali che hanno rispettato il patto nel 2002 possono effettuare assunzioni entro la misura massima del 50% delle cessazioni avvenute nel corso dell’anno. Minore percentuale (al massimo del 20%) può essere prevista per quegli enti che hanno un rapporto dipendenti/popolazione superiore a quello previsto dal dlgs 77/95, al limite maggiorato del 30% per gli enti la cui percentuale di spesa di personale rispetto alle entrate correnti sia superiore alla media regionale per fasce demografiche.
Vengono congelati al 31.12.2003 le trasformazioni dei contratti di formazione lavoro in contratti a tempo indeterminato previste per l’anno 2002 e 2003.
Si evidenzia, da un lato, la profonda illegittimità di una norma che praticamente blocca con effetto retroattivo (al 29.9.02) la pianta organica degli enti e le assunzioni effettuate anche attraverso concorsi già banditi, pur entrando in vigore il 1^ gennaio 2003 e, dall’altro, che tale procedura incide rispetto a previsioni di spesa (assunzioni e oneri conseguenti) già coerenti con le norme, contenute nella precedente legge finanziaria, che disciplinano il patto per il 2002.
In termini più generali si sottolinea come, in un contesto di autonomia degli enti costituzionalmente esaltata dal Titolo V, il raggiungimento dell’obiettivo di rispetto del patto può e deve essere raggiunto attraverso le scelte che ogni singolo ente ritiene più adeguate.
L’Upi, in ogni modo, conferma la propria disponibilità a concordare criteri da porre a base di norme finalizzate a qualificare e razionalizzare le spese complessive di personale. Si sottolinea, comunque, che il trend del numero del personale e dell’incidenza della relativa spesa sui bilanci è in costante calo, anche a fronte delle crescenti funzioni amministrative assunte dagli enti locali.

6. Scuola ed edilizia scolastica Si evidenzia la totale mancanza di fondi destinati a questo settore per il 2003. Stante l’imminente scadenza (dicembre 2004) per la messa in sicurezza degli edifici scolastici rispetto alle norme del d.lgs.626/94, le Province richiedono con forza le risorse necessarie a rendere funzionali ed efficienti i locali destinati alle scuole medie di secondo grado.
Già a partire dalla legge n.23/96 è stata più volte evidenziata l’esiguità dei fondi messi a disposizione, fino all’azzeramento degli stessi per gli anni 2002 e 2003. In questo senso, sottolineando come l’istruzione e l’innovazione siano punti qualificanti del programma di Governo, si evidenzia altresì la necessità che gli edifici scolastici siano ristrutturati e funzionalmente adeguati alle nuove esigenze delle collettività scolastiche, anche in termini di realizzazione di interventi di cablaggio, di laboratori scientifici, tecnologici, artistici, multimediali e quant’altro la didattica richieda

 


       



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