15 Settembre, 2002
Ma cosa cambia concretamente per la gente con la «Devolution»?
di Roberto Arduini (da L'Unità del 24-11-02)
Ma cosa cambia concretamente per la gente con la «Devolution»?
di Roberto Arduini
da L'Unità del 24 novembre 2002
Le fasce più deboli risentiranno molto della «Devolution» di Bossi, soprattutto per quanto riguarda temi come la polizia locale, l’assistenza sanitaria, la scuola e le tasse. Le modifiche proposte appaiono di difficile ed equivoca interpretazione.
L'unico punto affrontato dal testo predisposto dal Governo riguarda un gruppo di materie (scuola, sanità e polizia locale) sulle quali singole regioni potrebbero assumere, di propria iniziativa, la competenza legislativa esclusiva. Tale spostamento di competenze appare di modestissimo significato. La polizia amministrativa locale già appartiene alla competenza legislativa esclusiva delle regioni, oltre all'equivoca proposta di una polizia regionale «intermedia» tra quella statale e quella degli enti locali.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, è già possibile, su iniziativa delle regioni interessate, attribuire alle regioni medesime la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della salute e di istruzione.
Sulla Scuola, il testo sembra indicare l'obiettivo di affidare tutta la politica scolastica ad «alcune» regioni, salva una parte di programmi di interesse nazionale. Ma l'accesso all'istruzione pubblica è la materia in cui più si giocano i diritti dei cittadini, il principio di uguaglianza, la stessa identità della comunità nazionale. Peraltro, nell'ambito della scuola resta preziosa l'autonomia delle istituzioni scolastiche, garantita dal terzo comma del nuovo articolo 117, così come restano fermi i doveri dello Stato indicati dall'art. 33 della Costituzione per l'istituzione di «scuole statali per tutti gli ordini e gradi».
Senza considerare il «buono scuola», già presente in alcune regioni italiane come Lombardia e Veneto. Emblematico è l’esempio di quest’ultimo: la «privatizzazione scolastica» del governatore di centrodestra Galan. Prima sono state escluse le materne, poiché il 72% dei bimbi della regione frequenta le private religiose (essendo rarissime quelle pubbliche). Poi sono stati introdotti i «buoni scuola», rimborsabili solo a chi ha pagato almeno 150 euro d'iscrizione. A circa 25 mila studenti delle private sono stati erogati circa 17 miliardi e mezzo di vecchie lire. Ai circa 500 mila studenti della scuola pubblica 178 milioni. E solo perché si tratta di istituti alberghieri o convitti, condizione indispensabile per far domanda alla regione. Una volta applicata, la legge regionale sui «buoni scuola» si dimostra concepita per invertire il più elementare principio della solidarietà. Il 45% dei soldi è finita alle famiglie con redditi netti compresi fra i 40 e i 100 milioni di lire.
Per quanto riguarda la Sanità, un’indagine del Censis sui farmaci fa emergere che ad accorgersi di quanto sta avvenendo nell'assistenza farmaceutica sono soprattutto coloro che hanno problemi di salute e che hanno subito, più degli altri, le conseguenze delle misure. Il federalismo sanitario non ha avuto alcuna influenza (59,3%) o ha peggiorato (26,4%) l'assistenza farmaceutica. Da sottolineare che sono soprattutto le persone con uno stato di salute valutato come insufficiente (37,7%) e i residenti nel nord-ovest (32,3%) e nel nord-est (32,2%) che, più degli altri, sottolineano l'impatto negativo che l'attribuzione a livello regionale delle responsabilità in sanità ha avuto sull'assistenza farmaceutica.
Particolarmente critici rispetto al ricorso a tale strumento sono i residenti nelle regioni del nord, i giovani e gli anziani. Sulla disparità dei prezzi dei farmaci tra le Regioni, il segretario generale del Censis Giuseppe De Rita afferma: «se accettiamo che la responsabilità sanitaria vada alle Regioni, accettiamo anche gli squilibri».
Ma ancora più grave è il punto che riguarda le tasse. Consideriamo la nuova Finanziaria. Suddividendo tra le 20 Regioni italiane l’intero ammontare dei fondi chiesti, ma non inseriti in Finanziaria, risulta (calcolo puramente ipotetico dato il diverso peso economico delle varie aree) che ogni governatore rischia di dover fronteggiare un «buco» tra i 150 e i 200 milioni di euro (300-400 miliardi di lire).
Ma il peso della manovra potrebbe divenire ancora più gravoso se si allarga il discorso al comparto sanità, che causerebbe alle regioni un’ulteriore perdita di 6 mila milioni di euro (12 mila miliardi di lire). Il governo si è però impegnato a recuperare questa cifra, pur subordinandone l’erogazione al raggiungimento da parte dei governatori di precisi obiettivi di bilancio (giudicati troppo severi dalle regioni). È probabile che la soluzione sia l'istituzione di nuove tasse, in cui i governatori hanno piena autonomia.
 
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