15 Settembre, 2002
Grandi manovre alla Corte
di G. D'Avanzo (da Repubblica del 26 novembre 2002)
MANOVRE ALLA CORTE
Giuseppe d'Avanzo
da Repubblica - 26 novembre 2002
HA VINTO Cesare Previti. Ha vinto Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio ha nelle mani una larga maggioranza in Parlamento e, a quella maggioranza, ha imposto di approvare una legge sul "legittimo sospetto" che potesse, anche per il passato (oggi per Previti e domani per se stesso), permettere alla Cassazione di trasferire un processo avviato alla conclusione. Accade dunque a Milano che la quarta sezione penale del Tribunale (Paolo Enrico Carfì, Enrico Consolandi, Maria Luisa Balzarotti) sospenda il processo Imi-Sir/Lodo Mondadori. Interessanti le motivazioni. Non c´è dubbio, dice il collegio, che la nuova legge debba valere anche per questo processo. Epperò... Epperò la legge prevede che, in caso di una richiesta di rimessione ammissibile, il processo vada sospeso «prima dello svolgimento della discussione».
Le grandi manovre alla Suprema Corte
Ma se la discussione è già iniziata, come accade a Milano, il processo deve essere sospeso o è già oltre l´ultimo limite affacciato dalla legge? «Le non lievi imprecisioni nel linguaggio normativo - rilevano i giudici - pongono certamente seri dubbi interpretativi». Risulta confuso e contraddittorio l´uso, nella nuova legge, delle espressioni «conclusioni» e «discussione».
Né il dubbio interpretativo può essere sciolto dal ricorso a precedenti giurisprudenziali. Non ce ne sono. E allora, scrivono i giudici milanesi, è obbligatorio rifarsi alla «volontà del legislatore». Che è più chiara del giorno: quale che sia lo stato del «processo Previti», fatela finita e sospendetelo! E´ quello che decide il Tribunale di Milano.
La decisione non trova tutti d´accordo. C´è chi dice che, dinanzi a un gergo così farfallino e in assenza di precedenti, come potevano decidere i giudici se non dentro il recinto delle parole modulate in Parlamento? Al contrario, altri ricordano che l´intenzione espressa dalla maggioranza parlamentare nel votare la legge non ha alcun valore interpretativo. Si cita il Cordero della Procedura Penale: «Fortunatamente i fantasmi mentali dei commissari ad legem ferendam non sono norme... contano zero».
Quale che sia il dibattito giuridico del «caso», le due pagine dell´ordinanza di Milano ci dicono anche altro. Questa legge, sembrano suggerire i giudici, è stata riscritta da semiletterati che hanno confuso e reso contorto anche il significato consueto delle parole. Ogni interpretazione nel guazzabuglio sarebbe lecita. Ci sarebbero anche buone ragioni per continuare il processo. Riteniamo, però, che non sia stato questo il desiderio normativo del potere legislativo. E allora ci inchiniamo alla volontà del Parlamento che chiede la sospensione di questo processo. L´argomento sottende due considerazioni. La prima è sotto gli occhi di tutti da mesi (anche se la maggioranza ha preteso di invocare «l´interesse generale dei cittadini»). Il «processo Previti» è assediato dal potere politico che ne vuole manipolare gli esiti. E´ una «volontà politica» (e un interesse privato) ora a sviarne il percorso, i tempi, le procedure. Il secondo argomento ha la forma di una domanda: davvero si può credere che a un tribunale così sensibile alle ragioni della difesa (perché le ragioni del Parlamento sono le ragioni della difesa) si possa gettare in faccia un legittimo sospetto?
Siamo al punto che interessa da oggi in poi. La corte di Cassazione deciderà del legittimo sospetto, trasferirà davvero il processo a Brescia, certificherà nero su bianco che sì, è vero, l´intero ufficio giudiziario di Milano, l´intera città e la sua opinione pubblica hanno un pregiudizio ostile contro gli imputati Cesare Previti e Silvio Berlusconi? Si vedrà quando verrà il tempo.
Intanto vale la pena seguire le tracce delle «grandi manovre» che si compongono e si scompongono nel Palazzaccio della Suprema Corte. Quale collegio della Cassazione dirà l´ultima parola sui processi milanesi? Le sezioni unite, presiedute addirittura dal primo presidente Nicola Marvulli che ne ha composto il collegio, hanno già affrontato la questione. Sarà lo stesso collegio, saranno gli stessi giudici a decidere? Non è detto. La ragione del dubbio la si rintraccia nella ricostruzione di un attento e amichevole osservatore delle cose berlusconiane. «Il collegio (delle sezioni unite) - scrive Bruno Vespa nella sua ultima fatica, "La Grande Muraglia" - si compone di nove membri. Voci di corridoio, ovviamente mai confermate, segnalavano la supposta prevalenza nel collegio di simpatizzanti per Magistratura democratica, la corrente di sinistra nella quale militano magistrati di assoluto equilibrio accanto a colleghi politicamente schierati. Le stesse voci, filtrate da quelle segretissime stanze, lasciavano capire che cinque dei nove membri sarebbero stati contrari alla rimessione ad altro giudice avanzata da Berlusconi e Previti». Lasciavano capire...
Qui non interessa l´insinuazione di Vespa (forse sono di Magistratura democratica, quindi sono certamente giudici faziosi), qui conta osservare che Berlusconi e Previti non si fidano di quel collegio. Troppe teste storte. Che siano cambiate!
Ora sostituire quelle teste con altre più lungimiranti e comprensive non è così agevole. Non è mai accaduto in Cassazione che, senza alcun motivo, si modifichi in corsa un collegio. Delle sezioni unite, poi... Quel collegio, che già ha affrontato le lamentele di Berlusconi e Previti, conosce le carte, ha ascoltato le ragioni degli imputati e dell´accusa, ha alzato le mani (improvvidamente, secondo la Consulta) per chiedere consiglio su una questione di legittimità costituzionale. E ora che quel responso non serve più (spazzato via dalla legge Previti-Cirami), perché ricominciare tutto daccapo? Nuovi giudici, nuova lettura delle carte... Tempo perso.
Non è tempo perso per Previti e Berlusconi che, come racconta Vespa, temono l´indipendenza di quella Corte. Accade così che, il 6 novembre, l´Agenzia Italia chieda al primo presidente della Cassazione: «Sarà lo stesso collegio delle sezioni unite a decidere?». Risponde Marvulli, sorprendentemente: «Penso sia opportuno un collegio diverso».
Non si comprende quale sia questa opportunità se non, dicono i maligni, la diffidenza degli eccellenti imputati e soprattutto il rosario di provvedimenti che il governo ha in animo di approvare nell´interesse delle eccellenti toghe. Infatti, nella Finanziaria, il governo ha previsto l´innalzamento dell´età pensionabile per i magistrati da 72 a 75 anni (decisione da tutti ritenuta inutile se non dannosa e comunque benefica per alcuni, anche per Marvulli). E ancora, la riforma dell´ordinamento giudiziario che conferisce ai giudici della Cassazione il governo della corporazione togata, la selezione delle teste da promuovere, una più ricca retribuzione.
L´esigua élite è sensibile alle blandizie e il governo gliene offre a piene mani. Purtroppo non sono le blandizie o le ambizioni dei giudici della Cassazione a poter giustificare un nuovo collegio delle sezioni unite. Occorre una ragione forte per poter ribaltare le regole e le consuetudini della Suprema Corte. Quella ragione oggi non c´è, a meno che...
E´ il 20 novembre. Il Corriere della Sera ottiene un´intervista esclusiva a un anonimo magistrato «che fa parte del collegio delle sezioni unite». Quel collegio... L´anonimo è generoso di giudizi e opinioni. Sembra gongolare quando dice «stabiliremo se davvero all´interno degli uffici di Milano ci sono stati comportamenti "sospetti" e se l´atmosfera è stata influenzata da girotondi e altre manifestazioni». Giudica «necessaria e giustificata» la legge Previti-Cirami: «La normativa era carente». Anticipa che «sulla base di quanto stabilito dalla Cirami prenderemo una decisione». Ora quest´ultima affermazione è alquanto opinabile (alcuni giuristi pensano che la Cassazione debba decidere dei processi in corso con le regole precedenti alla Cirami).
Anche qui non conta il merito della questione giuridica. È più utile prendere atto dell´inedita mossa - mai un giudice della Cassazione aveva riferito a un giornalista la sua opinione su processi che sarà presto chiamato a decidere in camera di consiglio - e scovarne le ragioni. Se ne intravedono tre, possibili. La prima è che quel magistrato non esista nella realtà: ipotesi da scartare per l´autorevolezza del Corriere e della giornalista che firma l´intervista (Fiorenza Sarzanini).
Ne restano altre due: quel giudice è un irresponsabile (ammesso che uno scriteriato di tal fatta possa raggiungere quello scranno); quel giudice, con un´intervista suicida, è venuto volutamente meno ai suoi doveri di riservatezza. Che sia incosciente irresponsabilità o maligna predeterminazione, osservano in Cassazione, il primo presidente Nicola Marvulli ha ora sul tavolo la «ragione forte» per rimescolare le carte nel collegio delle sezioni unite. E´ quello che accadrà?
 
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