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15 Settembre, 2002
Un futuro coreano
Sistema Italia / L'allarme della Cgil

Sistema Italia / L'allarme della Cgil
Un futuro coreano
Poca o nessuna capacità di investimento nelle tecnologie e nella ricerca. Una crescita del Pil ormai impercettibile. Il calo della produzione industriale, tanto nelle grande imprese quanto nelle piccole e medie. L'occupazione che, dopo anni di crescita sostenuta, ora rallenta. E, di fronte a tanti e tali problemi, un governo ritenuto non all'altezza della situazione, ossia incapace di attuare una politica economica di alto profilo. Questo l'allarme lanciato da Marigia Maulucci, segretaria confederale della Cgil, sullo stato di salute dell'economia italiana.

«Ogni anno - scrive Maulucci sull'ultime numero di Rassegna sindacale - gli esperti del “World Economic Forum”, organismo del forum di Davos (Svizzera), stilano una classifica di competitività: l’Italia scende dal 26° la 39° posto, facendosi superare dalla Cina, dal Cile e dalla Lituania. Insieme all’Italia, perdono posizione l’Argentina e la Turchia. Causa principale di questo tracollo i cattivi risultati nel campo dell’innovazione tecnologica, come la Cgil sostiene da tempo. Non siamo soli, dunque, ad affermare che la competitività di un’economia si misura dal tasso di ricerca e sviluppo tecnologico, realtà nelle quali è bene investire proprio nelle situazioni difficili per contrastare efficacemente la crisi. E di declino dell’economia, nel nostro paese, possiamo parlare. Il Pil si attesta intorno allo 0,3 per cento, dunque al di sotto di quanto previsto in Finanziaria; preoccupa il dato del debito – 110 per cento – ben al di sopra degli altri paesi europei, mentre sul deficit non riusciamo a mantenere né gli impegni 2003 presenti in Finanziaria, né tanto meno i vincoli di progressiva riduzione imposti dalla Unione europea».

«A questi dati - prosegue Maulucci - va aggiunto il progressivo aumento dell’inflazione, ormai al 2,7 per cento: un altro record europeo del nostro paese. Gli effetti di questa impennata si rifletteranno sui consumi e dunque ancora sulla crescita. Non esiste, nella politica economica del governo, un orientamento per il sostegno alla domanda, se si escludono gli appelli volontaristici di Berlusconi».

«Il quadro generale peggiora se esaminiamo il versante della produzione industriale. Nel mese di settembre, secondo l’Istat, si registra un aumento dell’1,2 per cento che però deve fare i conti con una consolidata diminuzione del 2,7 per cento del periodo gennaio-settembre. In frenata – del 2,3 per cento – la produzione delle piccole e medie aziende industriali, nel terzo trimestre di quest’anno. A livello settoriale le contrazioni più marcate sono nel manifatturiero, nel sistema moda, nella produzione di macchine elettriche ed elettroniche. La crisi è confermata dai dati del fatturato, con una variazione tendenziale negativa dell’1,8 per cento che si accompagna a un -2,4 registrato nel confronto con il secondo trimestre dell’anno. Spicca il rallentamento delle imprese del Nord-Est e di quelle con meno di 50 dipendenti. Questi dati hanno fatto e faranno sentire i loro contraccolpi sul piano occupazionale, come più volte abbiamo denunciato. Alla crisi dei grandi gruppi, Fiat in testa, si accompagna un tracollo diffuso, non immediatamente quantificabile ma non per questo meno rilevante e soprattutto bisognoso di interventi e misure di contrasto».

«Nel terzo trimestre del 2002 - sottolinea Maulucci -, l’occupazione ha sì continuato a crescere, ma a un tasso inferiore dello 0,4 per cento rispetto al trimestre precedente, dopo due anni nei quali l’ incremento si era attestato intorno al 2 per cento. Era peraltro prevedibile, per effetto del blocco della crescita e del rallentamento e/o riduzione sulle misure di incentivo all’occupazione. Il livello della disoccupazione, infatti, rimane alto – intorno al 9 per cento – soprattutto tra le donne e i giovani, soprattutto al Sud».

«È di qualche giorno fa la pubblicazione del decreto che blocca fino ad aprile 2003 l’utilizzo del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate. In sostanza le risorse complessive non solo diminuiscono ma vengono pure congelate, in previsione di una trimestrale di cassa che fotograferà inequivocabilmente il collasso della nostra economia. In realtà, sembra questa la rotta del navigare a vista del governo: da una parte, la sottovalutazione della crisi produce interventi tampone o, peggio, occultamento della realtà; dall’altra ci si protegge le spalle, alla vigilia dell’approvazione della Finanziaria, approvando il decreto taglia-spese che di fatto bloccherà in modo discrezionale e autoritario la cassa nei numerosi e prevedibili scostamenti dagli obiettivi di bilancio».

«Dall’inizio del mese di dicembre, la legge finanziaria sarà portata in aula al Senato senza che contenga misure in grado di contrastare efficacemente la pesantezza della recessione economica nella quale ci siamo infilati e dalla quale difficilmente riusciremo a venir fuori. È il fallimento della politica economica di questo governo e dei suoi strumenti: il Patto per l’Italia e la Finanziaria 2003, come abbiamo denunciato in questi mesi, registrando nello sciopero del 18 ottobre consensi massicci da parte dei lavoratori».

«Intanto però il governo anche ha trasformato in legge l’ex ddl 848: permane cioè la convinzione che la competitività del nostro paese passa attraverso la destrutturazione del mercato del lavoro. Invece di invertire il calo della crescita con investimenti nei settori strategici, si preferisce precarizzare e impoverire di contenuti, diritti, qualità il lavoro come se “l’altro” della nostra competizione fosse la Corea e non un qualunque paese europeo. A Napoli, il 29 novembre nel convegno e il 30 di nuovo in piazza, avremo dunque una grande opportunità per motivare la nostra netta contrarietà a queste scelte e per indicare noi quali sono le strade da percorrere per contrastare il declino del paese».

fonte:rassegna sindacale 


       CommentoRassegna Sindacale



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