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 Lettere a Welfare

15 Settembre, 2002
Il 60° della Liberazione a Casalmaggiore
Una riflessione di Massimo Negri sui fratelli Cervi

Cari amici di Welfare Cremona,

per il 60° anniversario della Liberazione il Comune di Casalmaggiore ha promosso Sabato 16 aprile un incontro di riflessione con Maria Cervi, figlia di Antenore, uno dei sette fratelli martiri della Resistenza e Giovanni Anversa, giornalista Rai, d'origini casalesi e noto per la sua costante attenzione alla realtà sociale contemporanea. L'Auditorium Santa Croce ha accolto un folto pubblico che ha assistito alla conversazione ed è poi intervenuto con domande ed ulteriori pensieri. Una partecipazione attiva che premia gli organizzatori e dimostra, una volta di più, l'importanza di manifestazioni nel segno della memoria e della ricerca delle radici storiche che stanno alla base della nostra Costituzione Repubblicana.

Come piccolo personale contributo al tema ho ripreso in mano una cara vecchia antologia delle scuole medie "Il Messaggio" a cura di Vincenzo Palumbo (Casa Editrice G. D'Anna). Vi ho trovato tre pagine di Italo Calvino dedicate all' eccidio dei fratelli Cervi. Una descrizione precisa, com'era nel suo stile.

Nello spazio di questa lettera desidero condividere coi lettori alcuni passaggi:

"Il 25 luglio 1943 restò famoso nella storia di Campegine per una gigantesca pastasciutta che i fratelli Cervi offrirono a tutto il paese per festeggiare la caduta del fascismo. Ma non erano venute ancora la libertà e la pace: i Cervi lo sapevano. Dopo l' 8 settembre le campagne cominciarono a popolarsi di soldati sbandati e di prigionieri stranieri fuggiaschi. L' ospitalità di casa Cervi fu uno dei fatti determinanti della loro cattura e del loro martirio, e non è un aspetto da sottovalutare nel rievocare la loro storia. In quei giorni erano a casa loro due inglesi e due russi, insieme a due italiani sbandati.

Il 26 novembre i militi che si erano avvicinati a piedi per i campi, circondarono la fattoria con uno spiegamento di forze come per una battaglia campale. Agli spari, i Cervi e gli stranieri insieme risposero con le bombe a mano e col mitragliatore che presto s' inceppò dalle finestre della casa che bruciava. E insieme uscirono a mani alzate, quando non restò più loro che la resa. I due inglesi e i due russi tornarono in campo di concentramento, e insieme a loro un partigiano calabrese che con due frasi di francese si fece passare per un prigioniero francese e si salvò la vita. L' altro sbandato italiano si chiamava Camurri, era un ex repubblichino disertore: seguì i Cervi e morì al loro fianco, al Tiro a Segno di Reggio.

Catturati e uccisi quando ancora il partigianato era ai suoi primi, difficili passi, i Cervi furono tra i primi ideatori e sperimentatori delle nuove forme di lotta, particolarmente per quel che riguarda le azioni di squadra in pianura, di cui allora non supponevano i grandi sviluppi futuri. Qui bisogna situare nella giusta luce di protagonista Aldo, il terzogenito dei figli maschi, il più istruito della famiglia. Una cosa soprattutto è caratteristica di Aldo; la sua decisione a giocare tutto per tutto si accompagna sempre alla preoccupazione di salvare i familiari. Egli non voleva che i fratelli si esponessero: c' era la campagna da mandare avanti, a fare la guerra coi fascisti e i tedeschi pensava lui, e se succedeva qualcosa era pronto a pagare di persona, ma gli altri dovevano salvarsi. E così, da arrestati, s' erano divise le parti negli interrogatori. Aldo prendeva su di sé le responsabilità e sperava di essere condannato lui solo a morte. Invece il 27 dicembre il segretario del fascio di Bagnolo fu giustiziato in una azione partigiana. La notte si riunì il tribunale speciale e il mattino dopo furono fucilati tutti e sette."

Le cronache raccontano che, poco dopo, la mamma morì di crepacuore. Il padre Alcide quando seppe della morte dei figli seppe, invece, reagire e ad infondere coraggio agli altri. Si ricorda la sua frase: "Dopo un raccolto ne viene un altro. Ma il raccolto non viene da sé, bisogna coltivare e faticare perché non vada a male. Avevo cresciuto sette figli, adesso bisognava tirar su undici nipoti. Dovevano prendere ognuno il posto dei padri, e bisognava insegnare tutto da capo !". La gratitudine alla famiglia Cervi fu espressa a nome degli italiani dall' allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che appuntò al petto di padre Alcide le medaglie d' oro alla memoria.

Cordiali saluti

Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 


       



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