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 Economia

15 Settembre, 2002
Punti fermi sui conti pubblici - di Piero Garbero
www.libertaegiustizia.it

Punti fermi sui conti pubblici
di Piero Garbero

dal sito di liberta` e giustizia (http://www.libertaegiustizia.it).

Piero Garbero, ordinario di Politica Economica all'Università di Torino ripercorre, con ironia e molta amarezza, la successione delle dichiarazioni fatte dal ministro Tremonti sulla situazione dei conti pubblici. Dimostra, con l'evidenza dei dati, che il "buco di bilancio" attribuito dal ministro al governo Amato, è un falso propagandistico, ma mette soprattutto in evidenza come gli errori di previsione e di valutazione nascondano una preoccupante inettitudine a valutare nella loro portata i dati reali dell'economia e una propensione incorreggibile a ritenere che atteggiamenti ottimistici abbiano la possibilità di incidere su un andamento congiunturale sfavorevole. Leggerezza o incapacità di guidare l'economia di un grande paese?
Il Ministro Tremonti ha nuovamente fatto fruttare il suo consistente investimento in comunicazione risalente a poco più di sedici mesi fa, quando, in una scomposta quanto inattesa apparizione televisiva sugli schermi di un telegiornale della sera, aveva fatto sapere agli italiani che il centrosinistra aveva falsificato i conti, lasciando in eredità una finanza pubblica in disordine. In particolare, per il 2001, l'"extradeficit" previsto era di 25.000 miliardi di vecchie lire e forse più. Non ho assistito alla nuova performance, ma ho appreso dai giornali che il Ministro Tremonti, dagli schermi televisivi, ha nuovamente accusato il centrosinistra - questa volta non più inaspettatamente, perché era ormai diventato un ritornello - di essere "la banda del buco". Negli ultimi tempi le cause delle visibili difficoltà del governo erano state sempre più spesso attribuite dagli esponenti della maggioranza al "catastrofismo della sinistra". Ciò aveva fatto credere che il riferimento al buco fosse stato definitivamente accantonato, ma probabilmente qualche sondaggio avrà indicato che raccontare la storiella dell'extradeficit è più pregnante e redditizio.
Vorrei proporre alcune puntualizzazioni.
Anno 2001. L'ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) del centrosinistra (quello del governo Amato del 2000, per gli anni 2001-2004) aveva previsto per il 2001 un indebitamento netto della Pubblica Amministrazione di 23.700 miliardi, pari all'1% del PIL (p. 17, Tavola III.1). Nel settembre dello stesso anno, con la nota di aggiornamento, la previsione dell'indebitamento netto era stata abbassata a 19.500 miliardi, pari allo 0,8% del PIL. Nel primo DPEF del centrodestra, presentato nel luglio del 2001 per gli anni 2002-2006, l'indebitamento netto del 2001 era stimato a 45.000 miliardi, pari all'1,9% del PIL (p. 17, Tavola II.5). La differenza tra i 45.000 miliardi di Tremonti e i 19.500 di Amato, corrispondente a 25.500 miliardi, rappresentava appunto, sancita su di un documento ufficiale, la consistenza dell'ipotetico extradeficit 2001. Dal paragone tra le due Tavole emergeva come l'extradeficit dipendesse soprattutto da una stima delle spese pubbliche più elevata di quella presentata dal governo Amato. In particolare, del documento presentato da Tremonti la spesa per interessi passivi era di 153.400 miliardi, 7.400 miliardi in più di quella stimata nel DPEF di Amato (146.000 miliardi) e 9.400 miliardi in più di quella stimata nella successiva nota di aggiornamento dello stesso governo Amato (144.000 miliardi). Questa netta revisione verso l'alto della stima degli interessi passivi era stupefacente, in quanto avveniva in un momento in cui la flessione verso il basso dei tassi di interesse internazionali era visibile e ormai consolidata da alcuni mesi. Altre spese riviste al rialzo erano le spese per i redditi da lavoro e per i consumi intermedi, per circa 20.000 miliardi, mentre la stima del totale delle entrate risultava più alta di quella di Amato di circa 5.000 miliardi (anche se al suo interno la previsione per le "entrate in conto capitale non tributarie" era rivista al ribasso per circa 6.000 miliardi).
A settembre del 2001, in sede di presentazione della Legge Finanziaria per il 2002, la grandezza dell'extradeficit era già stata ridimensionata (per circa 17.400 miliardi): da 25.500 miliardi era passata a circa 8.000 miliardi, con l'effetto di abbassare la stima dell'indebitamento netto complessivo a poco più di 27.000 miliardi, corrispondenti all'1,1% del PIL. Per trovare le motivazioni di una così drastica revisione della stima dopo meno di 3 mesi occorre consultare la Relazione Previsionale e Programmatica (RPP) pubblicata nello stesso periodo. A p. 41 della RPP si può leggere: "L'indebitamento netto delle pubbliche Amministrazioni dovrebbe attestarsi, a fine anno, intorno ai 14.000 milioni di euro (27.100 miliardi di lire), pari all'1,1% del PIL, con un miglioramento, rispetto alla precedente valutazione, di circa 9.000 milioni di euro (17.400 miliardi di lire)". Segue l'elenco delle cause all'origine di detto miglioramento. Un po' più di 8.000 miliardi dovuti a maggiori entrate e 8.000 miliardi di minori spese. Tra le varie poste correttive elencate (sia di entrata che di spesa), solo 1.000 miliardi in meno di minori spese per consumi intermedi possono essere considerati come l'effetto di nuovi provvedimenti. Tutte le altre, invece, non sono dipese da alcuna misura specifica attuata dal governo - se non i 4.000 miliardi di cartolarizzazioni su introiti per alienazioni immobiliari, i quali, nel DPEF di Amato, erano comunque stati messi a bilancio. In particolare, i 7.000 miliardi di minori spese per interessi, di cui il governo sembra attribuirsi incredibilmente il merito (in quanto nella RPP afferma essere derivate "dall'effetto combinato delle azioni correttive adottate dal Governo (sic!), del calo dei tassi, dell'apprezzamento dell'euro e di una articolata gestione delle emissioni") non sono altro che il ripristino della vecchia stima del DPEF di Amato. Dunque, in base agli stessi documenti ufficiali presentati dal Governo e senza che vi fossero state particolari misure correttive, l'extradeficit era praticamente scomparso.
Anno 2002 e seguenti. Nel "Quadro programmatico 2001-2006 per le Amministrazioni pubbliche" formulato nel 2001 il governo di centrodestra indicava un indebitamento netto dello 0,5% per il 2002 e il pareggio di bilancio per il 2003. Com'è noto, le previsioni di indebitamento sono poi progressivamente lievitate: per il 2002 sono aumentate all'1,1% nel luglio di quest'anno, all'1,9% a settembre, poi al 2,1% ed ora, per tentare di perseguire questo obiettivo, Tremonti renderà attuativo il cosiddetto decreto "blocca-spese". Quanto al 2003, per contenere l'indebitamento netto all'1,5% il governo sta approvamdo una Finanziaria che aumenta le entrate e riduce le spese per circa 40.000 miliardi di vecchie lire (20 miliardi di euro). Questo stato di cose ci sembra indicativo di tre sole possibilità: avendo avuto tutto il tempo (più di un anno) per rendersi conto della situazione della finanza pubblica, o il Ministro Tremonti non sa fare i conti e dispone di una pessima Ragioneria dello Stato, oppure li sa fare ma mente continuamente, oppure è egli stesso vittima di andamenti imprevedibili dei conti - oppure, quarta possibilità, una combinazione delle tre. Che cosa c'entra in tutto questo il governo Amato e la "banda del buco" del centrosinistra? Se l'ipotetico extradeficit fosse stato così ingente da pregiudicare i saldi futuri, il governo doveva farlo sapere, fissando altre grandezze programmatiche. Se invece il governo ha fissato i saldi programmatici indicati, con l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2003, vuol dire che i conti lasciati dal centrosinistra erano sostanzialmente in regola.
Come sempre, ad ogni difficoltà emerge la meccanica tendenza al vittimismo della maggioranza e dei loro principali esponenti. Più che alla "banda del buco" del centrosinistra, a cui si deve il risanamento strutturale dei conti pubblici che ha permesso all'Italia l'ingresso nella moneta unica europea, il peggioramento dei conti è in realtà interamente dovuto alla politica del governo e del Ministro Tremonti in particolare. Per quasi un anno ha immaginato, contro ogni evidenza, che nel 2002 l'economia potesse crescere al 2,3% - una ipotesi tenuta ferma fino allo scorso luglio - mentre il 2002 sarà un anno a crescita zero. Conteggiando sempre in lire, ogni punto in meno di crescita equivale a circa 8-10.000 miliardi in meno di entrate; se non vi è un parallelo contenimento delle spese, alla fine non potrà che emergere un aumento dell'indebitamento. Accanto a questa, vi sono state altre misure che hanno condotto a questa situazione, come l'iniziale rilasamento nel controllo della spesa sanitaria, come l'approvazione di leggi di spesa prive di copertura o "autofinanziantesi", come la Tremonti-bis, che è costata, sui due anni 2002 e 2003, circa 10.000 miliardi, o leggi di entrata che non hanno dato alcun gettito, come quella sull'emersione del lavoro sommerso nel Mezzogiorno (2.000 miliardi in meno).
Al di là di questi ultimi aspetti, pur importanti, la principale responsabilità del governo di centrodestra, netta ed osservabile da qualsiasi cittadino, è stata però quella già detta, cioè di aver costruito i conti sull'ipotesi di una crescita economica che sin dall'inizio appariva infondata, al fine di poter gestire a suo piacimento entrate e spese pubbliche in una preoccupante assenza di trasparenza. Peraltro, per uscire dall'attuale impasse, anziché accusare l'opposizione, il governo potrebbe ricercare una nuova riduzione della spesa per interessi passivi. Come si è visto, nel 2001, appena entrato in carica, in soli due mesi, da luglio a settembre, è riuscito a ridurla di 7.000 miliardi. Con l'esperienza accumulata, e con un ampio orizzonte temporale di fronte, non dovrebbe essere difficile ripetere l'operazione due volte all'anno e risolvere per sempre l'annosa questione dei conti pubblici italiani.
 


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