Il D.Lgs n. 42 del 2 febbraio 2006 ha portato novità nell’istituto della
totalizzazione. La direttiva del 2 marzo 2006 del Ministero del Lavoro rende
applicabili – con decorso dal 1° gennaio 2006 – le nuove regole, rispetto alle
quali, peraltro, introduce anche sostanziali modifiche.
La totalizzazione
Il termine nelle nuove norme previdenziali indica la possibilità dei
lavoratori, in seguito ai cambiamenti intervenuti nel loro percorso lavorativo
iscritti a più gestioni previdenziali, di unire in un unico trattamento
pensionistico i vari periodi contributivi. Possono così essere «totalizzate»:
- la pensione di vecchiaia;
- la pensione di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva;
- la pensione di inabilità;
- la pensione di reversibilità (pensione indiretta ai superstiti)
considerando utili i periodi per i quali esiste una anzianità di almeno 6
anni. Va sottolineato che tale vincolo riguarda l’ottenimento di una pensione di
vecchiaia o anzianità e che ai fini di questo diritto possono essere totalizzati
solo i periodi non coincidenti.
L’ente pagatore della pensione totalizzata è l’INPS che anticipa la somma
complessiva – ovvero anche le quote anche non di sua pertinenza, rivalendosi
sugli Enti previdenziali effettivamente interessati.
Pensione di inabilità e ai superstiti
Ai fini della totalizzazione si rispetta la regola della contribuzione minima
di 6 anni per la gestione interessata.
Tali prestazioni si ottengono, come precisa la Direttiva, in base ai
requisiti (di contribuzione, di assicurazione e di altri) richiesti dalla
gestione alla quale al momento del decesso o del verificarsi dell’evento
invalidante era iscritto il soggetto i cui eredi inoltrano all’INPS la richiesta
di trattamento di reversibilità calcolata con il nuovo metodo della
totalizzazione.
La previdenza tra pubblico e privato
Nell’alveo della previdenza pubblica, accanto all’INPS, bisogna considerare
anche le “forme sostitutive”, quali l’INPDAP (per il personale dipendente dalle
Pubbliche amministrazioni), l’ENPALS (per i lavoratori dello spettacolo e per i
professionisti dello sport), l’IPOST (per la previdenza obbligatoria dei
dipendenti delle Poste).
Alcuni enti sostitutivi della previdenza pubblica (molti dei quali di varie
categorie di professionisti) con il D.Lgs n. 509 del 1994 sono stati
privatizzati, ovvero trasformati in associazioni o in fondazioni. (Tra
queste l’INPGI (ente previdenziale dei giornalisti), ai fini del calcolo della
sua “quota” nella totalizzazione, va – eccezionalmente – considerato ente
previdenziale pubblico.)
La legge n. 335/1995 (cosiddetta “Riforma Dini”) ha poi istituito gli enti
privati per la previdenza obbligatoria di categorie (infermieri, vigilatrici
d’infanzia ecc.) con iscrizione obbligatoria in albi professionali.
La misura per gli enti previdenziali pubblici
Posto che ai fini del diritto al trattamento devono essere considerati i
periodi di contribuzione non coincidenti, ai fini della determinazione
dell’importo, le gestioni pubbliche determineranno il trattamento “pro quota” di
propria competenza, prendendo in considerazione anche i periodi di iscrizione
coincidenti.
Dalla precisazione della Direttiva si evidenzia che nei casi in cui non siano
maturati i requisiti minimi richiesti per ottenere l’autonoma pensione in una
singola gestione, per la determinazione dell’importo “pro quota” si adotterà il
sistema di calcolo previsto per l’opzione al trattamento pensionistico con le
regole del sistema contributivo (ex D.Lgs 30 aprile 1997, n. 180).
La Direttiva precisa altresì che, raggiunti i requisiti minimi per il diritto
alla autonoma pensione in una gestione degli enti previdenziali pubblici, tale
"pro quota" sarà calcolato con il sistema previsto dall'ordinamento della
gestione interessata e non con il solo sistema di calcolo di “opzione al
contributivo”.
Medesime regole vengono applicate, come sopra accennato, agli iscritti
all’Ente previdenziale dei giornalisti.
La misura per gli enti privatizzati
Relativamente agli enti previdenziali privatizzati, Nel caso in cui nella
singola gestione non si siano maturati i requisiti minimi richiesti per
il diritto alla pensione di vecchiaia, il sistema di calcolo utilizzato per
l’importo “pro-quota” sarà quello “contributivo”, tenuto conto - nel caso in cui
le anzianità contributive superino i 29 anni di contribuzione - di alcuni
parametri introdotti dal Decreto che di fatto avvicinano gli importi maturati
con tale sistema di calcolo a quelli che si sarebbero ottenuti utilizzando il
sistema di calcolo retributivo.
Qualora invece nell’ente privatizzato si maturino i requisiti minimi
richiesti per il diritto a pensione di vecchiaia, il sistema di calcolo del
“pro-quota” seguirà le regole previste dalla gestione dell’ente stesso.
La misura per gli enti privati
La misura del trattamento “pro-quota” a carico degli enti previdenziali
privati è determinata - applicando i coefficienti di trasformazione previsti -
secondo il sistema di calcolo vigente nei rispettivi ordinamenti. Ovvero: per il
calcolo del “pro-quota” si seguiranno in ogni caso le regole previste dalla
gestione dell’ente e non si tiene conto della maturazione o meno dei requisiti
minimi richiesti per il diritto alla pensione.
Fonte: Caaf Cgil Cremona, Lodi e Pavia