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 Storia Cremonese

15 Settembre, 2002
Farinacci Roberto : Il Ras di Cremona
« I1 fascismo fu fenomeno provinciale e come tale prese aspetti diversi a seconda delle esigenze immediate dei paesi dove cause diverse generarono e mentalità differenti.....

Farinacci Roberto (1)

 

(Isernia 1892 - Vimercate 1945). Politico italiano. Interventista, tra i fondatori dei Fasci di combattimento, guidò lo squadrismo fascista nel cremonese. Deputato dal 1921, fu segretario del Partito nazionale fascista dal 1925 al 1926. Alla caduta del regime, nel 1943, appoggiò Mussolini e si schierò per l'alleanza con i tedeschi. Fu fucilato dai partigiani.

 

La giovinezza

Figlio di un commissario di pubblica sicurezza, a otto anni seguì la famiglia al nord, a Tortona in Piemonte prima, quindi a Cremona. Lasciò presto la scuola per cercarsi un lavoro, che trovò all'età di 17 anni nelle ferrovie di Cremona; sarebbe restato ferroviere per 12 anni a Malagnino.

 

In seguito riuscì a conseguire in breve tempo la licenza liceale e, grazie all'aiuto del prof. Alessandro Groppali, ricevette la laurea in legge con una tesi di cui si è sospettato che fosse stata copiata.

 

Si avvicinò giovanissimo alla politica e si occupò della riorganizzazione del sindacato contadino socialista. Nel frattempo iniziò a collaborare con Il Popolo d'Italia di Benito Mussolini. Subito dopo la Prima Guerra Mondiale, alla quale partecipò come volontario, abbandonò il gruppo socialista di Bissolati per avvicinarsi al movimento fascista. Nello stesso anno (1919) fondò con Mussolini e altri fedelissimi i Fasci di Combattimento.

 

La crescita nel partito

Nel 1921 fu eletto alla Camera dei Deputati ed operò, insieme ad Achille Starace per una massiccia campagna di propaganda nel Trentino-Alto Adige. Nel 1922 fondò il giornale "Cremona Nuova" in seguito chiamato, nel 1929, "Il Regime Fascista".

 

Farinacci, conosciuto a questo punto anche come il ras di Cremona, organizzò il partito nelle zone rurali della "bassa padana", e divenne esponente di spicco della linea estremista e brutale collegata agli agrari del nord Italia, incoraggiando la violenza dello squadrismo al punto da essere più volte ripreso dallo stesso Mussolini, al quale pesavano non poco, sotto un profilo di immagine, gli eccessi che gli squadristi compivano in momenti spesso politicamente inopportuni.

 

Manganello ed olio di ricino, ma non solo.

Parallelamente, e con molte analogie, cresceva in Romagna la figura di Dino Grandi, che dello squadrismo di quelle aree era già indiscusso leader: i due si sarebbero presto trovati in contrasto per la supremazia sulle frange violente del movimento prima e del partito poi. Ma mentre Grandi aveva già intrapreso su di sé un lavoro di sgrossatura che ne avrebbe presto fatto un fine diplomatico ed in pratica il gestore della politica estera italiana, Farinacci preferì dedicarsi alla leadership ed alla gestione di questa vasta componente; taluni hanno peraltro ipotizzato che il cambio di rotta di Grandi possa essere stato effetto di un accordo fra i due, eventualmente con la benedizione del Duce (con cui Grandi si era da poco definitivamente accordato riconoscendogli il comando in capo del movimento).

 

Lo squadrismo, del resto, ben si addiceva al carattere sanguigno di Farinacci, che pur essendo indubbiamente più che portato per la politica, la interpretava comunque con riferimenti di fisicità che solleticavano e sollecitavano il lato violento del regime. Fu in questa caratteristica che la sua figura venne distinguendosi sempre più visibile nel partito, venendo identificato, tanto dai fascisti quanto dagli oppositori, come il principale fornitore dei manganelli e dell'olio di ricino che segnarono il riflesso pratico della dialettica politica di quei frangenti.

 

La violenza squadrista che Farinacci praticamente promuoveva ormai scopertamente, legò inoltre il nome di questo gerarca all'omicidio Matteotti nel 1924.

 

I vantaggi del delitto Matteotti

Se da un lato non mancano congetture circa un suo diretto coinvolgimento diretto ed operativo nel sequestro e nella successiva eliminazione del parlamentare socialista (fu peraltro il difensore di Amerigo Dumini, uno degli imputati del relativo processo), le conseguenze politiche dell'accaduto lo riguardarono anche più da vicino. Dopo averlo incontrato, Mussolini, come noto, rivendicò a sé la responsabilità politica dell'omicidio, esplicitando nel famoso discorso alla Camera il riconoscimento dello squadrismo, ammettendo pertanto apertamente che il fascismo considerava (e non più smentiva) i suoi violenti militanti come una delle componenti del partito, legittimando con questo il loro capo alla piena rilevanza politica.

 

Fu strumentale, molti convengono, tale riconoscimento dello squadrismo all'instaurazione della dittatura, e dunque la situazione di crisi apertasi con il delitto veniva risolta con un ingente vantaggio per il partito. Di tale vantaggio, che non è agevole dire quanto davvero espressamente cercato in questa forma, Farinacci sarebbe stato remunerato con la segreteria del Partito Nazionale Fascista, ufficio che resse dal 1925 al 1926, e con l'ammissione di fatto al gruppo dei politici più importanti.

 

Questo non sanava una contrapposizione che sempre avrebbe diviso Farinacci dal suo Duce, che egli riconosceva come capo, stimava ed amava, ma che rimproverava (anche pubblicamente, e non solo per propaganda) di essere eccessivamente liberale e morbido, costantemente ponendoglisi in controscena nel produrre proposte "più decise" ogni volta che Mussolini gli pareva poco incisivo (ed accadeva spesso).

 

Molti nemici, molti guai

Dopo le dimissioni da segretario, rinuncia assai gradita a Mussolini, i rapporti con gli altri gerarchi si deteriorarono, in particolare con l'influentissimo Federzoni, ma ebbe screzi anche con Italo Balbo e Giuseppe Bottai, pregiudicandosi la possibilità di raccogliere supporto da terzi nelle sempre più difficili relazioni col vertice.

 

I modi, certamente, non erano il suo punto forte, se nelle sue lettere arrivava ad offendere e addirittura minacciare velatamente il Duce forse oltre le sue stesse intenzioni (v.) (il Duce, comunque, per non rischiare, rispose per le rime). Ed i suoi modi riuscirono anche a provocare uno stallo di diversi mesi nel lavoro diplomatico che il regime andava intessendo con la Chiesa cattolica per l'elaborazione del noto trattato che avrebbero sottoscritto nel 1929.

 

In ogni caso, dovendosi consolidare il regime e per questo scopo ampliare il consenso, si ebbe poco tempo dopo una sorta di epurazione interna delle componenti squadristiche, riducendo al contempo, anzi decimando, il potere rappresentativo di Farinacci. Questi tentò di ostacolare la manovra, ed anzi contestò la creazione della Milizia, nella quale sarebbero dovuti confluire i "suoi" squadristi, cercando di indurre alle dimissioni alcuni dei suoi neo-nominati dirigenti; Mussolini gli inviò allora il quadrumviro Emilio De Bono che, con in mano un mandato di cattura a lui intestato, seppe essere molto persuasivo.

 

Il "ras" si rituffò perciò - o forse si dedicò sul serio - alla professione forense, costruendo sulla sua figura l'immagine di uno dei Grandi del fascismo dedicatosi, Cincinnato padano, ai suoi campicelli della politica di provincia. In questa veste si volse ad assicurare al partito consenso e popolarità, raggiungendo risultati che Roma considerava molto positivamente; si consideri che il suo giornale, ora chiamato "Il Regime Fascista", a diffusione limitata all'Italia settentrionale, arrivò a vendere più copie del "Popolo d'Italia".

 

Ma non tutti i suoi entusiasmi erano condivisi a Palazzo Venezia: il giornale seguiva una linea in un certo senso indipendente, sempre protesa verso soluzioni drastiche ed energiche là dove Mussolini si muoveva con diplomazia e prudenza, costituendo il foglio d'opinione di una sorta di vera e propria opposizione interna al partito unico.

 

Il fascista non allineato

La posizione contestataria era talmente smaccata che anche la polizia, in occasione dell'attentato a Mussolini a Bologna, volle verificare che non vi fossero coinvolgimenti dei fascisti di Farinacci e quando qualche interrogato ne fece il nome, solo il personale intervento di Mussolini lo salvò da misure di sicurezza preventive.

 

Meno ancora piacque al regime l'evocazione giornalistica dello "scandalo Belloni" (1928): Ernesto Belloni, podestà di Milano, fu indicato come il pricipale attore di una sorta di Tangentopoli ambrosiana nella quale i vizi privati si mescolavano alle pubbliche malversazioni. Insieme al notissimo federale Mario Giampaoli, la cui vita di lussi e spese folli era ulteriormente impreziosita dalla passione per il gioco d'azzardo, il Belloni aveva costruito una rete fittissima di rapporti "privilegiati" con industriali ed affaristi sino al punto di essersi garantito una maxi-tangente ritagliata da un colossale prestito erogato al Comune di Milano (circa 30 milioni di dollari degli anni '20).

 

Lo scandalo esplose intorno ad un memoriale scritto da Carlo Maria Maggi, precedente federale di Milano e protetto di Farinacci, che fu pubblicato sul giornale cremonese. La vicenda suscitò immediatamente un certo nervosismo da parte di Mussolini, che la seguiva attentamente, conscio della potenziale grave lesione all'immagine del nuovo stato fascista. Il Duce, è stato sostenuto, avrebbe premuto per tacitare la vicenda, ma le pubblicazioni continuarono, in aperta polemica con i vertici romani.

 

Giampaoli, invece, avrebbe per tutta risposta commissionato l'omicidio di Farinacci, per un soldo di 2.000 lire; non tardò Farinacci a trovare documenti che provavano la manovra e con questi si presentò personalmente al Duce. La pubblicazione, però, aveva destato l'attenzione della magistratura che, probabilmente perché non era più possibile diversamente, aprì nel settembre 1930 un pubblico processo (che avrebbe confermato le accuse). Mussolini aveva destituito Giampaoli prima del processo, ma anche il Maggi fu allontanato.

 

A Farinacci si chiusero le porte della politica "importante" per molti anni ed il suo giornale fu successivamente di tanto in tanto oggetto di "dispettose" censure, sequestri, ammonimenti. E forse - è stato detto - ebbe anche fortuna non avendo patito altre conseguenze (oltre all'emarginazione) quando attaccò Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, del quale insinuò senza prove che avesse ottenuto finanziamenti occulti per "il Popolo d'Italia".

 

La riammissione alla politica

Con la guerra d'Etiopia, "il selvaggio Farinacci" (com'era affettuosamente chiamato dai suoi fedelissimi) partì volontario della Milizia con i bombardieri di Galeazzo Ciano, nuovamente insieme a Starace (per il quale aveva nel frattempo maturato un disprezzo assoluto). Raggiunse il grado di generale; perse la mano destra per un incidente occorsogli mentre pescava con le bombe in un lago africano, ma fu passata per ferita bellica e ne ottenne un vitalizio (devoluto però in opere di beneficenza). Con un'incisività che il suo carattere non rendeva ingiustificata, fu in seguito velenosamente chiamato "la mano destra di Mussolini".

 

L'esperienza africana gli valse comunque una rivalutazione intanto sotto il profilo militare. Inviato come osservatore militare in Spagna durante la guerra civile spagnola, le sue relazioni furono tecnicamente assai lucide, delineando un quadro prospettico che gli eventi successivi avrebbero confermato.

 

Anche in politica, la sua voce riguadagnò un certo ascolto e quando i tedeschi cominciarono a trasudare desideri bellici, Farinacci giocò un ruolo certamente influente, ma che ha prodotto interpretazioni talvolta divergenti fra gli osservatori.

 

Strinse amicizia con alcuni gerarchi del nazismo, come Goebbels, avvicinandosi ad alcune posizioni della dittatura tedesca che nella sua visione si era mantenuta più "pura", senza scadimenti borghesi. Poco dopo avrebbe incontrato Hitler, al quale avrebbe espresso questi suoi dubbi. Secondo alcuni, Mussolini avrebbe deciso di sfruttare queste aperture di Farinacci per affidargli punitivamente (ma con gradimento dell'interessato) i ruoli insostenibili e del tutto impopolari dell'introduzione delle leggi razziali, che seguivano di poco la sottoscrizione del patto d'acciaio. Secondo altri, Farinacci avrebbe premuto per potersene occupare, convinto della loro opportunità politica.

 

La guerra

Farinacci fu di fatto un convinto sostenitore della necessità di entrare in guerra e quando nel 1939 l'Italia traccheggiava, rinviando le decisioni, assunse posizioni talmente accese che le si dovette spegnere con sequestri del suo giornale, controlli di polizia (fu in pratica seguito come un sovversivo) e faticosissimi richiami all'ordine di scuderia. Quando poi la guerra fu dichiarata, Farinacci si diede al minuzioso controllo dei potenziali traditori, alla caccia dei doppiogiochisti e delle spie, inoltrando decine di rapporti su decine di (da lui) sospettati.

 

Nel 1941 fu inviato in Albania, dove alcune relazioni sul personale e sull'organizzazione dell'esercito, ingenuamente ma fedelmente indicanti imbarazzanti e pericolose magagne, dovettero essere intercettate e censurate prima che potessero cagionare danno. Su Pietro Badoglio, e soprattutto sui suoi difetti, invece aveva inviato relazioni di grande esattezza, che furono forse la causa principale delle sue dimissioni.

 

In qualche modo informato con circa un mese di anticipo della fronda che andava preparando il noto ordine del giorno del 25 luglio 1943, volle metterne al corrente Mussolini, che non diede peso alla segnalazione; cercò allora di far pervenire la notizia a Hitler, ma non fu creduto. Alla seduta del Gran Consiglio si astenne, dopo aver criticato la mozione, ma avendo subito dopo replicato sostenendo in pratica le medesime cose sostenute da Grandi: poteri al Re. La stessa sera fu rifugiato nell'ambasciata tedesca ed il giorno successivo sarebbe stato trasferito a Monaco.

 

Dopo l'8 settembre

Si è detto che i tedeschi, prima di insediare Mussolini a Salò avessero pensato a Farinacci come capo della Repubblica Sociale Italiana.

 

La candidatura, di cui molti storici hanno parlato, ma con esiguità di riscontri, sarebbe caduta sia per la mancanza di carisma di Farinacci, sia per la sua radicalità, che lo avrebbe reso di difficile controllo per tutti quegli aspetti diplomatici che la carica avrebbe comportato. Si sapeva inoltre che Farinacci era in fondo un oppositore del Duce, e che la sua posizione era tanto distinta da quella di Mussolini da poter connotare il nuovo organismo come cosa diversa dal fascismo che gli italiani conoscevano. Non si riscontra affatto, invece, la tesi avanzata di recente per la quale Farinacci avrebbe egli stesso declinato l'offerta perché - si sostiene - deluso dalla volontà germanica di controllare completamente la nuova repubblica senza rappresentatività italiana.

 

Rientrato in Italia, si vide "scippare" il controllo del suo giornale, trasformato in un foglio di propaganda tedesca, e visse a margine della RSI, scampando il processo di Verona per la personale intercessione di Mussolini che, malgrado Farinacci avesse presentato una mozione in tutto simile a quella di Grandi, non gliene fece colpa.

 

Venne giustiziato dai partigiani a Vimercate il 28 aprile 1945.

 

Curiosità

Tra le curiosità, il 28 settembre 1924 fu ferito in duello dal principe Valerio Pignatelli.

 

Si dice fosse legato alla massoneria Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani

 

Fonte: http://it.wikipedia.org/

 

Farinacci Roberto ( 2)

 

Figlio di un commissario della Pubblica sicurezza; ferroviere, poi giornalista e avvocato. Socialista riformista seguace di Bissolati, interventista e volontario di guerra. Corrispondente cremonese del "Popolo d'Italia". Sansepolcrista, comandante delle squadre d'azione di Cremona, segretario della federazione provinciale, incluso nel novembre 1919 nel comitato centrale fascista. L'elezione alla Camera nel 1921 non è ratificata per mancanza del requisito d'età.

 

Nell'estate del 1921 è fra i più decisivi avversari della pacificazione con i socialisti.

 

Il 1° Marzo 1922 fonda il quotidiano "Cremona Nuova", del quale è direttore. Nel corso dello stesso anno, svolge un'intensa attività squadristica. In luglio guida la marcia su Cremona e si proclama sindaco, ottenendo la caduta dell'amministrazione comunale e la nomina di un commissario prefettizio di suo gradimento.

 

Dopo la marcia su Roma propugna l'inserimento nello Stato della "rivoluzione fascista", per "legalizzare l'illegalismo fascista"; teorizza il ruolo direttivo del PNF quale espressione autentica dello squadrismo e principale strumento di attuazione della politica totalitaria.

 

Laureatosi in Giurisprudenza nel Dicembre 1923 senza aver sostenuto esami apre uno studio legale specializzato nella difesa di squadristi omicidi, ottenendo spettacolari assoluzioni di imputati la cui consapevolezza appare manifesta.

 

Il 6 aprile 1924 è eletto alla Camera. Durante la crisi Matteotti preme su Mussolini per una prova di forza con le opposizioni: Nella seconda metà del 1924 promuove diversi raduni squadristici auspicanti la "seconda ondata"; assunta il 24 luglio la difesa di Dumini, gestisce in chiave politica il processo agli assassini di Matteotti, con esiti di sostanziale impunità.

 

Dal 12 febbraio 1925 al 30 marzo 1926 è segretario generale del PNF: un anno decisivo per il consolidamento della svolta autoritaria, caratterizzato dal processo di avanzata fascistizzazione della stampa, della burocrazia, delle rappresentanze sindacali.

 

Fu deputato (1924-1939) e consigliere nazionale (1939-1943).

 

Convinto sostenitore dell'alleanza con la Germani nazista, il 25 luglio presenta al Gran Consiglio una mozione in tal senso e poi si rifugia all'ambasciata tedesca, facendosi quindi inviare a Monaco.

 

Aderisce alla RSI; crollate le linee difensive germaniche fugge da Cremona verso la Svizzera, ma i partigiani milanesi lo catturano e dopo un giudizio sommario lo fucilano a Vimercate il 28 aprile 1945.

 

Fonte: www.enrichouse.p2pforum.it/Farinacci

 

 

Farnacci Robero (3) : Il Ras di Cremona

« I1 fascismo fu fenomeno provinciale e come tale prese aspetti diversi a seconda delle esigenze immediate dei paesi dove cause diverse 10 generarono e mentalità differenti 10 crearono » so.

Nonostante la potente personalità di Mussolini e la rigida struttura centralizzata che a lui faceva capo, i « ras », gli organizzatori delle squadre di provincia, mantengono una loro caratteristica e danno al fascio, una impronta personalistica, determinata dalle esigenze del potere economico locale che finanzia e pretende il totale asservimento ai propri interessi delle squadracce che rappresentano l'unica realtà politica del movimento in provincia.

Più che di un movimento nazionale si può parlare di « una unione di realtà locali, spesso minate da profondissime rivalità latenti » 51.

A Cremona la figura del « ras » viene bene interpretata da Roberto Farinacci, ferroviere, che immigrato giovanissimo da Isernia nel Molise, e conquistato dal fascino di Leonida Bisso- lati, espulso al congresso di Reggio Emilia per iniziativa di Mussolini.

La sua attività politica, agli inizi, si svolge nelle campagne cremonesi in un quadro di riforme e di graduale conquista dei diritti delle masse agricole.

La comunione politica tra Farinacci, riformista e legalitario, e Mussolini, intransigente e violento, avviene sulla base della lotta per l'interventismo e si sviluppa al termine del conflitto nella costituzione dei fasci di combattimento, dei quali Farinacci diviene a Cremona l'esponente più rappresentativo.

Egli « cemento tutti i rancori cittadini e ne fece un bel fascio di lazzaroni » 52, divenendo cosi il supremo capo del fascismo cremonese al quale gli agrari si rivolsero per ottenere i servizi e l'aiuto politico di cui avevano bisogno per combattere le leghe contadine. Unico avversario degno di rilievo all'interno della direzione provinciale fu Sigfredo Priori, portavoce dell'ala dei fascisti patrioti in concorrenza con Farinacci rappresentante dell'agrarismo.

L'uccisione di Priori, avvenuta a Pieve d'Olmi il 6 settembre 19l1, uccisione della qua.le non e ben nota la dinamica, risulto a tutto favore del programma di Farinacci imperniato sulla completa distruzione delle organizzazioni proletarie e sulla ripresa della « iniziativa squadristica agraria » 53, in quel periodo in leggero calo a causa delle posizioni moderate assunte da Mussolini.

La ripresa squadristica s 'inquadra nella esigenza di radicalizzazione dello scontro volta verso la completa conquista della provincia. Farinacci « sa che non diventerà il ras della sua terra se le: organizzazioni dei socialisti e dei migliolini non si sfaldano e se le autorità locali non si piegano » 54. Così a Bologna, il 16 agosto, si troverà a fare da portavoce degli agrari padani in un congresso fondato essenzialmente sulla componente rurale del fascismo per difendere gli interessi dei ceti terrieri e redditieri più scopertamente conservatori e reazionari.

Egli diviene J'uomo che saprà imporre la svolta intransigente al congresso di Milano nel novembre del 1921, e l'uomo che alfine riuscirà a prevalere, armi alla  mano, sulle amministrazioni della provincia di Cremona, e l'uomo che con la base economica agraria a11e spa11e riuscirà, più di una volta a spingere Mussolini verso scelte sempre più irrevocabili.

Al congresso di Milano del novembre 1921 Mussolini riesce ad evitare la discussione sul trattato di pacificazione 55 dividendo l'opposizione attraverso una iniqua distribuzione di incarichi alla direzione del nuovo partito Nazional Fascista creando insanabili dissidi tra le figure più rappresentative de11'opposizione. Da11a direzione furono esclusi in particolar modo i « ras », accolti soltanto nel comitato centrale con due elementi « neppure fra i più rappresentativi. I1 grande battuto fu in particolare Farinacci che rimase escluso da entrambi gli organi dirigenti » 56 e perciò la sua opera si fece ancora più decisa, ne11'intento e ne11a convinzione di guadagnare con la violenza il diritto ad un posto ne11a direzione del partito.

Tanto feroce ed incisiva fu la sua azione che gli agrari cremonesi profusero ne11 ' opera da lui condotta un grande impegno economico finanziario anche il quotidiano « Cremona Nuova » di cui egli ne fu il direttore e il capo in assoluto 57.

 

FASCISMO POLITICO E FASCISMO SQUADRISTICO

 

I primi mesi del 1922 furono caratterizzati da un leggero riflusso dell'azione squadristica dovuto, più che alla circolare di Bonomi ai prefetti che in occasione del delitto Boldori invitava ad una energica azione e « deplorava l'indulgenza colpevole delle autorità verso le persone che, sole o in squadra giravano arma- te» 58, al grande dibattito tra fascismo « politico » e fascismo « squadristico » che andava sviluppandosi all'interno del P.N.F.

Mentre in un primo tempo :« l'opinione pubblica borghese aveva accolto l'offensiva fascista con sollievo) spesso con gioia e, aveva visto in essa la « reazione liberatrice » al predominio « bolscevico », la fine dell'incubo della rivoluzione » 59, dopo la meta del '21 alcuni settori della borghesia ritenevano spropor- zionata e ingiustificata l'azione delle camicie nere e premevano per una politica più moderata del movimento fascista.

Mussolini avverti il pericolo del mutamento dell'opinione pubblica e in occasione del consiglio nazionale del 4 aprile 1922 illustro la posizione isolata del p .N.F .per dissuadere il fascismo « squadristico » dal prendere iniziative eversive che avrebbero avuto effetto di isolare ulteriormente il movimento e di veder imposta la volontà degli elementi squadristi « agli elementi dirigenti politici del fascismo » 60.

Ma la scelta del fascismo era ormai una scelta obbligata dalla precarietà e debolezza dei governi Bonomi prima e Facta poi che avevano come unica alternativa costituzionale un ripiego verso le forze della sinistra e soprattutto dall'impossibilita di tener a freno le camicie nere di provincia che a Cremona nel maggio e nel luglio del 1922 dettero prova di risolutezza e decisione tanto da mettere a repentaglio l'autorità di Mussolini, che fu costretto ad un'improvvisa svolta intransigente per non perdere l'appoggio delle squadre di Farinacci e dei « ras ».

Nel pieno delle lotte contro le amministrazioni locali, a Cremona si sviluppa un movimento squadristico di tale portata da considerarsi determinante per la caduta del primo ministero Facta.

In occasione del primo maggio la preventiva occupazione militare della provincia da parte di 14 squadre fasciste 61 mette in condizione l'autorità di vietare qualunque corteo lasciando, pero, all'atto pratico il formarsi di una manifestazione fascista.

Il 7 maggio socialisti, comunisti e popolari, uniti nell'« Alleanza del lavoro » autorizzati dal prefetto scendono in piazza per celebrare posticipatamente la festa dei lavoratori. La manifestazione riesce compatta nonostante la presenza di gruppi fa- scisti che tentano « di impedire il corteo » 62.

« Fu l'ultima manifestazione di massa del proletariato cremonese eretto contro la tirannide fascista » 63.

Nelle campagne vengono portati gli ultimi assalti alle organizzazioni di classe che vedranno il dissolversi degli organismi sindacali dopo il conflitto di Gadesco del 19 maggio, avvenuto fra fascisti e comunisti che rivendicavano il rispetto delle 8 ore di lavoro giornaliere 64.

L 'abolizione del « Lodo Bianchi » come ultimo patto colonico, determino l'enorme sviluppo dei « sindacati economici » che avevano trovato nel1a coercizione e nel1e minacce di disoccupazione del nuovo patto concordato L’ ll aprile un'arma potentissima per la loro affermazione e per l'affermazione del fascio cremonese 65.

 

Dl FRONTE ALLO SClOPERO  LEGALlTARlO

 

Nel luglio il movimento di Farinacci raggiunse l'apice de1la sua espressione attraverso una serie di azioni rivo1te « contro 10 stato liberale e parlamentare, contro il governo » 66 e ne1la pro-spettiva di una gestione fascista del potere.

L ' occupazione del municipio da parte de1le camicie nere avvenuta il 4 luglio aveva provocato un'inchiesta governativa che vedeva coinv01te le autorità cremonesi che avevano mostrato tendenze filofasciste in que1l'occasione 67. La reazione del fascio cremonese costituitosi in Comitato d'azione fu immediata e si articolo in varie manifestazioni di protesta che culminarono ne1la occupazione de1la prefettura e ne1la devastazione de1la casa del l'on. Migli1i .

La crisi ministeriale seguita ai fatti di luglio diede ai fascisti cremonesi e de1le province l'impressione che fosse giunto il momento per una s01uzione di forza da apporsi al Parlamento ed ai partiti costituzionali che non erano più in grado di trovare una formula governativa senza l'appoggio dei socialisti 0 dei fascisti 69. « La crisi, dopo aver girato su se stessa per una decina di giorni, si ris01ve lasciando Facta al suo poStO, con la sua vecchia formazione ministeriale » 70 il 31 luglio; 10 stesso giorno in cui l' A1leanza del lavoro proclama 10 sciopero generale definito da Turati « legalitario » per Sott01inearne il carattere antifascista, antieversivo e v01to al ristabilimento de1le garanzie costituzionali. E' questa l'ultima prova del pro1etariato italiano che a Cremona, sebbene duramente colpito nei suoi organismi operai darà, soprattutto con l'accentuata astensione dal lavoro dei fer-rovieri una dimostrazione di sincero e coraggioso spirito democratico.

Le camicie nere cremonesi mobilitate per fronteggiare 10 sciopero, ormai espugnata Cremona, dietro precisi ordini di Mus- solini, dirottano la loro azione su Milano dove partecipano attiva- mente alla distruzione dell'« Avanti » e su Parma dove una centuria al comando di Farinacci « viene accolta -a Porta Garibaldi- a moschettate e a colpi di bombe a mano »  dagli Arditi del Popolo.

Cremona, ormai in pugno ai fascisti, si presenta come un feudo di Farinacci e le forze popolari, socialiste, e comuniste, disarmate e colpite nelle loro organizzazioni non sono più in grado di opporre alcuna valida resistenza 72. Vengono occupati paesi dove ancora esiste qualche forma di resistenza 73 e sono messi al bando Miglioli e Garibotti colpevoli di non essersi piegati completamente al fascio e al suo duce locale Farinacci .

 

LA PRESA DEL POTERE

 

II 13 e 14 agosto il Comitato centrale fascista si riunisce a Milano dove vengono messe in luce le possibilità insurrezionali verificate nella « mobilitazione fascista realizzata nel giro di  quarantottore contro 10 sciopero dell'Alleanza del lavoro con l'obiettivo di esautorare i residui poteri dello Stato » 75.

Farinacci e il grande sostenitore dell'immediatezza dell'azione « 0 seguendo le vie legali 0 ricorrendo a quelle illegali » propendendo insieme a Balbo e Bianchi per la via insurrezionale. La conquista del potere a breve scadenza per il « ras » di Cremona e di vitale importanza per il successo del fascismo. II pericolo che la grande massa dei contadini forzatamente inquadrati nei sindacati fascisti abbia difficoltà a trovare lavoro con l'imminente inizio dell'annata agraria, perdendo cosi la fiducia nel Partito Nazionale Fascista che solo con la presa del potere potrà soddisfare le esigenze dei propri iscritti, e uno dei motivi fondamentali della fretta di Farinacci e « di una febbrile attivita di preparazione delle forze fasciste » 77 che ne consegue.

I1 24 settembre a Cremona, Mussolini passa in rassegna le squadre organizzate militarmente e, plaudendo alle capacita di Farinacci, pronuncia un discorso « preinsurrezionale » additando Roma come meta della marcia fascista 78.

A dimostrazione della superiorità dello stato fascista, il 2 ottobre le camicie nere convengono a Bolzano e a Trento gUidate da Farinacci, Giunta, Starace e De Stefani ed impongono le di. missioni « del governatore del Trentino-Alto Adige, senatore Credaro, reo di aver assolto con equità il delicato compito di amministrare una regione di popolazione mista 79,

I1 9 ottobre Farinacci e Balbo concernono un'azione comune per l’ occupazione di Parma che viene sospesa da Mussolini il quale propone obiettivi più vasti e fa intendere che il momento e vicino 80,

Tale proposito viene confermato da Farinacci in un'intervi- sta al « Giornale d'Italia » con la quale egli esclude ogni possibilità di trattativa collaborazionista da parte del fascismo 81.

Nel Consiglio nazionale convocato a Napoli il 24 ottobre viene confermata la potenzialità e la disponibilità del movimento per una soluzione di forza, per cui, dopo aver fatto chiaramente in- tendere la propria apertura verso la monarchia 82, Mussolini la sera del 26 riunisce a Roma i dirigenti del P,N,F, e prepara il piano per l'occupazione della città 83.

Farinacci, incaricato della presa di Cremona, giuntovi la mattina del 27 ottobre organizza l'azione decisiva: al1e ore 18 del giorno stesso ordina l'occupazione del1a città, i primi assalti sono rivolti contro le caserme dei carabinieri e gli uffici pubblici, mentre su Cremona convergono tutte le squadre che in provincia non hanno praticamente trovato resistenza ed hanno provveduto con facilita al1a conquista del1e caserme ed al disarmo dei carabinieri.

Durante l'assedio del1a Prefettura giungono da Perugia ordini di rimandare l'azione di 24 ore, ma Farinacci, risoluto, pone Mussolini di fronte all'impossibilita di fermare il corso degli eventi 84 e prende d'assalto la Prefettura difesa dalle guardie regie che, avendo avuto in un primo tempo ordine di resistere, aprono il fuoco ed uccidono tre fascisti e ne feriscono tanti altri.

La mattina del giorno seguente in città viene affisso un manifesto che invita l'esercito a non ostacolare l'azione delle camicie nere mentre il quadrunvirato lancia alIa  nazione il proclama del1a marcia su Roma. Il colonnel1o Petrini cui erano passati i poteri civili e militari, ormai privo di comunicazioni e di ordini ufficiali, dopo un breve incontro con Farinacci, decide di abbandonare ogni resistenza e di rassegnare nel1e mani del duce del fascismo cremonese tutti i poteri permettendo ai fascisti di occupare la Prefettura e la città

Col 28 ottobre 1922 si chiudeva il ciclo del1e violenze illegali del fascismo cremonese per confondersi con le violenze legalizzate che il regime avrebbe attuato in tutta Italia.

 

Fonte:

-Autore: Pier Luigi Rotelli

-Editore: Ecap-CGIL Cremona 1975

-Titolo: 1919-1922: lo scontro tra fascismo e movimento contadino ed operaio nel cremonese.

- i brani tratti vano da pagina  79 a pagina 84

 

Roberto Farinacci (4)

 

Il ruolo di Farinacci nella istituzione Provincia di Cremona.

 

1922 .La commissione Reale e la Presidenza Farinacci

 

Nell’ottobre 1922, dietro pressioni del gerarca fascista Roberto Farinacci, il Consiglio provinciale venne sciolto e la Provincia viene governata da una “Commissione Reale per l’Amministrazione straordinaria” il cui presidente fu dapprima il vice prefetto Piero Montanari e successivamente il suo collega Antonio Martani.

 

Il 25 febbraio 1923 vennero indette le elezioni e Roberto Farinacci fu eletto, in data 8 aprile 1923, presidente del Consiglio provinciale, incarico che mantenne fino al 1929.

Nello stesso periodo furono eletti presidenti della Deputazione provinciale: Adelchi Barbieri (8/4/1923), Pietro Montanari (22/12/1924) e Stefano Foletti (maggio 1926).

 

A seguito della riforma delle amministrazioni provinciale voluta dal regime fascista, il 4 marzo 1929 il Consiglio Provinciale venne sciolto e venne istituita la carica di “Presidente del Rettorato Provinciale” di nomina governativa mentre il “Rettorato provinciale” (corrispondente al precedente Consiglio provinciale) era di nomina ministeriale.

 

Il rettorato provinciale restò in funzione fino all’inizio del 1944 allorché venne sostituito da un commissario nella persona dell’ingegner Francesco Gambazzi.  

 

 

Roberto Farinacci ( 5)

 

Farinacci fa arrestare Giudo Miglioli.

 

Miglioli non era uno che rispettava le regole della clandestinità, per cui dal rifugio dove si trovava, e dove stava lavorando al libro Con Roma e con Mosca, comunicava con i suoi "amici" di Cremona, Soresina e Castelleone quasi regolarmente.

Non fu quindi difficile ai fascisti individuare il rifugio, farlo uscire con uno stratagemma, caricarlo a forza su una automobile e portarlo a Cremona davanti a Farinacci, di cui praticamente rimase prigioniero e ostaggio sino al 25 aprile 1945.

 

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** materiale raccolto ed organizzato da Gian Carlo Storti, cremona 10 agosto 2006

 

 

 


       



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