15 Settembre, 2002
Liuteria Cremonese, breve storia
CENNI DI STORIA DEL PERIODO CLASSICO DELLA LIUTERIA CREMONESE (1505-1744).
CENNI DI STORIA DEL
PERIODO CLASSICO DELLA LIUTERIA CREMONESE (1505-1744).
Premessa
Presso l’università del South Dakota, nella cittadina di
Vermillion, sorge l’America’s National Music Museum che custodisce 17 preziosi
strumenti fra Stradivari, Amati, Guarneri, Bergonzi e Storioni. Qui, l’anno
scorso, in occasione del cinquecentenario della nascita di Andrea Amati si è
svolto il simposio internazionale “Segreti, vita e violini dei grandi liutai
cremonesi, 1505-1744”.
Il tema più interessante attorno a cui gli interventi dei relatori si sono
alternati è stata la domanda: ”Perché Cremona e non la più prosperosa Venezia?”
L’ipotesi più accreditata è stata che gli Amati e gli altri facevano ricerca
fondamentale in geometria, applicata sul violino stesso, sia per migliorare la
sonorità acustica che l’estetica; inoltre sono stati chimici geniali in grado
di conferire agli strumenti gioventù e bellezza per secoli.
In conclusione il segreto dei liutai cremonesi sembra sia
stata la scienza. Il
fondatore di questa liuteria “di lusso”, che affermò la supremazia della città
di Cremona nel mondo per una durata di un secolo e mezzo, è stato Andrea Amati.
LE FAMIGLIE CHE
CONTRADDISTINSERO IL PERIODO “D’ORO”.
LA DINASTIA DEGLI AMATI
L’origine del violino è ancora avvolta nell’oscurità anche
se alcuni documenti la fanno risalire a circa 500 anni fa. Cremona si distinse
subito grazie all’attività di una sola famiglia, gli Amati, che produssero
strumenti di alta qualità e pregio, soddisfacendo le richieste di corti
italiane e straniere. Quindi si può affermare con certezza che il fondatore
della scuola liutaria cremonese fu Andrea Amati, il capostipite della famiglia,
che nacque nel 1505. La più significativa testimonianza della fama raggiunta
dalla liuteria Amati nella seconda metà del ‘500 fu l’ordinazione di strumenti
destinata alla costituzione di un’intera orchestra per la Corte di Francia.
Questi strumenti vengono rifiniti con la massima accuratezza; decorazioni con
simboli allegorici e dipinti raffigurano le armi del re di Francia Carlo IX.
Grazie a questo evento Andrea Amati raggiunse il vero successo commerciale, e
alla sua morte (1577) lascia ai due figli, Antonio e Gerolamo, un'attività e
una bottega ben avviata. I due lavorano per molto tempo assieme ed è per questo
che sui loro strumenti apposero etichette con entrambi i nomi e oggi sono noti
come i “fratelli Amati”. Se il padre Andrea pose le basi di cosa fosse lo
strumento violino, fissando canoni e caratteristiche validi ancora oggi, ai
figli va il merito di aver lavorato a stretto contatto con musicisti e quindi
aver affinato le conoscenze sulle sonorità, sempre realizzando strumenti di
altissima qualità. Alla morte di Gerolamo (1630) successiva a quella di
Antonio(1607), l’attività viene rilevata dal figlio del primo, Nicolò, che per
anni, grazie anche alla sua raffinatezza ed esperienza, diventa l’unico punto
di riferimento mondiale, privo di rivali per chi avesse voluto acquistare
strumenti di un certo pregio. Dopo la morte di Nicolò nel 1684 il figlio
Gerolamo, anche se abile liutaio non riesce comunque ad ottenere lo stesso
successo dei suoi predecessori.
LA DINASTIA DEI GUARNERI
Da questo momento il predominio dell’attività liutaria a
Cremona e nel mondo passa ad un’altra dinastia familiare, quella dei Guarneri
che ha come fondatore capostipite Andrea (1623-1698), già allievo promettente
di Nicolò Amati. Questa famiglia di liutai sarà attiva per oltre mezzo secolo
sia a Cremona sia in altri centri dell’Italia del nord, grazie ai due figli di
Andrea: Pietro il primogenito e Giuseppe detto anche “filius Andreae”. Mentre
Pietro prosegue l’arte appresa dal padre aprendo una bottega a Mantova,
Giuseppe eredita la bottega paterna mettendo in pratica tecniche di eccellente
livello. Giuseppe ebbe a sua volta un figlio chiamato anch’egli Giuseppe
(1698-1744)che si può ritenere il più celebrato della famiglia, noto anche come
“del Gesù”. Giuseppe, figlio e nipote d’arte, viene istruito nella bottega di
famiglia e col tempo matura una tecnica e uno stile originali che si distaccano
dalla tradizione cremonese. Dopo il 1740 Giuseppe Guarneri, spinto dalla
ricerca a migliorare l’acustica dei suoi strumenti realizza alcuni violini
dall'aspetto e conformazione totalmente innovativi come il celebre “cannone” di
Paganini. E’ in tal periodo che acquisisce il soprannome “del Gesù” derivante
da un bollo che riporta una croce con le lettere IHS (probabile segno della sua
devozione a Gesù) che applica sulle etichette dei suoi strumenti. Dopo la sua
morte le sue opere vengono dimenticate per essere poi rivalutate e apprezzate
più tardi, nell’età romantica.
ANTONIO STRADIVARI
Quasi contemporaneamente all’opera dell’ultimo esponente
della famiglia Guarneri, e precisamente nel 1680, lo sconosciuto Antonio
Stradivari acquisisce una enorme e lussuoso edificio nello stesso isolato in
cui operano e vivono gli Amati e i Guarneri. Di Antonio Stradivari non si
conoscono le origini e la provenienza, né la preparazione; forse è nato a
Cremona nel 1644 ca., forse anche lui, come Andrea Guarneri, è apprendista di
Nicolò Amati. E’ questo il motivo per cui si dice che sia apparso quasi
improvvisamente sul mercato cremonese dove in poco tempo acquisisce la
supremazia nel settore degli strumenti di grande pregio. La produzione della
bottega è rilevante anche dal punto di vista quantitativo ed è presumibile che
abbia sostituito ben presto quella degli Amati. Molti i nobili del tempo che si
sono rivolti a lui per ordinare strumenti dalle rifiniture di lusso, destinati
alle piccole orchestre di corte. Questo genere di produzione risale al primo
periodo di attività stradivariana e si rifà ai canoni e ai modelli “Amati”; nel
contempo apporta però alcune modifiche nella cassa armonica che si allunga, e
nell’impostazione delle bombature del fondo e della tavola. Più tardi, all’età
di oltre sessant’anni, Antonio Stradivari modifica ulteriormente il suo modello
e lo stile di rifinire: gli strumenti di questo periodo oggi sono considerati i
canoni di riferimento nella storia del violino, e fondamentali nella formazione
di molti liutai. Oltre che del violino Stradivari si occupa anche del
violoncello introducendo anche qui innovazioni fondamentali: riducendo la forma
della cassa armonica ottiene strumenti più maneggevoli favorendo così, la
diffusione dello strumento non più solo come accompagnamento ma anche come
strumento solistico. Nella sua bottega Antonio Stradivari è accompagnato dai
due figli Francesco nato nel 1671 e Omobono nato nel 1679. Quando nel 1737
Antonio Stradivari muore i figli hanno rispettivamente 58 e 66 anni ed
ereditando un’enorme fortuna economica non sentono l’esigenza di continuare
necessariamente l’attività e comunque la loro produzione da questo momento è
caratterizzata da un livello qualitativo assai inferiore a quella del padre.
Scompaiono a pochi anni di distanza dal padre, e l’uno dall’altro: Omobono nel
1742 e Francesco nel 1743.
DECLINO DEL PERIODO
D’ORO E NASCITA DELLO STILE “TARDO CREMONESE”
L’anno 1744 , con la scomparsa di esponenti delle famiglie
Amati, Guarneri e Stradivari, viene generalmente indicato come la data in cui
la grande liuteria cremonese termina, ma in realtà approfondendo gli
avvenimenti che la seguirono, ci accorgiamo quanto sia più appropriato parlare
di graduale declino più che di fine improvvisa. Le cause di questo declino sono
state diverse: alcune famiglie di liutai trasferivano la loro attività in altre
città del nord Italia come Torino e Milano; nel contempo in questo periodo
storico vi è una forte riduzione nella richiesta di strumenti nuovi. Quindi
assistiamo alla crescita di una concorrenza che probabilmente spinge i liutai
cremonesi ad un’attività non più caratterizzata da ricercatezza di materiali e
vernici pregiati; essi forse sono solo preoccupati di ridurre le spese dei loro
laboratori e i prezzi dei loro strumenti. Nel prossimo articolo incontreremo i
rappresentanti di questa fase, fino a giungere al periodo cosidetto “moderno”
dell’attività liutaria cremonese.
IL "TARDO"
STILE CREMONESE (II metà del '700 - periodo moderno).
Abbiamo visto che, probabilmente a causa della concorrenza
della liuteria di altre città italiane, dalla seconda metà del '700 la
produzione cremonese è meno raffinata e precisa. In questo periodo si assiste a
una flessione della richiesta di strumenti nuovi, sia per la concorrenza di liutai
che ormai risiedono in altre città, sia per la riduzione del mercato. Gli
strumenti di questo periodo sono semplificati, meno personalizzati e ricercati;
la scelta dei materiali non è più così fondamentale, perchè, come già detto, i
liutai mirano a ridurre le spese. Paradossalmente, l'opera di Antonio
Stradivari segna sia l'apice della liuteria cremonese, sia il principio della
sua decadenza. Alla morte dei suoi figli, Francesco e Omobono, la bottega passa
nelle mani di Carlo
Bergonzi, liutaio di grande talento che muore molto presto
(1747), lasciando pochissimi strumenti.
LA DINASTIA BERGONZI
I violini e maggiormente i violoncelli di Carlo Bergonzi posseggono
una grande bellezza di forme e una grande purezza di suono; portentoso è il
lavoro delle chiocciole e splendida la vernice dei suoi strumenti. E' da notare
che egli colloca le SS un poco più in basso di quel che faceva Antonio
Stradivari e che, in alcuni particolari, sembra accostarsi allo stile del
grande Guarneri Del Gesù: alcuni esperti hanno concluso che egli abbia mirato a
fondere insieme le migliori qualità dei due famosi predecessori. Alla sua
morte, i figli Michele Angelo e Zosimo, rilevano l'attività. Michele Angelo
pare non abbia formato nessun apprendista forse a causa, anche lui come il padre,
di una morte precoce (1721-1758), mentre Zosimo nella propria bottega forma i
figli Nicola (1754-1832) e Carlo II (1757-1836). Sebbene Nicola dimostri
chiaramente la volontà di recuperare la raffinatezza del nonno, all'atto
pratico i suoi strumenti falliscono. Carlo II è il liutaio meno conosciuto
della famiglia e pare che collabori saltuariamente e con impegno discontinuo
con il fratello Nicola. Per questo motivo si pensa che si sia dedicato
maggiormente allo studio e alla costruzione di chitarre, limitandosi alla
realizzazione sporadica di violini e viole.
LORENZO STORIONI
Lorenzo Storioni (1744-1816) è il liutaio più conosciuto e
apprezzato del periodo "tardo cremonese"; su di lui non esiste
nessuna informazione che faccia pensare ad un apprendistato presso botteghe di
altri liutai, probabilmente è un autodidatta. Storioni è un artista
straordinario e forse è l'unico di questo periodo di cui si possa dire che
abbia risollevato le sorti della liuteria cremonese. Egli non vuole riprodurre
l'eleganza e la raffinatezza dei maestri cremonesi, ma vuole lasciare
un'impronta che qualifichi lo strumento con caratteristiche personali, tutto il
resto lo considera superfluo e ornamentale. Per questo motivo i suoi strumenti
sono quasi tutti diversi l'uno dall'altro. Va ricordato, inoltre, che in questo
periodo gli esemplari delle famiglie Amati, Guarneri e Stradivari sono oramai
scomparsi da Cremona ed è forse questo il motivo che forse rende più difficile
il suo lavoro, anche se pare molto probabile che siano stati gli strumenti dei
suoi illustri predecessori, la principale fonte d'ispirazione. Lorenzo
Storioni, intanto, alleva nella bottega Giovanni Rota che ben presto lascerà la
città per aprire bottega a Mantova dove, però, lavorando autonomamente, non
riuscirà a creare uno stile personale. Alla scomparsa di Storioni, la bottega
in Contrada Coltellai passa nelle mani di Giovanni Battista Ceruti.
LA DINASTIA CERUTI
Giovanni Battista Ceruti (1756-1817) in realtà non è mai
stato allievo diretto di Storioni, però si può definire il suo erede diretto in
quanto le sue scelte appaiono raffinate e si avvicinano alle linee degli
antichi maestri. Pare abbia lasciato 365 strumenti. Suo figlio Giuseppe
(1785-1860) opera nella bottega del padre di cui tenta di seguirne le orme
stilistiche, anche se le notizie storiche non lo descrivono come un liutaio di
successo. Il figlio di Giuseppe, Enrico (1806-1883) eredita la bottega e gli
insegnamenti di padre e nonno; evita comunque di imitare i modelli classici di
Stradivari e Guarneri come fanno i suoi colleghi all'estero. Egli ritiene che
l'imitazione lasci poco spazio alla creatività del liutaio. E con la sua morte,
si può definire conclusa la produzione dei violini di classe di Cremona.
EPILOGO DELLA
SUPREMAZIA DELL'ATTIVITA' LIUTARIA CREMONESE
All'attività dei Ceruti a Cremona corrisponde l'attività
rivale Torinese ad opera di G.F.Pressenda (1777-1854) e del suo allievo G.Rocca
(1807-1865), fedeli agli antichi modelli cremonesi. A Cremona l'unico
continuatore di Enrico Ceruti è Gaetano Antoniazzi (1825-1897) che però è anche
l'autore del definitivo spostamento della scuola di liuteria al capoluogo
lombardo. Antoniazzi si trasferisce a Milano con i figli e qui afferma la sua
attività proseguendo le orme delle antiche tradizioni cremonesi, nel periodo
che va fra la fine dell'ottocento e il primo novecento. Egli dimostra notevole
preparazione di liutaio ma purtroppo la sua opera alterna strumenti di ottima
fattura ad altri di scarsa qualità e grossolanità. Nello stesso periodo, e giungendo
fino al periodo "moderno", a Cremona l'attività si può definire
scarsa, di poca rilevanza sia dal punto di vista commerciale che qualitativo; i
rappresentanti più significativi sono Pietro Grulli (1831-1898), Aristide
Cavalli e Giuseppe
Beltrami (primi anni '30 del novecento) che lavorano perlopiù per violini di serie,
talvolta rozzi, ormai con pochi riferimenti alla liuteria classica cremonese.
Alla Scuola Cremonese va, comunque, il merito di aver portato l'arte della
liuteria alla sua maggiore perfezione e di aver generato quasi tutte le
altre scuole. A lei si possono riconnettere quelle di Bologna, Modena,
Venezia, Udine, Milano, Genova, Firenze, Napoli, o perchè derivate da allievi
di maestri cremonesi o perchè influenzate dai modelli di quei costruttori.
Bibliografia essenziale:
- "Guida alla liuteria cremonese" Ed. Cremonabooks
- "Storia del violino, dei violinisti e della musica per violino"
di Arnaldo Bonaventura Ed.Lampi di Stampa
Articolo a cura di Grazia Rondini.
Fonte: Il Portale del Violino (http://www.claudiorampini.com/php/index.php)
 
|