15 Settembre, 2002
Casalmaggiore e le Ville- ric. n. 50
Casalmaggiore delle manifatture dolci e dorate
Casalmaggiore e le Ville
Quando oggi si parla di una “frazione”, nell’immaginario
appare un insediamento piccolo, “marginale”
sia per posizione che per ruolo rispetto
al centro, comune più o meno grande al quale
l’organizzazione amministrativa del territorio
l’aveva aggregata in tempi più o meno recenti.
Alla lente d’ingrandimento della storia i
fatti si mostrano spesso diversi, assai diversi
nel caso di Casalmaggiore.
Le “ville” di Casalmaggiore costituiscono
una rete attorno alla città che nel corso
dei secoli le ha inglobate, in parte con
la stessa crescita del proprio insediamento,
in parte per lo spopolamento delle campagne
che aveva tolto “vitalità” ai borghi contigui.
Nello spopolamento dei borghi a ridosso del
fiume hanno notevolmente contribuito le periodiche
esondazioni, talvolta distruttive.
Il primo insediamento nell’attuale Vicobellignano
si fa risalire al IV-II secolo a.C.: è una
“frazione”, dunque, più antica dello stesso
“capoluogo”, ma in una posizione che nei
secoli l’aveva troppo esposta alle furie
del fiume. Fossacaprara – il cui territorio
era abitato, dicono i ritrovamenti archeologici,
anche nel periodo neolitico – ora “frazione”
ma già nel secolo XVI centro che aggregava,
anche grazie alla chiesa “curiale” romanica,
Quattrocase, Casalbellotto, Valle, Roncadello e altre
“ville”. Quattrocase avrà avuto “quattro
case”, appunto, ma le aveva già nel secolo
XIII e non erano certo catapecchie ma “case”
di signori; come, nello stesso periodo, era
abitata la “bassa” di Valle di Rascarolo,
poi Valle di Casalbellotto, dove la terra
era fertile, ricca e (perciò) contesa dalle
signorie confinanti. Il nome di Casalbellotto
ci riporta al medioevo, alla famiglia cremonese
dei Bellotti che qui avevano possedimenti
sin dal secolo XII. Villa di Roncadello,
ultimo lembo di terra casalasca lungo il
Po, era nota nel secolo XIV con il nome Ronda
e aveva una castello (Corte Gentilmana) ma
un insediamento lì esisteva già attorno all’anno
1000. E Villa di Cappella, Villa di Camminata,
Villa di Motta (o Motta de’ Maltraversi)?
Nel Medioevo sicuramente borghi poco popolati
i cui nomi contribuiscono a tratteggiare
meglio la “mappa” non solo geografica ma
anche socio-culturale dell’epoca che solo
apparentemente non ha lasciato “ponti” verso
il presente. Una cappella votiva in mezzo
la campagna; una casa dotata di camino in
sostituzione del focolare in mezzo alla stanza;
un rialzo del terreno dove costruire sicuri
in presenza di acque non sempre benevole:
alcuni elementi che costituivano ragione
sufficiente per caratterizzare e, di conseguenza,
denominare un piccolo borgo rurale.
Il territorio di Agoiolo doveva essere abitato
anche in epoca romana, dando credito alle
possibili origini del nome che riportano
sempre alla lingua latina; per citare la
versione più “evocativa”, al mondo delle
lanche indicato nella parola laculeius, “piccolo
lago”. Stazione romana è stato anche Vicoboneghisio;
a testimoniarlo troviamo non solo quel loquace
“vico” nel nome ma anche dei mosaici d’epoca.
Per l’origine romana di Vicomoscano abbiamo
invece solo la testimonianza del nome; la
documentazione scritta attesta però la sua
esistenza già nel secolo IX.
Casalmaggiore (nominato per la prima volta
in un documento del 585) era fortificato
attorno al 1000 (della cinta muraria è un
residuo il Torrione) e già nel secolo XV,
sotto la dominazione veneziana, ha avuto
giurisdizione sulle “ville”, quelle nominate
e altre ancora che nel corso della storia
sono diventate autonome o “frazioni” di altri
comuni.
Per la sua posizione strategica sia militare
che commerciale era troppo e a lungo inviso
tra milanesi e mantovani, insidiato da truppe
spagnoli e francesi; nasce così tardiva,
sul finire del secolo XVII, l’idea di una
autonoma “signoria di Casalmaggiore”. Prima
che avesse potuto prendere corpo, nel 1754
Maria Teresa d’Austria concede a Casalmaggiore
il titolo di città e sull’onda di questo
riconoscimento in breve nasce anche la proposta
per la formazione di una propria provincia.
Ma anche nell’Italia Unita Casalmaggiore
e le sue “ville” resteranno l’ultimo – e
perché non diciamo “primo”? – lembo della
provincia cremonese.
Per una “storia illustrata” di Casalmaggiore
vedi il volume di Miro Lanzoni, Casalmaggiore
che cambia (Ed. Associazione Pro Loco di
Casalmaggiore, 2005)
Il “Liston”
Lunga 124 metri e larga 36, la piazza centrale di Casalmaggiore,
piazza Garibaldi, è tra le piazze più grandi
d’Italia. Chiamata “Liston” come piazza San
Marco a Venezia – e con i veneziani, in altri
tempi, i casalesi hanno avuto una “storica”
frequentazione – è ugualmente il “salotto
all’aperto” della città.
Una piazza così non può che essere il risultato
di un progetto e in un città spesso violentata
dalle alluvioni, occasioni – tristi ma buone
– per progetti di ricostruzione certo non
mancavano. L’antico castello fu distrutto
nel secolo XVI da una piena del Po; l’area
della piazza corrisponde a quella del fossato.
Lastricata nel 1813 grazie al lascito del
nobile Leopoldo Molossi, poteva (e può) con
più agio assolvere alla funzione di piazza
del mercato ma anche a quella di “teatro”
dei momenti rilevanti della vita cittadina.
Una fiera “sapore di campagna”
La Fiera di Piazza Spagna conserva delle
caratteristiche che la rendono singolare
nel panorama delle fiere e delle sagre più
o meno “paesane”. Se osserviamo il calendario
delle feste popolari, un grandissimo numero
di esse è legato alla celebrazione del patrono
o della patrona; sotto un altro aspetto possiamo
osservare che le grandi fiere sono legate
anche ad un mercato (mercato del bestiame,
in alcune zone). Sono meno numerose le fiere
inserite in una sorta di “calendario della
terra”, ed è il caso delle fiere che si svolgono
alla conclusione di grandi ed impegnativi
lavori nei campi, come festeggiamento e,
nell’ottica del sacro, come ringraziamento
per il raccolto.
Festa del santo patrono, fiera del bestiame,
circo e “luna park”, bancarelle di ogni sorta,
balera, teatro di strada e opera lirica sul
palco del Teatro Sociale. Molto e niente
è cambiato per la fiera che tradizionalmente
riempie Piazza Garibaldi e le vie circostanti
il 4 novembre, festa di San Carlo, patrono
di Casalmaggiore. È cambiato certamente la
nostra “ottica” di riferire le cose: riguardo
al passato (anche di non molti decenni fa)
diciamo che “si consumavano i piatti consueti
della buona cucina dei primi freddi”; dell’oggi
diciamo che “si degustano i piatti tipici”.
Il cotechino dovrebbe avere lo stesso squisito
sapore.
La Fiera di Piazza Spagna si svolge tradizionalmente
alla fine della mietitura, in fortunata coincidenza
con la maturazione delle angurie; in una
zona che annovera tra le “specializzazioni”
anche questa coltura, la coincidenza assume
un sapore anche “rituale”. Le cronache ne
parlano sin dall’800 come di una fiera senza
mercato, luogo di appuntamento per giostre
e per bancarelle di dolciumi, di granite
di anguria, di prodotti artigianali.
A Casalmaggiore, centro fondamentalmente
agricolo ma dove nella seconda metà dell’800
già molte manifatture si erano stabilite
e ingrandite, la fiera si realizza in una
particolare mescolanza culturale e sociale.
Una festa che resta legata al calendario
stabilito dai lavori agricoli ma che si “trasferisce”
in un rione cittadino, in una piazza “non
piazza”, quasi “incrocio”, con la balera
a ridosso del “Fabbricone”, ovvero la fabbrica
di bigiotterie “Placcato Oro”.
Forse non è del tutto esatto definirli incontri
“culturali e sociali”, resta il fatto che
il “Bal dal basen” riconciliava certamente
i tanti giovani che trovavano ancora di che
vivere restando nei campi, con le tanti ragazze
che alle intemperie (quando non alla disoccupazione)
avevano preferito le fabbriche o il lavoro
a domicilio. E resta una fiera testimonianza
di una cultura tradizionale agricola non
meno che della sua trasformazione fino a
giungere alla “cultura del consumo” dei giorni
nostri; restano i buoni sapori di una volta
e si aggiungono, immancabili, i fuochi d’artificio
sopra le acque del Po.
Casalmaggiore delle manifatture dolci e dorate
Arti e mestieri a Casalmaggiore non attendevano
certo l’era moderna per svilupparsi. Crocevia
di commerci tra cremonese, mantovano e parmigiano,
la città vide già nel ‘400 il fiorire di
attività artigianali tra i quali l’arte tipografica;
all’inizio del ‘500 giungeranno a Casalmaggiore
anche gli stampatori “Soncino” cacciati dalla
città che diede loro il nuovo cognome. L’epoca della “rivoluzione industriale” trova
quindi una città prosperosa e accogliente,
epoca che sembra essere simbolicamente “annunciata”
il 15 luglio 1820, dal passaggio sul Po di
un battello «chiamata barca di vapore», azionato
dalla macchina di Watt: è l’Eridano, costruito
nei cantieri di Venezia.Nell’800 Casalmaggiore e la sua prosperità
avranno a lungo il timbro predominante dell’economia
agricola ma prendono piede anche iniziative
manifatturiere; così si inizia a prestare
attenzione alla formazione per le professioni
tecniche, anche con la Scuola di disegno
per operai e la Scuola tecnica, la cui qualità
è testimoniata da una evoluta strumentazione,
recentemente ammirata nell’esposizione «L’età
progettuale». E la “progettualità” richiede
senz’altro mezzi, ma anche uomini che la
città aveva trovato in preparati ingegneri,
politici, imprenditori: Cavour Beduschi,
Ippolito e Giovanni Longari Ponzone che legarono
il proprio nome al processo di modernizzazione
infrastrutturale e industriale, a notevoli
realizzazioni architettoniche (vedi il nuovo
Palazzo Municipale), a grandi opere di bonifica
e irrigazione, a imprese industriali significative
(vedi la Fornace Longari Ponzone), per limitarsi a pochi esempi. All’Esposizione
Agricola-Industriale nel 1910 si presenta
una città a passo con i tempi. Nel 1911 si
inaugura quella che è la dimostrazione come
Casalmaggiore fosse all’altezza di accogliere
un’industria avanzata: lo Zuccherificio (in
seguito Eridania) il quale, se è ben vero
che abbia contribuito all’inquinamento del
fiume, anch’esso fonte di ricchezza, ma certamente
ha contribuito anche allo sviluppo socio-economico
del territorio, saldando il legame tra la
produzione agricola e quella industriale.
L’altro settore che rese famosa la città
di Casalmaggiore era nato da una fortunata
“immigrazione”. Giulio Galluzzi, originario
di Codogno, si trasferisce qui nel 1878 e
nella sua bottega artigianale realizza il
primo campione di metallo placcato oro. È
il 1882. Dopo pochi anni già esporta i suoi
prodotti in America Latina. Un altro “immigrato” ebbe ruolo importante
nello sviluppo industriale del “placcato
oro”; è Giuseppe Maffei, in seguito a lungo
stimato presidente della Camera di Commercio
di Cremona. Egli acquista la fabbrica “Placcato
oro” nel 1920, la quale nel 1926 si fonderà
con l’impresa di Giulio Galluzzi e con la Società Federale Orefici (fondata nel 1906), dando vita alla Società
Anonima Fabbriche Riunite Placcato Oro, Federale,
Galluzzi e Maffei. Casalmaggiore oggi vanta il bel “Museo del
bijou” e questo ci fa pensare, parlando di
“placcato oro”, alla bigiotteria come prodotto
tipico di questa “arte artigianale” divenuta
in seguito anche fiorente industria. Ricoperti
di un velo d’oro in realtà potevano essere
anche altri oggetti, come per esempio bottoni,
fibbie, occhiali, distintivi, medaglie, portasigarette
e portaciprie: potevano essere “d’oro” anche
oggetti che prima nessuno avrebbe fabbricato
con l’oro, diventando piccole dimostrazioni
di una ricchezza più diffusa ma comunque,
per così dire, “placcata”.
Nel peso complessivo di questa attività dobbiamo
considerare anche il cosiddetto “indotto”,
rappresentato della fabbricazione di macchinari
ed utensili. “L’indotto” sociale è quel diffuso
lavoro a domicilio che è ancora vivo nella
memoria delle generazioni non giovanissime.
C’è una casa a Casalmaggiore senza una pinzetta
usata da qualche nonna o zia per “l’assemblaggio”
di un orecchino “placcato oro”?
La terribile alluvione del novembre 1951
di Franco Dolci
«A Casalmaggiore le prime avvisaglie dei
giorni della paura si hanno il sabato 10
novembre quando l’idrometro locale segna
m 4,64, appena 15 cm sotto il “livello di guardia”. Ma la pioggia
insistente e il “vento basso” non promettono
nulla di buono. Infatti la golena casalasca
è ormai raggiunta e invasa dalle acque. Lunedì
12 novembre l’idrometro sale a m 5,80 raggiungendo
m 6,40 a mezzogiorno. Una crescita che allarma tutti,
autorità e cittadini.
I sintomi del peggioramento della situazione
sono dati, oltre che dalla crescita del livello
del fiume, anche dal cedimento delle difese
di prima linea. Nel pomeriggio (ore 17,30)
cede l’argine golenale di Agoiolo, la frazioncina
che da Nord, con Vicobellignano, costituisce
la porta d’ingresso di Casalmaggiore. Alle
ore 21 l’acqua sormonta l’argine golenale
di Martignana Po e raggiunge fragorosamente
l’argine maestro. Alle spalle di Casalmaggiore
si avvia la formazione di un enorme bacino
che non può non avere i sui effetti preoccupanti
sulla difesa della città. Le cascine site
in golena, con gli immancabili inconvenienti,
vengono evacuate. Non si lamentano vittime.
È verso le ore 13 di martedì 13 novembre,
che il pericolo si fa più acuto. Il sindaco,
dott. Mario Carlo Volta, con un manifesto rivolge un appello
alla popolazione: chiama tutti, uomini e
donne validi, a raccolta. Per motivi precauzionali
si ordina lo sgombero di tutte le case site
a pianterreno e si invita la popolazione
a fare scorte di acqua e di viveri. Il pericolo
è grave e incombente. È in gioco la sopravvivenza
della città (e non solo). Le campane del
Duomo di S. Stefano suonano a martello. Quel
tocco grave, ripetuto, insistente, scuote
la città. La gente accorre sull’argine; da Cremona giungono
250 soldati dell’11° artiglieria; giungono
anche uomini della pubblica sicurezza. Inizia
la lotta titanica contro la potenza del fiume.
Si riempiono e si assestano sull’argine migliaia
e migliaia di sacchi di terra. Chi riempie,
chi trasporta, chi assesta. È un lavoro a
catena, una fatica tremenda ma si resiste.
È una lotta fra due giganti: l’uomo che disperatamente
si difende e il fiume che inesorabile lo
attacca. Uomini e natura a tu per tu. Chi
vincerà lo scontro? […]
Si susseguono e si alternano ore di nebbia,
di pioggia, di vento e di freddo. L’ironia
beffarda della luna, quando compare, non
fa poesia. Le energie suscitate dalla tremenda
posta in gioco si moltiplicano. “Altre file
di sacchetti si stendono...” – annota il
sindaco. Ancora l’alta marea – notizia sconfortante
– rende difficile il deflusso. Ma poi segue
un’altra notizia, questa volta confortante:
alle ore 5 Cremona comunica che il Po è diminuito
di 12 cm. “Ma non si allenti vigilanza e lavoro!”
Giunge poi una comunicazione dal Genio Civile
di Parma, il quale ovviamente conosce la
situazione di tutta l’asta del Po: “Se resistete
3-4 ore sarete salvi!” È un messaggio di
speranza. Ed infatti la “zampata del vecchio
Padus” incomincia a rivelarsi stanca. Inizia
la lenta decrescita. Il murmureggiare inquietante
della piena comincia ad attutirsi. Si va
verso l’epilogo, ma non si disarma. […]
Nei giorni della disperata difesa della città,
grande è stato il contributo dato dagli operai
dello zuccherificio, della “Placcato oro”,
delle fornaci di Vicobellignano e di altre
piccole aziende. Sull’argine, impegnati allo
spasimo, si trovavano quei fornaciai che
nel 1948 – insieme a chi scrive queste note
– si battevano per difendere il loro posto
di lavoro e che, per tale “reato” furono
attaccati e dispersi dai carabinieri. […]
Durante e dopo la piena tutti ebbero buone
parole per gli operai; ed elogiato fu il
loro costante e forte impegno. Sempre e soprattutto
durante l’emergenza, gli operai divengono
dei benemeriti, ossequiati e adulati. Passate
le emergenze di loro ci si dimentica. […]»
Dal volume di Franco Dolci, Cronache del
fiume e della golena, Delmiglio – Provincia
di Cremona, 2004
Il 25 Aprile 1945
I fatti di quei giorni raccontati da Giuseppe Azzoni il 25 aprile 2005.
60 anni fa, il primo maggio, su questa stessa
piazza si festeggiò l’appena avvenuta liberazione…
Ho ritrovato la notizia sul numero del due
maggio del quotidiano “Fronte Democratico”,
l’unico che allora si pubblicava a Cremona.
Il giornale scrive che presiedeva la manifestazione,
per conto del CLN di Casalmaggiore, Don Amilcare
Bombeccari… presero la parola a nome dei
partiti del CLN stesso il socialista e dirigente
della CGIL Delvaro Rossi e Don Primo Mazzolari.
Si chiudeva un periodo sanguinoso e tremendo…
un periodo di lotta cui anche Casalmaggiore
ha dato il proprio contributo, che vorrei
ricordare. C’è un bel documento, la relazione
sulla attività partigiana a Casalmaggiore,
scritto, su richiesta della Prefettura, dalla
Autorità municipale – il CLN - subito dopo
la Liberazione. Ne leggo alcuni essenziali passaggi.
“Nell’ottobre 1943 un gruppo di animosi,
a mezzo della sig.na Ramponi Regina, sceglieva
la via dei monti quando stava per nascere
la repubblica fascista. E questi erano: Favagrossa
Giovanni, Vida Sergio, Grassi Gianni, Fortunati
Giuseppe, Rossi Roberto ed altri due. Raggiunsero Lago Santo a marcia forzata ove
avrebbero dovuto collegarsi ad una banda
appena costituita. (…)
Furono ritenuti dal Comitato di Parma ottimi
elementi organizzatori e furono trasferiti
a Bardi, ove si costituì il primo Stato maggiore
di tutte le truppe partigiane.”
Il documento prosegue descrivendo la dura
battaglia di Osacca in cui i partigiani,
tra essi i casalesi, batterono e respinsero
i repubblichini…
“(…) In zona Bozzolo iniziarono un lavoro
intenso, con Arini Sergio e Pompeo Accorsi,
di disarmi alle caserme e di organizzazione.
Per evitare di essere catturato il gruppo
si portò sul parmigiano (Colorno) con l’aiuto
di Bernardi Augusto e parte rimase a Casalmaggiore.
Durante uno dei periodi di transazione da
un’azione all’altra venne catturato il Favagrossa
Giovanni in seguito ad una denuncia…Catturato
dall’UPI locale venne portato a Sabbioneta
da dove fuggì e passò pure lui sulla sponda
parmigiana. (…)
E proprio negli ultimi giorni, la notte dal
23 al 24 aprile 1945, mentre la squadra formata
dal Giovanni Favagrossa si dirigeva verso
Casalmaggiore, composta da Cerati Tino, Cerati
Enea, Martelli Carlo ed altri, si imbatterono
in un gruppo di tedeschi nei pressi di Valle
di Casalbellotto che gli spararono e qui
caddero da eroi Favagrossa Giovanni e Martelli
Carlo.
A Casalmaggiore intanto si era iniziato il
combattimento il mattino del 24 aprile. Con
le armi prese nelle varie caserme della GNR
scioltasi la notte stessa si sparava contro
i tedeschi che andavano asserragliandosi
alla Provvidenza, intanto un partigiano innalzava
bandiera bianca sulla cupola del Duomo per
evitare nuovi bombardamenti e un patriota,
Aldo Formis, cadeva colpito a morte da piombo
nemico. Si sparò per tutto il pomeriggio,
i comandi li presero Giuseppe Fortunati e
Gianni Grassi.
Verso sera dovemmo ripiegare per l’afflusso
di nuovi tedeschi armati di armi automatiche,
il giorno dopo, 25 aprile, si tornò all’attacco,
tutti i tedeschi si erano portati nei pressi
del Lido Po, avevano 3 o 4 mitragliere da
20 mm e la battaglia si accese violenta.. Nel
pomeriggio vi trovò la morte Avigni Gino di Rivarolo Mantovano. Rimasero feriti Favagrossa
Spirito, Gozzi Guido, Bravi Riccardo, Germani
Enea, Vaccari Arnaldo, Cimardi Francesco,
Riviera Amilcare.
Verso sera qualche tedesco era fatto prigioniero
e gli altri fuggirono attraverso il bosco
e si portarono nei pressi di Gussola.. Là
si combatté per 4 o 5 giorni, vi furono altri
morti, una quindicina, qualche tedesco si
arrese, il resto fuggì.”
I personaggi
EUGENIO BENECCHI( Casalmaggiore 1907 - 1993 )
Nato a casalmaggiore nel 1907, laureato in
medicina e chirurgia, ha vissuto l'intera
sua vita dedicandosi al lavoro professionale
e coltivando, nel tempo libero i suoi hobbies:
la poesia e l'alpinismo.
Ha pubblicato diverse raccolte poetiche e
collaborato a numerose antologie. fin dalla
prima giovinezza, ha avuto modo di scoprire
le attrattive sia estive che invernali della
montagna, praticando però, soprattutto, l'arrampicata..
Le sue mete preferite, le pale di san martino
e la marmolada hanno anche costituito fonte
primaria per la sua ispirazione poetica.
Nel 1937 ha fondato la locale sottosezione del club
alpino italiano, contribuendo a far conoscere
la montagna ai suoi concittadini con iniziative
di vario genere.
E’ stato anche fra i soci fondatori della
pro loco casalasca di cui è stato presidente
per lunghi anni.
E’ morto a casalmaggiore nel 1993.
Ua sua poesia, "dopo la scalata",
è stata depositata il 16 agosto 1999 (a sessant'anni
esatti dal primo tentativo di salita da parte
del benecchi) dal nipote e dalla famosa guida
alpina maurizio zanolla (manolo) sulla vetta
del cimon della pala (mt 3186).
Andrea Teodoro Zani
- di Villa Marcello
Andrea Teodoro Zani nacque l'11 novembre
1696 da Francesco e Lucia Ferrari a Casalmaggiore, fiorente cittadina sul
fiume Po, in provincia di Cremona. Situata
tra Cremona e Parma, a breve distanza dai
grossi centri culturali del tardo rinascimento
quali Mantova, Sabbioneta e Viadana, la piccola Casalmaggiore, fu in quegli anni una fucina di talenti
musicali. La "piccola Venezia sul Po",
così venne chiamata per la sua stimolante
vita musicale, oltre ad Andrea Zani e ai
suoi allievi, diede i natali al violinista-compositore
Carlo Zuccari detto "Zuccherino"
(1704-1792).Cresciuto in una famiglia dove la musica
era di casa, il padre era un violinista dilettante,
il giovane Andrea fu indirizzato agli studi
musicali da un certo Giacomo Civeri, musicista
locale che lo istruì nel contrappunto e nel
"maneggio" del violino. Successivamente
andò a Guastalla per perfezionarsi con il
violinista di corte Carlo Ricci, allora famoso
virtuoso. Lo Zani compare nei registri dei
pagamenti effettuati dalla Confraternita
del S.S. Sacramento di Casalmaggiore nel
Dicembre 1715 per l'ultima volta. Il padre
Francesco invece continuò a percepire i pagamenti
per le sue prestazioni di violinista fino
al 1724.
Dall'anno 1700 era attivo a Mantova, come
maestro di cappella al servizio dell'Arciduca
Ferdinando Carlo, il veneziano Antonio Caldara
(1670-71-1736). Secondo il Romani, storico
locale del XVIII secolo, fu proprio Caldara
che, di passaggio a Casalmaggiore, conobbe
il giovane promettente Zani e, uditolo suonare,
lo invitò a raggiungerlo a Vienna dove era
stato a sua volta invitato a corte dall'
Imperatore Carlo VI. Non ci è dato di sapere
se il giovane Zani raggiunse Vienna insieme
a Caldara nel 1716 o in un secondo tempo,
certo è che, nel 1727 e nel 1729 furono date
alle stampe, proprio in Casalmaggiore, le
sue Sonate da camera, Op.1 e le Sei Sinfonie
da Camera ed altrettanti Concerti da Chiesa
a Quattro Strumenti, Op.2. Non sappiamo quindi
se Zani tornò in patria da oltralpe per curare
la stampa delle sue prime raccolte o se attese
la pubblicazione di esse per poi raggiungere
Caldara, che nel frattempo assunse il ruolo
di vice-Kappellmeister. Kappellmeister invece
rimase il celebre Johann Joseph Fux, l'autore
del Gradus ad Parnassum. Tutto da approfondire
e studiare rimane questo periodo viennese
di Zani, della sua attività musicale e dei
suoi eventuali spostamenti professionali;
sicuramente nella capitale austriaca, si
distinse come virtuoso e come insegnante
privato, senza però riuscire a trovare incarichi
ufficiali importanti. Vienna era un importantissimo
centro musicale; sappiamo che a palazzo reale
l'imperatore Carlo VI si dilettava a comporre
brani musicali anche di ottimo livello ed
era fautore di concerti e di rappresentazioni
teatrali. A corte era attivo nientemeno che
Pietro Trapassi, il celebre Metastasio, grande
protagonista della cultura del tempo e del
melodramma. La fama di Zani violinista e
compositore in terra austriaca dovette essere
notevole; ciò giustificherebbe la stampa
proprio in Vienna nel 1735 dei suoi Concerti
a quattro con i suoi ripieni Op.4 e delle
Sonate 12 per Violino e Basso intitolate
"Pensieri armonici", Op.5.
Probabilmente attorno al 1736, quando il
suo musicista-protettore Caldara morì, lo
Zani lasciò definitivamente Vienna e rimpatriò
in Casalmaggiore dove pare risiedette stabilmente,
salvo brevi spostamenti di volta in volta
dove veniva richiesto il suo talento di violinista
e concertatore. Non è da escludere che lo
Zani abbia raggiunto di persona, in questi
anni, il grande ed importante centro culturale
di Parigi: la pubblicazione di alcuni suoi
lavori e la presenza di molta sua musica
manoscritta nelle biblioteche della capitale,
sono indizi forse di una sua permanenza in
terra francese.
Abbiamo notizia di sue presenze a Guastalla
nel 1738, a Ferrara, Bologna, Parma, Mantova e Cremona
tra il 1740 e il 1757. A Casalmaggiore, dal 12 al 14 aprile del 1739,
ebbe il ruolo attivo di organizzatore dell'allestimento
di sontuosi festeggiamenti musicali nella
chiesa Arcipretale di S.Stefano su richiesta
dei Padri Serviti della Fontana, in occasione
dell'anniversario di alcuni loro Beati. In
quegli anni, si dedicò anche all'insegnamento
ed ebbe fra i suoi allievi Valentino Mejer
di Mantova e Domenico Ferrari di Piacenza
che divennero famosi e applauditi violinisti
nonché i suoi concittadini, Don Giovanni
Amadini e Don Alessandro Bosio che operarono
come maestri di cappella nella locale chiesa
Arcipretale di S. Stefano.
Successivamente si unì in matrimonio con
Maria Costanza Margherita Porcelli, di ben
ventisette anni più giovane di lui, dalla
quale ebbe non meno di sette figli, tra i
quali vale la pena di ricordare Angelo Maria,
nato nel 1752, che diventò abile suonatore
di corno da caccia.
Grande era la stima verso il nostro Zani
e la sua fama fece sì che in quegli anni
fu invitato a Cremona come membro della commissione
che scelse Don G.A. Arrighi (1704-1780) di
Viadana come nuovo Maestro di Cappella del
Duomo. Morì a Casalmaggiore, il 28 settembre
1757, come afferma il Romani, in seguito
al rovesciamento della carrozza sulla quale
viaggiava sulla strada per Mantova dove era
diretto per "affari di famiglia".
Notevole è la quantità dei suoi lavori giunti
fino a noi, sia pubblicati che manoscritti:
Sonate da camera, Op.1 (prob. Casalmaggiore,
1727), ristampate successivamente a Parigi
come Sonates a Violino solo e Basso da camera,
Op.3, Sei Sinfonie da Camera ed altrettanti
Concerti da Chiesa, Op.2 (Casalmaggiore 1729),
Concerti Dodici a quattro con i suoi ripieni
Op.4 (Vienna 1735), Sonate 12 a Violino e Basso intitolate "Pensieri
armonici", Op.5 (Vienna 1735) e Sonate
a Violino e Basso Op.6 (Parigi 1740 ca.).
Risultano manoscritti diversi lavori, sparsi
un po' in tutta Europa, tra cui: tre Concerti
e una Sonata per flauto, alcuni Concerti
per violino, sei trii per due Violini e Basso
e alcune Sinfonie. Concerti e Sinfonie di
Zani manoscritti si trovano celati in varie
biblioteche europee, facenti parte di raccolte
di altri autori più celebri come Alberti,
Sammartini, Stamiz, a riprova dell'altissima
qualità compositiva del nostro.
Il Territorio
Casalmaggiore (C.A.P. 26041) dista 40 chilometri da Cremona, capoluogo della omonima provincia
cui il comune appartiene.
Casalmaggiore conta 13.809 abitanti (Casalaschi)
e ha una superficie di 63,4 chilometri quadrati per una densità abitativa di 217,81
abitanti per chilometro quadrato. Sorge a
26 metri sopra il livello del mare.
Cenni anagrafici: Il comune di Casalmaggiore
ha fatto registrare nel censimento del 1991
una popolazione pari a 13.168 abitanti. Nel
censimento del 2001 ha fatto registrare una popolazione pari a
13.809 abitanti, mostrando quindi nel decennio
1991 - 2001 una variazione percentuale di
abitanti pari al 4,87%.
Gli abitanti sono distribuiti in 5.185 nuclei
familiari con una media per nucleo familiare
di 2,66 componenti.
Cenni geografici: Il territorio del comune
risulta compreso tra i 17 e i 35 metri sul livello del mare.
L'escursione altimetrica complessiva risulta
essere pari a 18 metri.
Cenni occupazionali: Risultano insistere
sul territorio del comune 448 attività industriali
con 2.533 addetti pari al 49,00% della forza
lavoro occupata, 426 attività di servizio
con 1.157 addetti pari al 8,24% della forza
lavoro occupata, altre 317 attività di servizio
con 1.072 addetti pari al 22,38% della forza
lavoro occupata e 90 attività amministrative
con 1.270 addetti pari al 6,13% della forza
lavoro occupata.
Risultano occupati complessivamente 5.169
individui, pari al 37,43% del numero complessivo
di abitanti del comune.
L’Amminsitrazione
Il municipio è sito in Piazza Garibaldi,
tel. 0375-42030 fax. 0375-200251: l'indirizzo
di posta elettronica è info@comune.casalmaggiore.cr.it
Gli Amministratori del Comune di CASALMAGGIORE
Sindaco (eletto nel 2004): TOSCANI LUCIANO
La Giunta:
CASALI ERMELINDA
GARDANI LUDOVICO
PASOTTO PIERLUIGI
SANFILIPPO FRANCESCO
Il Consiglio:
ANGIOLINI ANGELO
ARALDI MASSIMO
BORGHESI LUIGI
BUSI STEFANO
CAMPANINI ENRICA
COZZINI ALDA
DELMIGLIO FABIO
GARDANI CARLO
GIALDI ETTORE
INCERTI TINTERRI RENATO
LIPRERI GIORGIO
LUPOLI ADAMO
MARTELLI FERRUCCIO
RIVA PAOLA
ROSSI MATTEO
SILLA CLAUDIO
SIROCCHI GABRIELE
TASCARELLA CALOGERO
VICINI ROSETTA
VISIOLI ANDREA
Curiosità
Il Teatro
Teatro All'italiana
Anno di costruzione 1782, anno di restauro
1989.
Proprietà e gestione Comune di Casalmaggiore
Programmazione Prosa, Musica e Danza
Dotazioni per il pubblico
Totale posti 368
platea 108
palchi 180
loggione 80
ridotto 100
Alcuni posti sono accessibili per portatori
di handicap motorio.
Foyer all'ingresso ed al secondo ordine.
Servizio guardaroba.
Caratteristiche del palcoscenico
luce del boccascena mt.8
altezza del boccascena mt. 7
pavimentazione palcoscenico legno
larghezza massima interna mt. 17
profondità mt. 12,50
declivio 5%
graticcia mt. 12, praticabile
altezza ballatoio mt. 9
altezza dal piano di platea mt. 1,50
sipario elettrico con regolazione di velocità
manuale
fondale elettrici
americane elettriche
serie di tiri contrappesati
Sala prove, sala danza
Camerini
Camerini spaziosi dotati di doccia
Sartoria-lavanderia
Ingresso artisti Via F. lli Cairoli, 53
Carico e scarico palcoscenico Vicolo Ponchielli
Il CAI di Casalmaggiore.
Nel 1937 è stata fondata una sottosezione
dei CAI .Sede Sociale c/o Autoscuola Kramer in Via
Saffi , 10 .CasalmaggioreMail: cai.casalmaggiore@email.it
La Pro Loco Casalmaggiore
L'atto costitutivo della Pro Loco Casalmaggiore
risale al 3 aprile 1967, anche se la sua
attività era già presente sul territorio
fin dal 1958, sotto la guida del dott. Eugenio
Benecchi, storico presidente dell'associazione.
Citando e riassumendo in breve lo statuto,
la Pro Loco "svolge la sua opera nel territorio
del Comune e nelle sue zone contermini"
e si pone il primario dovere di sollecitare
l'incontro di persone ed Enti "che hanno
interesse allo sviluppo della località".
Ha il compito di svolgere e promuovere ricerche
per favorire la conoscenza e la tutela delle
risorse della zona e della collettività;
"tutelare e porre in valore con assidua
propaganda le bellezze naturali ed artistiche
monumentali del luogo"; "promuovere
e facilitare il movimento turistico, rendendo
il soggiorno piacevole, incoraggiando e appoggiando
il miglioramento dei servizi". Da questi primi propositi fondanti è evidente
che l'agire dell'associazione lavora per
la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione
del patrimonio umano, storico e naturale
Casalasco. Sede della PROLOCO CASALMAGGIOREPiazza Garibaldi, 6 Tel./Fax 0375-40039
info@prolococasalmaggiore.it
Il Museo del Bijou.
Il Museo del Bijou, istituito nel 1986 e
collocato nella sede attuale - al piano inferiore
dell’ex Collegio dei Barnabiti di Santa Croce
- nel 1996, è un museo specializzato di archeologia
industriale che documenta un periodo glorioso
dell’industria casalasca e, più in generale,
offre interessanti spunti per la storia del
costume e della moda.
Il Museo è diviso in tre sezioni: oggettistica,
archivistica, tecnologica. Nella sezione
oggettistica sono conservati quasi 20.000
oggetti, tutti prodotti dalle diverse fabbriche
di Casalmaggiore tra i primissimi anni del
Novecento e gli anni Settanta. Nelle sale
del Museo sono esposte anche molte macchine
utensili, attrezzi da lavoro, fotografie
di ambienti di lavoro e cataloghi che documentano
e illustrano i diversi aspetti della produzione
industriale di Casalmaggiore.
La produzione industriale della bigiotteria
a Casalmaggiore iniziò nel 1887 e si consolidò
fra la fine dell’Ottocento e il primo decennio
del Novecento, configurando un fenomeno industriale
pressochè unico in Italia. Fino alla fine
degli anni ‘20 le fabbriche di Casalmaggiore
produssero "bijoux d’imitation",
cioè bigiotteria in "placcato oro"
o dorata in bagni galvanici, fatta per durare
nel tempo, con le stesse tematiche e le stesse
tecnologie dell’oreficeria in metalli preziosi.
E’ dai primi anni Trenta, da quando cioè
le tre maggiori imprese operanti a Casalmaggiore
confluirono nella nuova Società anonima Fabbriche
Riunite Placcato Oro, che iniziò la produzione
della bigiotteria "moderna" fatta
di forme e materiali nuovi, fortemente legata
alla moda e influenzata dai fatti sociali,
sportivi, politici, bellici, militari, religiosi.
Ma è anche da questo periodo che la nuova
fabbrica cominciò a diversificare la sua
produzione: oltre alla bigiotteria "moderna"
iniziò a produrre portasigarette, portacipria,
portarossetti, oggettistica e medaglistica
pubblicitaria e devozionale, occhiali da
sole.
Tutte queste tipologie di oggetti sono ampiamente
rappresentate nelle teche del Museo, che
occupa una superficie di 370 metri quadrati, di cui 260 riservati all’esposizione permanente,
mentre due spazi sono destinati rispettivamente
a laboratorio didattico e a sala per mostre
temporanee. Di tutta la raccolta, ordinata
per specie e per epoca, è stato realizzato
un inventario fotografico a grandezza naturale.
All’interno del laboratorio didattico si
tengono corsi di bigiotteria per adulti,
mentre per le scolaresche è possibile assistere
a dimostrazioni e partecipare attivamente
all’esecuzione di semplici manufatti in metallo
non prezioso.
Il Museo è aperto tutti i giorni, feriali
e festivi, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle
18.
Per informazioni e prenotazioni:
Ufficio Cultura del Comune (tel.0375/42030,
fax 0375/200251)
Biblioteca Civica (tel.0374/43682)
Pro Loco (tel.0375/42309).
Sito: http://www.museodelbijou.it/
Sede : Via Azzo Porzio n.9 , Casalmaggiore.
Santuario della Madonna della Fontana
- L’878 è la data più antica in cui si fa
riferimento (in un contratto di permuta di
terreni) al “pozzo di S. Maria”.- Al 1320 si fa risalire il primo miracolo
attribuito alle acque della fonte qui presente
(un cieco riacquistò la vista).
- Attorno al 1400 si trova a vivere nelle
vicinanze del santuario (ancora non esistente)
una vergine di Casalmaggiore, la Beata Toscana Gualtieri. Questa giovane, dopo aver preso i voti visse,
fino alla morte nel 1440 in una cella adiacente il santuario infliggendosi
severe punizioni e mangiando quello che le
offrivano i fedeli attraverso la ruota. Il suo corpo, dopo la prima sepoltura, fu trasportato
nel santuario nel 1610 e venne ritrovato
intatto, con lunghi capelli biondi e ancora
profumato. A lei sono attribuiti molti miracoli.
- A seguito della devozione attirata dal
primo miracolo della “Fontana” si costruì
un tempietto per riparare dalle intemperie
un’immagine della Vergine posta accanto alla
fonte.
- Qualche opinione contraria sostiene che
il tempietto risalga alla seconda metà del
1400, dopo un nuovo miracolo delle acque
della fontana (un infermo che riprese a camminare).
- La testimonianza più affidabile ce la dà G. Romani che fa risalire la costruzione del tempietto
al primo miracolo (quello del 1300) e l’edificazione
della Chiesa al 1463 (dopo il secondo miracolo).
L’antico tempietto sorgeva in corrispondenza
dell’attuale cripta del santuario.
- Attorno al 1450 arrivano a Casalmaggiore
i frati Servi di Maria, distaccati da Cremona
su insistente richiesta della popolazione
Casalasca. La loro prima sistemazione non
fu però qui, ma in prossimità del fiume Po
che con le sue acque rendeva malsano l’ambiente.
Il primo convento fu allora abbattuto e qui
ricostruito nel 1471, dedicato a S. MARIA
DELLA FONTANA, e l’antica effigie della Vergine
fu esposta alla venerazione pubblica.
- Secondo il Romani la Chiesa, già esistente,
fu donata ai frati dalla popolazione che
ne fece formale rinuncia.
- La devozione dei casalesi (e non solo)
aumentò quando fu attribuito alla Madonna
della Fontana l’allontanamento della peste
del 1500.
- Nel 1630 la peste tornò a Casalmaggiore
e decimò 1/3 della popolazione; solo con
le acque della fontana le cose migliorarono,
tanto da richiamare l’attenzione del tribunale
dei prefetti della sanità di Milano. Un inviato
del tribunale venne al santuario con molti
soldi chiedendo la celebrazione di una messa
e promettendone altri se la peste avesse
lasciato Milano. Prima di andarsene prese
molta acqua miracolosa che, anche a Milano,
risolse le cose. La città però non adempì
il suo voto ed i padri casalaschi scrissero
una lettera in cui reclamavano la loro ricompensa
per poter terminare la costruzione del santuario.
Milano pagò il suo debito.
- Nel 1778 la Madonna della Fontana liberò
la città dalla siccità durata 5 mesi, mandando
la pioggia al termine di un triduo di preghiera
straordinario.- Ancora nel 1855 il colera venne a decimare
la popolazione e i devoti cittadini si rivolsero
alla Vergine del Santuario: tutto andò bene
ed ancora oggi, il 31 maggio, i casalesi
e gli abitanti d
ei paesi vicini fanno una processione votiva
a piedi fino al santuario.
- I Servi di Maria lasciarono il convento
con la venuta di Napoleone che, solo per
l’interposizione del Romani, lasciò la chiesa
aperta al culto.- Nel 1902 il Vescovo di Cremona mons. Bonomelli
mandò al convento della Fontana i padri cappuccini
che ridiedero vita al santuario dal punto
di vista sia spirituale che materiale. Infatti
nel 1912 fecero ridipingere la cripta.
- Solo nel 1991 si intrapresero i restauri
che resero la chiesa così come la vediamo
oggi, riportando alla luce antichi affreschi
testimonianti la devozione dei casalesi.
- È inutile dire che sono molto sentite le
celebrazioni che riguardano la Vergine: il
25 marzo per l’Annunciazione, il 15 agosto
per l’Assunzione e l’8 dicembre per l’ Immacolata
Concezione, oltre a tutto il mese di maggio
che si conclude col grande pellegrinaggio
di cui dicevamo prima.
- All’interno del santuario ricorre spessissimo
la raffigurazione della Madonna con ai suoi
piedi l’immagine, in venerazione, del committente
del dipinto.
La Casa di Riposo
La FONDAZIONE CONTE CARLO BUSI ONLUS , nasce il 1° aprile 2004, in seguito allla fusione e trasformazione delle
IPAB "Istituto Geriatrico Conte Busi"
e Orfanatrofi Riuniti.
La Fondazione gestisce una Residenza Sanitario-Assistenziale
per anziani non autosufficienti (totali e
parziali), un Nucleo Alzheimer, un Centro
Diurno Integrato e Minialloggi Protetti.
Gestisce inoltre la comunità socio sanitaria
"I GIRASOLI" per disabili gravi
e medio-lievi.
L'erogazione dei servizi socio sanitari rivolti
sia alla popolazione anziana che ai soggetti
portatori di handicap è garantita dalla presenza
di figure professionali di elevato livello.
Il centro ospita inoltre un efficiente reparto
specializzato nell'assistenza dei malati
di Alzheimer.
Sede: via Formis n°4 - 26041 CASALMAGGIORE
(CR) --- telefono 0375.436.44-5-80 - fax
0375.435.62
La storia della Fondazione Conte Carlo Busi
ospizio di mendicità Conte Carlo Busi Trae la sua origine per espressa volontà
del Conte Carlo Busi, che con testamento
olografo del 31 dicembre 1898 e successivi
codicilli, pubblicato il 23 settembre 1899, in atti del notaio dott. Somenzi di Casalmaggiore
affinché istituisse, nel palazzo avito, un
ospizio autonomo di mendicità sotto il titolo
"Fondazione Pia Conte Carlo Busi".Essa aveva per scopo di ricoverare e mantenere
i poveri inabili al lavoro e i vecchi senza
famiglia di ambo i sessi che mancassero di
mezzi propri e di parenti tenuti per legge
al loro mantenimento e che non potessero
trovare ricovero in altri istituti di assistenza
e beneficenza.Con decreto del Prefetto di Cremona del 26
marzo 1900 si autorizzava la Congregazione
di Carità ad accettare l'eredità del Conte
Carlo Busi fu Conte Antonio.
La stessa congregazione deliberava, nell'aprile
1900, di costituire in ente morale la Fondazione Busi e di dotarla, il 28 ottobre 1901, di un
proprio statuto organico, entrambi costituiti
ed approvati con R.D. del 7 settembre 1902.Essa aveva sede nel palazzo Busi in Casalmaggiore
ed era amministrata e diretta dalla Congregazione
di Carità in virtù della Legge del 17 luglio
1890, sulle istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza.
I requisiti di ammissione erano:
età non inferiore ad anni 16;
provata miserabilità ed impotenza ad un lavoro
atto a procurare il proprio sostentamento
e mancanza di parenti obbligati per legge
al mantenimento;
essere nati e domiciliati nel comune o avervi
dimora da almeno cinque anni;
essere immuni da malattie contagiose o pericolose
a sé e ad altri;
non poter essere accolti presso altri benefici
istituti.
Altre disposizioni particolari riguardavano
i mendicanti.
L'assistenza ai ricoverati nell'Istituto,
doveva essere affidata alle Suore di Carità
per espressa volontà del testatore.
In virtù delle leggi del 17 luglio 1890 n°
6972 e 18 luglio 1904 n° 390 nonché dei relativi
regolamenti e su proposte della locale Congregazione
di Carità furono unificati in un unico ente
"L'Ospizio di Mendicità Conte Carlo
Busi" e la "Pia Casa di Ricovero" che assunse la denominazione
di "Ospizio di Mendicità Conte Carlo
Busi".
Tale fusione venne approvata con R.D. del
7 maggio 1922 con il quale si approvava anche
lo statuto organico della nuova Istituzione.
Gli scopi rimasero gli stessi e ad essi di
provvedeva per il tramite dei patrimoni delle
istituzioni testé unificate; con l'eventuale
profitto del lavoro dei ricoverati; con il
contributo del comune per quanto di competenza
e con le rendite dei ricoverati a pagamento.
Una rigorosa separazione veniva osservata
per i ricoverati di diverso sesso ed età,
nessun credo religioso poteva essere imposto
ai ricoverati, ognuno di essi all'occorrenza
poteva farsi assistere dal ministro del culto
a cui apparteneva.
I ricoverati venivano dimessi quando cessava
di esistere lo stato di necessità ed erano
espulsi anche per cattiva condotta morale.
on potevano essere ricoverate le persone
affette da malattie mentali o contagiose.
L'amministrazione e la direzione rimasero
di competenza della locale Congregazione
di Carità, così pure l'assistenza dei ricoverati
che rimase affidata alle Suore di Carità.
Con la soppressione della Congregazione di
Carità (1937) l'amministrazione e la direzione
dell'Ospizio di Mendicità venne espletata
dall'Ente Comunale di Assistenza, per poi
esserne estrapolato, con R.D. del 16 marzo
1939, e confluire nelle Opere Pie Decentrate
di Casalmaggiore.
Nel 1999 l'Ospizio di Mendicità, rimanendo sotto la
gestione delle Opere Pie Decentrate, cambia
la propria denominazione in "Istituto
Geriatrico Conte C. Busi".
IL 1° aprile 2004, in seguito alla Legge Regionale n.1 del 13/02/2003
in materia di riordino delle IPAB, l'Istituto
Geriatrico viene fuso con gli Orfanatrofi
Riuniti e trasformato in FONDAZIONE ONLUS
di diritto privato, con Delibera della Giunta
Regionale n. 16884 del 26 marzo 2004.
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** materiale racolto ed organizzato da Gian
Carlo Storti- Cremona 8 ottobre 2006.
 
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