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 Cronaca

15 Settembre, 2002
Pizzetti: per il PD radicamento e innovazione
L'Intervento del parlamentare cremonese al Coordinamento Nazionale del Parttio Democratico - Roma 15 maggio 2008

Quella di Veltroni è una relazione positiva, con una ricostruzione che condivido molto a partire dal giudizio sulle elezioni del 2006 e sul post.

Abbiamo perso le elezioni, sconfitta seria, ma con il PD abbiamo fatto un investimento a rendita differita.

Il PD può farcela se tiene insieme discussione e solidarietà, non perché siamo in emergenza ma perché è il solo modo per dar corpo anche a una classe dirigente rinnovata, che interpreti una relazione non più profonda ma più concreta con la società. Il PD si è fatto sentire ma non ancora ascoltare, e nel nord ha aperto fessure però il muro è ancora da abbattere: il muro della diffidenza nostra verso le dinamiche della società, abbondantemente ricambiata da larghi strati sociali nei nostri confronti. Questa è la ragione della nostra condizione di mi-noranza culturale prima ancora che politica.

1) Ricostruire una cultura politica non è compito di brevissimo periodo. Non è che gli italiani non ci hanno capiti: non ci hanno creduti! Radicarsi politicamente è maledettamente complicato quando per lungo tempo ti sei sradi-cato socialmente. Non comprendendo che gli interessi e la loro rappresentanza si definivano sempre meno verticalmente (lavori/imprese) e sempre più orizzontalmente, su percezioni di senso comunitario che oltrepassano i confini sociali.

Nel Nord, in Lombardia, è su questa linea di frontiera che finisce il '900. La insicurezza è un paradigma di tutto ciò, così come lo è la questione fiscale, così come lo è il paradosso di un’antistatalismo protezionistico. Temi che accomunano persone alimentando nuove alterità.

La Lega non è più un partito antisistema. Ha prima interpretato e poi rappresentato questi fatti nuovi. E’ qui che si collocata il salto: dal voto di protesta al voto di tutela. Si parla di exploit del voto leghista. Non è così. C’era già stato in passato. Anche di più. La novità è la consapevolezza e il senso politico del voto di ora, il suo consolidamento, il suo farsi sistema.

Le Lega che mette insieme Patto tra produttori e Patto tra cittadini: sovrap-ponendoli e assemblandoli. Parliamo della Lega ma dobbiamo discutere di noi. 2) Il PD è stato un partito, per così dire, in controtendenza. Ha investito sull’idea di società aperta che genera inclusione nel mentre è in atto un processo inverso: di ritorno alla comunità/fortezza in risposta a quello che molti ormai definiscono lo spaesamento della globalizzazione.

La globalizzazione, una sorta di Giano bifronte di cui abbiamo giustamente evocato le opportunità indotte, ma non assorbito le nuove diseguaglianze generate. Senza tale assorbimento sarà difficile “comunicare il coraggio ed il valore dell’innovazione”, come sostenuto da Veltroni. Comunicheremo forse il coraggio non certo il valore.

Le liberalizzazioni sono state importantissime, eppure se le osserviamo be-ne hanno generato consenso largo ma epidermico, laddove organizzazioni forti non hanno determinato conflitto. Dove il conflitto c’è stato anche il consenso è molto calato. Il risanamento è persino rivoluzionario. Risana-mento messianico e liberalizzazioni hanno prodotto rotture che una pseudo maggioranza fragile e frastagliata non è stata in grado di governare. Ecco il valore dell’analisi sul 2006. A ciò si aggiungono errori, il più grande nel suo approccio evocativo è stato la revisione delle aliquote che ha accompagnato la prima finanziaria, allontanando nuovamente da noi, nel nord, molta di quella che si definiva fino a qualche tempo fa classe media.

Attenzione ora al tema detassazione straordinari. Non saremo capiti solo con la proposta alternativa. Occorre dire che la detassazione non basta, che è solo un primo passo e mettere in campo la nostra proposta, ma guai ad opporci. Gli italiani non hanno bisogno di essere violentati dalla modernità ma ac-compagnati nella modernità. Questa dovrebbe essere la funzione di un par-tito aperto in una società aperta. Un partito radicato non perché più solido o più liquido ma per essere espressione della società materiale.

Ecco perché il tema non è il Partito del Nord: mentre la Lega si nazionalizza noi ci regionalizziamo?

E poi c’è il voto del Sud. E poi c’è quello di Roma.

Il tema è dare corso e corpo alle scelte già compiute di un partito federale, che muove dai territori, che magari fa una discussione in meno sulle primarie e una in più su chi, cosa e come intende rappresentare, anche perché le primarie non sempre sono strumento di rinnovamento, a volte determinano chiusura e premiano la conservazione, lo affermo convinto pur essendo tra i presentatori, in Commissione Statuto, dell’emendamento per l’introduzione di questo strumento.

In Lombardia governiamo molte realtà locali pur avendo una maggioranza elettorale sono nella città di Mantova: lo facciamo grazie all’iniziativa politica non per altro. Non occorre sostituire il fine con il mezzo.

Io che ho condiviso moltissimo l’impostazione elettorale, condivido molto che si faccia una riflessione seria ora: per proseguire, non per fare il gioco dell’oca ad esempio sul tema delle alleanze, decisivo ma dipendente anche da come si riorganizzano e il centro disperso e la sinistra disarticolata. Contenuti e progetti per riaprire porte, poiché la sfida non è rivolta solo a noi, siamo noi a sfidare gli altri. E in un Partito federale non si discute qui di alleanze locali.

Le nuove relazioni politiche con la maggioranza sono fondamentali e perso-nalmente condivido molto l’approccio. È chiaro che una democrazia liberale accomuna nell’autoriconoscersi nelle regole ma esalta le differenze politiche. Perché non è vero che ormai tutto è diventato neutro, secondo il falso leitmotiv che un problema non è né di destra né di sinistra. Il problema non sarà né di destra né di sinistra ma le soluzioni si, nel senso che Rosy Bindi ha richiamato poco fa.

Voglio dire che pur in una dura sconfitta elettorale il PD resta un partito atteso da molte più persone di quelle che ci hanno votato, le quali non credo siano però propense ad aspettare in eterno.

 


       



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