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15 Settembre, 2002
L’ eleganza democratica di La Malfa e Visentini di Massimo Negri
Cari amici di Welfare Cremona,l’ ultimo libro di Eugenio Scalfari, L’ uomo che non credeva in Dio, (Ed. Einaudi)è un testo autobiografico che offre diverse chiavi di lettura....

L’ eleganza democratica di La Malfa e Visentini
Cari amici di Welfare Cremona,l’ ultimo libro di Eugenio Scalfari, L’ uomo che non credeva in Dio, (Ed. Einaudi)è un testo autobiografico che offre diverse chiavi di lettura, dalla riflessione morale allatestimonianza di vita di uno dei padri del giornalismo italiano. Per lo scopo di questalettera mi soffermo sulla sua definizione di “osservatore partecipe”. Scalfari è, da oltremezzo secolo, partecipe nel senso dell’ ètimo: prende parte e osserva stando in una parte.In tale veste, nel corso della sua carriera, ha frequentato, con la dovuta autonomia, il mondo politico, interrogandolo e dando voce all’ opinione pubblica progressistache lui stesso ha contribuito a formare.

Uno degli uomini politici che più ha stimato è stato Ugo La Malfa che, in una sera di

capodanno, nella Maremma di Orbetello, gli svelò un segreto del fare politica: il gioco

di sponda, mutuato dal biliardo. Un’ arte che permetteva al Partito Repubblicano di

contare di più rispetto al suo limitato peso elettorale. All’ obiezione di Scalfari “Va bene,

ho capito. Ma qual’ è l’ obiettivo? Arrivare al 7, al 10, al 12 per cento? Ci metterai

trent’ anni e saremo tutti morti”, La Malfa rispose: “Non mi importa nulla di fare

aumentare i voti del mio partito. Anzi non m’ importa del mio partito. Io voglio che i

comunisti diventino democratici, la destra italiana diventi democratica, il capitalismo

italiano diventi democratico, la borghesia diventi democratica. Noi viviamo in un paese

diviso tra due chiese, entrambe con vocazione teocratica, entrambe con due diversi

paradisi. Io voglio che cambi sia la sinistra sia la destra. Voglio una democrazia compiuta

e matura. A quel punto potrò morire in pace”.

Scalfari, nel suo libro, completa così la narrazione: “Passarono molti anni da quella notte e

accaddero molte cose in Italia e nel mondo. Ma ricordo ancora la mattina in cui le agenzie

diffusero il testo del discorso di Enrico Berlinguer quando disse che la Rivoluzione

d’ ottobre aveva perduto la sua spinta propulsiva e bisognava cercare vie nuove per il

comunismo. Era l’ autunno del ’78, Aldo Moro era stato rapito e ucciso dalle Brigate

Rosse, un’ atmosfera cupa e tesa gravava sul paese. Squillò il telefono, all’ altro capo

del filo riconobbi la sua inconfondibile voce e l’ accento siciliano che ancora conservava.

“Hai sentito?” mi disse. “Ho sentito, sì”. “Sono arrivati all’ appuntamento. Capisci?

Sono arrivati!”. “Avremo ancora molta strada da fare”, dissi io. “Certo, molta strada,

ma si è messo in moto un processo irreversibile. Irreversibile”, ripeté scandendo quella

parola. “Adesso tocca a noi, perché tutti gli altri tenteranno di non farli uscire dal ghetto.

Tocca a noi aprirgli la strada. Tocca a noi aiutarli e pungolarli”. Era una voce appassionata

e missionaria. Quella telefonata io la pubblicai sul giornale che dirigevo. E poi cercai

come potevo di tener fede all’ impegno di pungolarli e aiutarli ad uscire dal ghetto e ad

approdare alla democrazia compiuta. Lui morì poche settimane dopo. Un colpo

improvviso. La politica per lui fu, non a parole, la visione del bene comune. Cioè una

visione morale. Però fu una rara eccezione”.

 

La selezione di questo brano mi riporta a un breve ricordo personale dei tempi universitari.

Un pomeriggio della tarda primavera del 1984, alla vigilia del voto per il Parlamento Europeo,

invece di studiare, me ne andai alla sede del Pri di Bologna ad ascoltare Bruno Visentini

invitato a chiudere la campagna elettorale. Nel dibattito che si aprì dopo il suo intervento,

un anziano militante chiese come mai il partito avesse accettato, senza colpo ferire, la candidatura

di Altiero Spinelli come indipendente nelle liste del Pci anziché del Pri. Ripresa la parola,

Visentini spiegò che, in fin dei conti, era meglio così. A cosa serve, soggiunse, qualche voto

in più a chi già la pensa allo stesso modo? Assai più utile sarebbe stata l’ azione di Spinelli

in un campo nel quale i suoi ideali europeisti non avevano ancora ben attecchito.

I fatti futuri diedero ragione al Senatore Visentini.

 

L’ eleganza della sua risposta sciolse le residue incertezze. Sino ad allora avevo

votato per i due partiti della sinistra storica, il Psi e il Pci, ma per le imminenti

elezioni avrei scelto l’ Edera. Molti anni sono passati da allora. Oggi confido che

il Pd sappia ereditare il meglio di quella tradizione.

 

Cordiali saluti

Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)

 


       



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