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 Scuola... parliamone!

15 Settembre, 2002
Finalmente ... dalle parole.... ai fatti
Interviene Monica Manfredini, mamma di due figli, docente di matematica scuola secondaria di secondo grado e Segretario generale CISL Scuola di Cremona

Dopo gli ampi e approfonditi dibattiti sulla necessità di reintrodurre l’uso del grembiulino nella scuola al fine di nascondere una differenziazione economica ed evitare così ai bambini la sgradevole sensazione di essere diversi e ai docenti la tentazione di valutare in base al censo, dopo l’esternazione del ministro-genitore (Bossi) che ha individuato nella provenienza geografica dei docenti la causa della bassa qualità della scuola italiana (inadeguatezza palesata nella bocciatura del proprio figliolo), dopo le affermazioni del ministro del Welfare (Sacconi) che hanno sancito come non lavoro l’attività docente (a scuola sono andati i sessantottini perché è “sempre meglio che lavorare”), dopo l’intervento provvidenziale del ministro Brunetta che ha eliminato tutti i fannulloni, dopo le dichiarazioni della necessità di far ritornare ad essere la scuola italiana quella scuola del decoro, del rigore e del merito propria del pre–sessantotto così ben descritta da Don Milani, ecco finalmente le prime urgenti decisioni dell’esecutivo per concretizzare quanto dichiarato e passare infine dalle parole ai fatti.

Nel Decreto Legge del 1 settembre 2008 sono contenute le soluzioni agli annosi problemi:

1. Per una scuola che sia rigorosa e meritocratica
Si ritorna al voto in decimi in tutti gli ordini di scuola: molta enfasi per quella che è una formalità burocratica. In assenza della definizione di standard nazionali ovvero di cosa i ragazzi devono conoscere e saper fare, anche i numeri non sono affidabili. Sono forse semplici e precisi, come dice il ministro Tremonti, ma di per se, come sanno invece anche i bambini, non dicono nulla sulle conoscenze e abilità in possesso, né sul tipo di accertamento fatto. Con la nuova disposizione al posto di sufficiente nelle schede di valutazione (“le pagelle”) i docenti dovranno scrivere sei (oppure 6: per migliori precisazioni rimarremo in trepidante attesa di circolari esplicative inviate come al solito d’urgenza il giorno prima della consegna delle schede). I docenti però possono comunque gioire, perché con tale decisione, il ministro Gelmini manda definitivamente al macero quello che era stato il fiore all’occhiello della riforma Moratti ovvero il Portfolio.

2. Per una scuola che formi i cittadini
Nasce la nuova materia “Cittadinanza e Costituzione” della quale l’unica cosa certa è che dovrà costare zero. In questo l’iniziativa non è sicuramente innovativa: la scuola italiana già conosce l’ora di educazione alla alimentazione, l’ora di educazione stradale, l’ora di educazione alla salute, l’ora………

3. Per una scuola del decoro e della disciplina.
Torna la valutazione (sempre rigorosamente in decimi) del comportamento degli studenti, con la bocciatura o la non ammissione agli esami, con il cinque in “comportamento”. Un ritorno celebrato come la soluzione della degenerazione dei rapporti tra le persone e per ora solo affermazione di facciata, in attesa di un apposito provvedimento che definisca le modalità applicative e i criteri di valutazione.

4. Per una scuola per tutti
L’adozione dei libri di testo dovrà avvenire con cadenza quinquennale. Nulla da dire: il governo si è reso conto che scaricare libri da internet e produrne relativa stampa costa comunque parecchio e in questo modo viene tra l’altro agevolata la pratica dell’usato.

Come si vede si tratta di interventi veramente “strutturali” e soprattutto a costo nullo per lo stato.

Il testo però non si ferma qui: in un articolo di due commi risiede il vero motivo dell’urgenza di questo decreto emesso nel primo giorno del nuovo anno scolastico, motivo espresso con chiarezza dal ministro Gelmini nella trasmissione radiofonica di Radio Anch’io del 4 settembre 2008.

Poiché si è al collasso economico e finanziario e lo stato non è più in grado di sostenere il costo del sistema scuola, bisogna liberare risorse, ovvero diminuire i costi. La missione impossibile del nuovo ministro è quella quindi di spendere meno e nello stesso tempo migliorare la qualità (poiché non si ha il coraggio di dire all’opinione pubblica che si peggiora il servizio offerto). Detto in parole povere, come si diceva nel buon tempo antico nella nostra terra lombarda, si cerca di avere la botte piena e la moglie ubriaca.

Dopo aver accantonato la possibilità di ottenere risparmi attraverso la chiusura di scuole nei piccoli comuni, confrontandosi con le diverse realtà locali e periferiche, si è optato per una soluzione centralista: il ritorno al maestro unico e un tempo scuola di 24 ore settimanali.

Dice il ministro Gelmini ai radioascolatori (con una logica ineccepibile alla Catalano): perché devo pagare tre maestri se ne posso pagare uno?

Perché, scrive il ministro Tremonti sul Corriere della Sera, si è passati da un maestro per tre classi (questo mi sfugge … io conosco un solo Maestro che ha qualche attinenza con la trinità, ma non mi risulta sia mai stato dipendente dello stato italiano) a tre maestri per classe? La risposta è semplice, per il ministro: lo si è fatto per elargire stipendi a docenti che non servono e che hanno abbassato le prestazioni della buona scuola di una volta.

A questo punto però i conti non tornano e sono necessari alcune precisazioni. Dire che l’abbandono della figura del maestro unico abbia provocato l’abbassamento della qualità della scuola primaria è falso. I dati dell’indagine Internazionale PIRLS 2006, quella effettivamente rivolta ai bambini di nove anni (i ministri citano solo Pisa 2006 che però è sui ragazzi di 15 anni!!!) indicano che i bambini italiani ottengono risultati nettamente superiori alla media internazionale. Non solo, l’Italia, contrariamente a paesi come Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Paesi Bassi e Svezia che presentano risultati in diminuzione, migliora rispetto al 2001 classificandosi sesta nel mondo, e seconda in Europa dietro al Lussemburgo.

La riforma a cui i ministri si riferiscono è evidentemente quella del 1990 dove si prevedevano due organizzazioni: “tempo pieno” per un monte ore di 40 ore settimanali comprensivo del tempo mensa con due maestre per classe (e quattro ore alla settimana di compresenza) e “nuovo modulo” con un monte ore di 30 ore settimanali senza mensa con tre maestre su due classi (errore di conto ministro Tremonti!) con tre ore di compresenza.

Attualmente però è in vigore (?!?!) la riforma Moratti, che prevede un tempo scuola a scelta delle famiglie tra le 27 e le 30 ore senza mensa; per far fronte alle richieste del tempo mensa, in molte scuole (soprattutto nella nostra provincia) le ore di compresenza sono state abolite ed è impossibile realizzare qualsiasi forma di attività alternativa.

Con un maestro solo per classe a 24 ore settimanali, mensa, tempo pieno e attività opzionali sono di fatto cancellate.

Però il ministro ha assicurato che saranno esaudite le richieste delle famiglie!!!!

Ma come?

Io vedo solo cinque scelte:

1.Le persone lavorano gratis
2.Pagano le famiglie
3.Pagano gli enti locali (che notoriamente navigano nell’oro)
4.Pagano mitiche Fondazioni, di cui al momento non abbiamo traccia
5.Tutti si attaccano al tram!!!!!

Il ministro non ha ancora indicato quale sarà la soluzione prescelta.

Docenti e famiglie rimangono in fiduciosa attesa dell’opportuno Decreto Legge.

Monica Manfredini
mamma con due figli
docente di matematica scuola secondaria di secondo grado
Segretario generale CISL SCUOLA CREMONA


 


       



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