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15 Settembre, 2002
Migranti più istruiti degli italiani
I dati del Dossier statistico immigrazione 2005 della Caritas-Migrantes

Gli immigrati sono mediamente più istruiti degli italiani. Questo dato emerge dalla quindicesima edizione del Dossier statitico immigrazione 2005 della Caritas-Migrantes che è stato presentato a Roma. Secondo il Dossier il 12% dei residenti stranieri possiede una laurea mentre, tra gli italiani la percentuale dei laureati è del 7,5%. L’incidenza è maggiore anche tra i diplomati (27,8% contro 25,9%) e tra coloro che posseggono la licenza media (32,9% contro 30,1%). Eppure, permane lo stereotipo secondo cui “immigrato” corrisponde a “badante o manovale”. Una ricerca dell’Università di Modena e Reggio Emilia, condotta su 1.049 intervistati, evidenzia che gli immigrati riescono a conseguire, anche se con fatica, dei miglioramenti professionali ma, un terzo lamenta di essere costretto a svolgere “lavori pesanti”. dati - sottolinea il rapporto - mostrano la necessità di nuove e più mirate strategie di inserimento professionale. Questi dati mostrano la necessità di nuove e più mirate strategie di inserimento professionale.
Quest’anno il lavoro presenta l’emblematico sottotitolo “Immigrazione e globalizzazione”, che evidenzia come “l’immigrazione è un potente fattore di cambiamento e di sviluppo nel mondo e gli immigrati sono i promotori di una globalizzazione più umana”. I lavoratori immigrati in Italia rappresentano circa il 9% delle forze lavoro. Il tasso medio di disoccupazione degli immigrati è vicino all’8% registrato per gli italiani, sebbene diversificato per territorio: molto al di sopra nel Nord, poco al di sopra nel Centro e al di sotto nel Sud, secondo i primi risultati della nuova indagine sulle forze lavoro promossa dall’Istat nel 2004. Prevalgono i contratti di lavoro a termine e quelli a tempo parziale, mentre sono ridotti gli impieghi ad alta qualifica (solo 1 su 10, tre volte meno degli italiani), con evidente sottoutilizzo delle loro risorse professionali, a fronte dell’aumentato fabbisogno di figure professionali qualificate. Circa un terzo dell’intera forza lavoro immigrata in Italia è stato assoggettato a mobilità occupazionale: si tratta di 783.303 nuovi contratti, inclusi i lavoratori arrivati dall’estero e quelli già presenti in Italia. La ripartizione degli assunti per settore è la seguente: agricoltura 13,0%, industria 39,5% e servizi 47,5%. Una ogni 10 assunzioni avviene nelle costruzioni, nel settore alberghi e ristoranti e in agricoltura; parimenti, una ogni 10 assunzioni è interinale (ma nei contesti industriali il rapporto è di 1 ogni 4).
Un altro fenomeno interessante evidenziato dal Dossier è la cosiddetta “migrazione nella migrazione”: la forte mobilità territoriale degli immigrati tra le varie regioni del paese. Gli immigrati cambiano residenza e si spostano da una regione all’altra molto più degli italiani. Ogni 1000 stranieri cancellati dall’anagrafe 67 scelgono un’altra regione. Si tratta perlopiù di originari dell’Africa occidentale e dell’Asia centro- meridionale che lasciano le regioni del centro Sud per raggiungere quelle del Nord. Il 48,4% della popolazione immigrata è costituita da donne. Si calcola che siano circa 1 milione e 350mila, quasi il doppio rispetto al 2002, quando era stimata la presenza di circa 726 mila immigrate. Una straniera su dieci è nata in Italia e molte sono diventate cittadine italiane in seguito al matrimonio. Ogni anno si celebrano circa 7mila matrimoni misti, nel 85% dei casi riguardano immigrate europee ed americane. La provincia “più femminilizzata” è Napoli, dove le donne rappresentano superano il 62% della popolazione immigrata residente. Continua a destare preoccupazione lo sfruttamento sessuale delle immigrate. Nel 2004 sono stati concessi 811 permessi per protezione sociale. In totale, le donne inserite in questi progetti sono state, a partire dal 1998, quasi 6800. Più di 28mila sono state accompagnate ai servizi socio-sanitari e 6781 sono state avviate a corsi di formazione.
Guardando i flussi regolari si apprende che il 2005 è stato un anno “molto movimentato”. La quota ufficiale è stata di 179.000 nuovi lavoratori ma, a fronte di un numero di posti di 99.500 riservato ai non comunitari, per gli altri sono state presentate ben 240.000 domande dai datori di lavoro e dalle famiglie. “Il futuro dell’Italia sarà simile a quello attuale del Canada - si afferma -, dove un sesto della popolazione è nata all’estero, anche se non si conosce con precisione il tempo richiesto per questo cambiamento”. I flussi di ingresso irregolare, che non sono una prerogativa esclusiva dell’Italia, nell’UE ammontano annualmente a circa mezzo milione. In Italia l’arrivo via mare è quello che maggiormente colpisce l’opinione pubblica, sebbene incida solo per il 10% sul totale; un altro 15% passa attraverso le frontiere, mentre i restanti tre quarti sono costituiti da persone entrate con regolare visto e fermatesi oltre la scadenza. “In diversi ambiti e a vari livelli - continua - è avvenuto uno scambio fruttuoso tra immigrati e società italiana, purtroppo non sempre favorito dalle leggi. Oggi è tempo di arrivare a una politica matura che, riflettendo meglio su obiettivi e modalità operative, renda meno complesse e più praticabili le vie legali dell’immigrazione. Considerato che le disfunzioni costano molto in termini umani e finanziari, si deve avere il coraggio di intervenire non solo a livello amministrativo ma anche a livello legislativo, ad esempio aprendosi a nuove vie come il permesso di soggiorno per la ricerca del posto di lavoro, così come auspica anche il recente Libro Verde dell’Ue”. “Certamente si è coscienti che una politica migratoria comporta anche azioni di contrasto ai flussi irregolari, ma la legge non deve mai entrare in collisione con la dignità della persona: la tormentata discussione sui Cpt ha enfatizzato queste esigenze”. [AT]

 


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