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15 Settembre, 2002
Tante anime, un solo Corano
Vittoria Prisciandaro sulla rivista «Jesus»: il volto dell’islam nel nostro Paese

I nostri vicini di casa

I musulmani che vivono in Italia sono sempre più numerosi. Vivono pacificamente nell’appartamento accanto al nostro; e i loro figli vanno a scuola con i nostri. Eppure, l’immagine che ne danno i grandi media è spesso stereotipata e distorta. Jesus ha compiuto un viaggio in questo universo complesso, variegato e diviso. Anche sulla questione "calda" dell’Intesa con lo Stato italiano.

di Vittoria Prisciandaro


Coccinelle e lupetti multietnici e multireligiosi. E un domani, chissà, alcune guide scout in pantaloncini e altre con il velo. È l’esperimento che si sta tentando a Roma in un centro diurno per minori gestito dall’associazione Astalli. Dalla collaborazione con la Federazione degli scout d’Europa è nata l’idea di dare vita a un gruppo scout multireligioso. Il metodo scout cerca strade nuove per incontrare la società che cambia, ma non è il solo: nelle scuole elementari, negli oratori, nel mondo del divertimento e dell’abbigliamento si fanno i conti con una società ormai plurale, in cui la componente musulmana è sempre più numerosa e chiede diritto di cittadinanza.

Le statistiche dicono che oggi i musulmani in Italia sono quasi un milione, circa il due per cento della popolazione. Percentuali ancora basse, se confrontate con una media europea del 4 per cento. Marocco, Albania, Senegal, Tunisia, Egitto, Bangladesh e Pakistan, Algeria e Bosnia, Nigeria e Turchia... è l’elenco dei Paesi che ogni imam vi farà se gli chiederete da dove vengono i fedeli che frequentano la sua moschea. Infatti, oltre a un nucleo di convertiti italiani, sono decine i Paesi di provenienza degli immigrati; e diversissime tra loro sono le visioni dell’islam di cui ogni cultura è portatrice. Modi di vivere e pensare la fede che qui devono essere reinterpretati, o quanto meno fare i conti con la cultura e la società italiana.

È l’operazione che hanno dovuto fare coloro che vent’anni fa scelsero di studiare nelle università italiane e quanti decisero di lavorare nel commercio, nell’edilizia o nell’industria. È quanto oggi fanno i loro figli: costruire un’identità complessa, che deve mediare retaggi culturali familiari con la molteplice e contraddittoria realtà italiana.

In questi venti anni, dice Stefano Allievi, uno dei maggiori studiosi dell’islam italiano, i cambiamenti più significativi nella comunità musulmana sono stati la presenza delle seconde generazioni («che hanno bisogno di maggiore integrazione e quindi coinvolgono anche i genitori») e il processo di femminilizzazione. Se all’inizio l’immigrazione era fatta da giovani maschi soli, oggi siamo in presenza di famiglie, che vivono stabilmente in Italia. «E le stesse persone che sono arrivate vent’anni fa sono cambiate: hanno un livello di consapevolezza maggiore e una capacità di muoversi in un contesto più difficile che in passato». L’accresciuta attenzione dell’opinione pubblica, anche se talvolta in modo deformato, «ha sviluppato nella comunità islamica un’attitudine al dibattito e al confronto, anche interno». I problemi aperti? «L’incapacità di comunicare in modo chiaro con l’opinione pubblica; la difficoltà nel fare sintesi tra i conflitti, per individuare degli obiettivi comuni; e, soprattutto, il fatto che in questi vent’anni sono cambiate poche leadership: sia nelle organizzazioni dei convertiti, sia nelle altre, sia tra gli imam, c’è pochissimo turn over», conclude Allievi.

Ma qual è il volto dell’islam nel nostro Paese? Se le cronache preferiscono raccontare quello estremo e minoritario - chi non ricorda gli show nei salotti televisivi di Adel Smith, guida di un’organizzazione quasi inesistente, l’Unione musulmani d’Italia -, esiste una maggioranza pacifica, plurale al suo interno, fatta anche da associazioni culturali e da intellettuali, più o meno integrata nei piccoli centri e nelle grandi città, che nella prassi sta cercando una via italiana all’islam. Spesso con il contributo degli enti locali: «In questi anni il quadro istituzionale è cambiato pochissimo», dice Allievi, «ma a livello locale c’è una presa d’atto della presenza islamica in cose molto concrete: scuole, mense, mediatori culturali. In questo, anche la Chiesa e il mondo cattolico giocano un ruolo importantissimo».

Il sociologo Renzo Guolo distingue quattro gruppi tra le diverse anime dell’islam italiano: «I neotradizionalisti, divisi al loro interno tra attivisti e separatisti: i primi pensano a un’identità islamica strutturata, lavorano sulla scena pubblica e fanno riferimento all’Unione della comunità e delle organizzazione islamiche in Italia (Ucoii), mentre i secondi non vogliono nessuna contaminazione con la società italiana e, per intenderci, fanno capo alle moschee milanesi di viale Jenner e via Quaranta». [...]

[L’articolo completo, approfondimenti e immagini su «Jesus» - link in fondo pagina - red.]

 


       Commento «Jesus»



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