15 Settembre, 2002
A quando il referendum montenegrino?
La Commissione Europea: «purché sia un accordo tra le parti»
Da Podgorica, scrive Jadranka Gili / Osservatorio sui Balcani
Il governo promette il referendum sull’indipendenza del Montenegro per la
prossima primavera, l’opposizione è nettamente contraria. La Commissione
europea riconosce il diritto al referendum, purché sia un accordo tra le parti.
Attese le conclusioni della Commissione di Venezia
Il 7 novembre scorso è iniziato a Belgrado il primo round delle trattative
per l’avvio del processo di associazione e integrazione all’UE della Serbia
e Montenegro (SM).
I colloqui sono trascorsi in genere discutendo sul preambolo dell’Accordo e su
principi e questioni generali concernenti la collaborazione con l’Unione
europea. Il capo del team di negoziatori della Serbia e Montenegro, il ministro
degli esteri Vuk Draskovic, ha dichiarato che le trattative sono iniziate bene e
ha espresso la speranza che fra un paio di mesi la SM riceverà la candidatura
per l’associazione all’UE. Dall’altra parte Reinhard Pribe, il direttore
della direzione per i Balcani occidentali e capo della delegazione dell’UE, ha
espresso la convinzione che i negoziati continueranno in modo costruttivo,
nonostante le numerose difficoltà, proprio perché il team della SM è pronto
per condurre le trattative.
Inoltre, nella relazione annuale della Commissione europea per la Serbia e
Montenegro per l’anno 2005, è stato valutato che l’Unione statale ha
compiuto progressi nella collaborazione con il Tribunale dell’Aia, ma si è
ribadito che la consegna dei latitanti serbo-bosniaci, Radovan Karadzic e Ratko
Mladic, resta tra le condizioni più importanti per un’accelerazione del
percorso verso l’adesione all’UE.
Il 9 novembre i funzionari dell’Unione europea sono giunti in visita anche a
Podgorica, dove hanno consegnato il documento che tratta le questioni
referendarie, inviato da Bruxelles alle autorità montenegrine e all’opposizione.
Secondo quanto riporta il quotidiano montenegrino “Vijesti” del 10 novembre
scorso, i rappresentanti della Commissione europea hanno proposto di rimandare l’annuncio
ufficiale della data del referendum sullo status del Montenegro, finché non ci
sarà un ampio consenso sulle modalità con le quali il referendum sarà
realizzato. Altrimenti, i risultati del voto referendario non verranno accettati
dalla comunità internazionale.
L’Unione europea riconosce al Montenegro il diritto di indire un referendum
sull’indipendenza. Tuttavia, la UE insiste sul fatto che il governo
montenegrino raggiunga un accordo con i partiti d’opposizione, con la Serbia e
con la comunità internazionale.
Inoltre, l’Unione europea insiste sul fatto che il Montenegro dovrebbe seguire
le conclusioni della Commissione di Venezia, organo consultivo sostenuto dalla
UE, che sta delineando le regole, in linea con gli standard internazionali, per
il procedimento referendario montenegrino.
Secondo l’emittente B92 (10 novembre) il premier montenegrino, Milo Djukanovic,
ha ribadito che il messaggio della Commissione europea sul referendum
rappresenta la risposta all’invito della Podgorica ufficiale alla
partecipazione di tutte le parti interessate a dialogare sulla questione. Il
premier ha aggiunto che il Montenegro è pronto ad accettare tutte le
raccomandazioni della Commissione di Venezia, che si basano sulla prassi dei
paesi europei.
Allo stesso tempo, diverse organizzazioni non governative considerano che sia
necessario organizzare il referendum sull’indipendenza del Montenegro nella
primavera prossima ed hanno anche chiesto all’Unione europea di prendere una
posizione costruttiva e neutrale.
A proposito del messaggio inviato dall’Unione europea si è espresso anche l’analista
politico di Podgorica, Srdjan Darmanovic. Secondo Darmanovic (B92, 10 novembre)
la démarche di Bruxelles non riguarda il rinvio del referendum sullo status del
Montenegro, ma si tratterebbe solo di un consiglio indirizzato al presidente
montenegrino Filip Vujanovic di non indirlo prima che si sia tenuta la riunione
della Commissione di Venezia, la quale a metà dicembre dovrebbe esprimersi
sulla conformità della normativa referendaria montenegrina con gli standard
europei. “Anche se arrivasse la richiesta del rinvio del referendum, Podgorica
non sarebbe in grado di rispettarla, perché il Governo ha già promesso all’elettorato
che durante il suo mandato si terrà il referendum” ha aggiunto Darmanovic.
Dall’altra parte l’opposizione montenegrina, che difende il mantenimento
dello stato comune della Serbia e Montenegro, ha inviato una lettera all’Alto
rappresentante della Unione europea Javier Solana e alla Commissione di Venezia,
con la quale sostiene che il referendum sull’indipendenza montenegrina non è
necessario, che provoca soltanto il rallentamento del processo d’integrazione
della Serbia e Montenegro e che non esistono le condizioni per organizzarlo.
Nella lettera l’opposizione ha ribadito che in un’adeguata preparazione
giuridica del referendum le questioni cruciali dovrebbero riguardare, prima di
tutto, il diritto al voto, ovvero chi dei cittadini montenegrini avrà il
diritto di votare. Secondo l’opposizione lo dovrebbero avere anche i cittadini
montenegrini che vivono in Serbia. L’altra questione importante sarebbe la
maggioranza qualificata perché il referendum possa essere ritenuto valido.
Secondo quanto riporta il settimanale montenegrino “Monitor” del 28 ottobre
scorso, la Commissione di Venezia si sta occupando di queste questioni
importanti già dal luglio scorso.
Drasko Djuranovic, giornalista di “Monitor”, spiega che la Commissione di
Venezia si è già espressa sulla prima questione nel 2001 dichiarando che il
diritto al voto lo dovrebbero avere soltanto i cittadini montenegrini presenti
sulle liste elettorali.
Sull’altra questione, quattro anni fa la Commissione non aveva una posizione
ferma e determinata, ma aveva soltanto raccomandato “la maggioranza
qualificata di modo che il risultato referendario possa essere accettato
ampiamente, evitando così destabilizzazioni.” Secondo Djuranovic è molto
probabile che la Commissione di Venezia, nella seduta del dicembre prossimo,
determini la maggioranza qualificata come necessità invece che come semplice
raccomandazione.
Per quanto riguarda le leggi europee sul referendum sembra che non ci siano
delle regole universali, ma che ogni Paese abbia le proprie.
La più severa è quella della Svezia, la quale prevede il quorum del 40% dei
voti, di tutti i votanti, a favore del referendum.
Inoltre, “Monitor” scrive che sarebbe inconsueto se la Commissione di
Venezia raccomandasse la percentuale della maggioranza qualificata, perché non
l’ha mai fatto prima d’ora.
A metà dicembre la Commissione di Venezia dovrebbe esprimersi sulla conformità
della normativa referendaria montenegrina con gli standard europei. Nel
frattempo il Montenegro rimane in una situazione molto difficile e delicata che,
secondo i sondaggi, ha spaccato a metà il Paese.
 
Osservatorio sui Balcani
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