15 Settembre, 2002
Giù le mani dal copyleft
Aderisci alla campagna *No ad una nuova «tassa sul macinato» per le rassegne stampa*
Dallo scorso 3 ottobre in internet non si può più riportare il testo di un
qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur citando la fonte.
Lo dice l'art. 32 del decreto legge n. 262.
Per poterlo fare occorre pagare un compenso all'editore. E se non lo si fa le
sanzioni sono salatissime.
Fino al giorno prima del decreto il copyleft era ammesso sul web con la sola
restrizione di citare rigorosamente la fonte editoriale e l'autore del pezzo.
Così vengono imbavagliati migliaia di siti, di blog e di forum.
La libertà non si può fermare. L'informazione su internet deve rimanere libera.
Chiediamo al Governo che ritiri questo decreto legge. Chiediamo al Parlamento
che lo cancelli.
Il diritto all'informazione non si tocca!
Aderisci alla campagna
*No ad una nuova "tassa sul macinato" per le rassegne stampa*.
*****
Peacelink - 9 ottobre 2006
Un gruppo missionario che raccoglie sul web articoli sulla guerra in Darfur. Un
comitato di quartiere che vuole documentare uno scempio ambientale archiviando
articoli della stampa locale. Un'associazione di persone colpite da una malattia
rara che vuole mettere a disposizione di tutti una rassegna stampa sui progressi
scientifici del settore. Un'associazione pacifista che vuole denunciare, con
prove giornalistiche alla mano, crimini di guerra e violazioni dei diritti
umani.
A partire da domani tutti questi soggetti potrebbero essere costretti a pagare
una "tassa sul macinato" alle associazioni degli editori per continuare a
svolgere le loro attività. La sorpresa arriva proprio dalla finanziaria dipinta
come uno strumento di tutela dei "soggetti deboli", e che in realtà è servita
anche a tutelare le lobby dell'editoria modificando per l'ennesima volta le
norme diritto d'autore in senso peggiorativo, limitando il diritto dei cittadini
alla realizzazione di rassegne stampa, e penalizzando le forme di uso libero e
gratuito dell'informazione giornalistica a fini culturali.
Il centrosinistra sembra avere particolarmente a cuore questa normativa, dal
momento che già nel 2000 la legge 248 ha ritoccato il diritto d'autore e
stabilito la galera per chi copia software ottenendo un generico "profitto",
quindi anche per chi fa una copia personale risparmiando per il mancato
acquisto. Fino ad allora le manette scattavano solamente per un conclamato fine
di lucro, se la copia era fatta per guadagnare soldi a danno degli aventi
diritto.
Non è facile trovare la disposizione che introduce il pizzo degli editori sulle
rassegne stampa: per scovarla non basta leggere l'intero testo della
finanziaria, ma va esaminato l'articolo 32 del capo IX del decreto legge 262 del
3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato già in vigore il 3 ottobre
scorso. Chi riesce ad arrivare alla fine di questo labirinto giuridico scopre
che il decreto modifica la legge sul diritto d'autore all'articolo 65,
stabilendo che "i soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la
riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono
corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli
sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono
determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e
le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla cooresponsione del
compenso le amministrazioni pubbliche".
In sintesi: se vuoi fare una rassegna stampa online o cartacea, devi pagare.
Anche se la tua attività è senza fini di lucro, umanitaria o caratterizzata da
una valenza culturale o sociale, devi versare comunque dei soldi. Soldi che per
giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai giornalisti che
hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la cessione dei loro
diritti d'autore alle testate per cui lavorano.
Per capire la violenza di questo giro di vite in tutta la sua portata basta
leggere la precedente formulazione dell'articolo 65, che condizionava le
rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità di
carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei
giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri
materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o
comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la
riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si
indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se
riportato".
Questa vecchia formulazione secondo alcuni dava troppa libertà ai cittadini
senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino
sulle attività non-profit. Ma i tre grandi colossi editoriali italiani che
applaudono alla nuova legge (Rcs, Mondadori/Fininvest e il gruppo Caracciolo/L'Espresso)
ignorano che la citazione di un articolo su un blog o un sito web è in realtà
una pubblicità gratuita per chi lo ha stampato, e che i cittadini sostengono già
di tasca propria le imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge
sull'editoria che premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a
improbabili partiti e movimenti creati ad arte per scucire quattrini, come ha
documentato un'ottima inchiesta di "Report" .
Da più di dieci anni l'attività del sito www.peacelink.it ruota attorno
alla possibilità di pubblicare articoli (oggi quasi 18mila), alcuni originali,
altri tradotti da volontari, molti ripresi da varie fonti autorevoli, sempre e
comunque menzionate e riportate per esteso. Testi che, sul nostro sito, hanno
acquistato un valore aggiunto proprio perché organizzati, tematizzati,
catalogati e collegati tra loro grazie al lavoro di un gruppo costituito
totalmente da volontari, dal presidente in giù. Molto di questo materiale è
scomparso dai siti web delle testate che lo hanno pubblicato, e questo aggiunge
al nostro lavoro di bibliotecari anche un importante ruolo di memoria storica
delle lotte italiane e internazionali per la pace e il rispetto dei diritti
umani.
Che cosa accadrà al nostro lavoro gratuito e volontario moltiplicando le nostre
migliaia di articoli per il pizzo che gli editori si apprestano a riscuotere
senza alcun beneficio per i giornalisti? Quali saranno i costi da sostenere per
un sito come il nostro? Quale sarà in futuro il clima e il tenore democratico di
un paese in cui le realtà di informazione alternativa saranno costrette a
convivere con la spada di damocle di una possibile denuncia se vorranno
esercitare il diritto di citare, analizzare, catalogare o contestare articoli di
fonti esterne senza dover pagare una tassa ingiusta?
Quale sarà il destino di tutte le iniziative che cercano di affrontare la
complessità e la ridondanza dell'informazione attraverso un paziente lavoro di
tematizzazione, catalogazione e raccolta del meglio che l'informazione
tradizionale è in grado di produrre? In che modo una tassa sull'esposizione di
materiale pubblico inciderà sul diritto a "cercare, ricevere e diffondere
informazioni, attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere" stabilito a
chiare lettere dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo?
Le risposte a tutte queste domande dovranno arrivare da un governo che si
dichiara pubblicamente "amico dei deboli" e di nascosto produce cavilli
giuridici a favore degli editori, il governo amico del volontariato che vuole
estorcere soldi perfino alle associazioni non-profit, il governo amico della
cultura che mette freni alla libera circolazione dei saperi, il governo vicino
ai cittadini che in realtà vuol premiare aziende già ben foraggiate e
avvinghiate a due mani alle generose mammelle dello stato.
Di fronte a tutto questo, al di là di ogni schieramento politico e ideologico,
diciamo che il buon senso, la civiltà e l'amore per la cultura e la diffusione
dei saperi che dovrebbero muovere ogni essere umano, a cominciare dai politici,
ci impediscono di tacere e ci obbligano ad una netta presa di posizione.
Per questa ragione un gruppo di volontari dell'associazione PeaceLink ha
realizzato un appello (pubblicato all'indirizzo: http://www.peacelink.it/rassegnestampa
) per dare alle persone di buona volontà la possibilità di conoscere quanto sta
accadendo e prendere posizione in merito decidendo se schierarsi a difesa di un
ingiusto profitto o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle
informazioni.
In questo appello si chiede al governo di fare un passo indietro rispetto a
questo frettoloso decreto legge. Ripristinare il diritto alla rassegna stampa
tax-free, è solo il primo, doveroso passaggio per ridiscutere in seguito tutte
le questioni che attengono la revisione della legge sul copyright, e le
tematiche connesse, durante il prossimo Forum sulla Internet Governance .
La cultura è una cosa seria, non lasciamola in mano ai contabili dei gruppi
editoriali.
Associazione PeaceLink
[Inviato da Adriano Ferrazza – red.]
 
Fonte:
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