15 Settembre, 2002
Quello che sta accadendo ora in Iraq è orribile.
Intervista di Articolo21.info a Erfan Rashidz, giornalista curdo iracheno che da anni vive in Italia
*Quello che sta accadendo ora in Iraq è orribile. E gran parte della stampa e dei media ci hanno bombardato per mesi e mesi con un’informazione settaria senza mai parlare della situazione irachena se non in termini numerici. I dieci morti di oggi, i venti di ieri... E intanto il Paese è martoriato da una vera e propria guerra civile"*
di Stefano Corradino da www.articolo21.info
”Le accuse contro Saddam sono reali e di tale gravità che la sentenza del tribunale iracheno era attesa. Ma io vorrei vivere in un mondo dove non vige la condanna a morte e sarebbe giusto che la condanna si trasformasse in carcere a vita”. E’ il commento rilasciato ad Articolo21 da Erfan Rashidz, il giornalista curdo iracheno che da molti anni vive in Italia. Erfan è dovuto scappare dal suo paese per sfuggire ai soprusi del dittatore, alle torture, alla negazione delle libertà fondamentali di espressione e di dissenso. “Ma l’Iraq - afferma Rashid - deve dare anche un nuovo segnale, dimostrando di voler promuovere i diritti dell’uomo e non appellarsi al solo spirito di vendetta”.
Erfan, la sentenza del tribunale iracheno ha sancito che Saddam deve morire. Per i reati che ha commesso la pena deve essere quella capitale. Sentenza inappellabile?
No, la sentenza è appellabile e da lunedì il gruppo degli avvocati inizierà le pratiche dell’appello. Credo tuttavia che il risultato del processo di appello non sarà differente dalla sentenza di oggi: le accuse contro Saddam sono di tali gravità che la sentenza era attesa.
Qual è il tuo giudizio sulla sentenza? Saddam deve essere sottoposto alla pena di morte?
Non si possono non distinguere i piani, il punto di vista giuridico da quello politico, da quello morale. Io vorrei vivere in un mondo dove non vige la condanna a morte e quindi sarei contrario, e lo ribadisco pur con grande difficoltà, perché i soprusi perpetrati da Saddam nei confronti dei cittadini iracheni sono stati spaventosi.
Quindi sei contrario all’esecuzione.
La sentenza è probabilmente giusta ma ritengo non debba essere eseguita perché, tra l’altro, rischierebbe di trasformare Saddam in un martire. E l’Iraq deve dare un segnale nuovo: quello di un Paese rispettoso del diritto che non si limiti a perseguire uno spirito, pur sacrosanto, di vendetta. Credo pertanto che sarebbe giusto trasformare la condanna di morte nel carcere a vita.
L’Occidente si sta dividendo sul giudizio relativo alla pena capitale. Da una parte, con diverse sfumature l’Italia, la Francia, la Spagna, contrarie alla pena di morte. Dall’altra Usa e Inghilterra. Come giudichi il ruolo dell’occidente in questa vicenda?
Rispondo intanto con una domanda: dov’era l’Europa e l’occidente quando Saddam sterminava e perseguitava gli iracheni? Gli occidentali continuano a leggere la questione irachena in chiave di politica interna. E’ miope la politica internazionale che considera la questione irachena come il problema di un solo paese o ne fa un tema di contrapposizione tutta occidentale tra destra e sinistra. Il vero problema è che non si è mai affrontata veramente la questione nella sua dimensione di politica internazionale.
Si è scelto di fare la guerra per destituire il dittatore iracheno.
Una guerra ingiusta.
Saddam si è macchiato di crimini contro l’umanità. Per questa ragione molti hanno affermato che il processo a Saddam doveva essere fatto dalla Corte internazionale e non dal tribunale iracheno.
La giurisprudenza, le leggi in Iraq ci sono ancora e funzionano. E lo stato deve far valere il suo diritto nei confronti di un suo cittadino che ha abusato del suo potere. Per questo il tribunale iracheno ha tutto il diritto di processarlo e a mio avviso il processo è stato ipergarantista dimostrando, attraverso documenti reali, che lui ha firmato sentenze terribili di esecuzione.
Tu credi nel diritto?
Credo che il diritto debba sempre prevalere, quello dell’accusa quanto quella della difesa.
Cosa sta accadendo in questo momento in Iraq? Fatta eccezione per i “bollettini di guerra” dei tg si ha la sensazione che l’informazione si occupi della questione irachena “ad intermittenza” e non sappiamo cosa stia succedendo realmente.
In queste ultime settimane ho avuto l’occasione di incontrare numerosi colleghi giornalisti iracheni, ma anche registi, documentaristi. Quello che sta accadendo ora in Iraq è orribile. E gran parte della stampa e dei media ci hanno bombardato per mesi e mesi con un’informazione settaria e politicizzata senza mai parlare della situazione irachena se non in termini numerici. I dieci morti di oggi, i venti di ieri. Mai una riflessione seria e approfondita. E intanto il Paese è martoriato da una vera e propria guerra civile. E da un pericolo non così assurdo.
Quale?
Che in Iraq ci possa essere in futuro un nuovo Saddam.
di Stefano Corradino
 
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