Verso la Manifestazione Nazionale
PACE E GIUSTIZIA IN MEDIORIENTE
SABATO 18 NOVEMBRE, TUTTI/E A MILANO!
GIOVEDI 16 NOVEMBRE , ORE 21
"MEDITERRANEO MARE DI PACE" Mare di Culture, Crocevia di Popoli
L'impegno dell'Arci con la nuova Società Civile Mediterranea per la
Solidarietà Internazionale e la Diplomazia Popolare
CONVERS/AZIONE CON
RAFFAELLA BOLINI - Pesidenza Nazionale Arci
Responsabile delle Attività Internazionale dell'Arci, partecipa ai
coordinamenti nazionali di reti sociali, dalla Tavola della Pace ad Action For
Peace; già portavoce del Genoa Social Forum, fa parte del coordinamento del
Forum Sociale Europeo ed èuna dei referenti del nuovo Movimento dei Movimenti sulla scena mondiale.
Impegnata da anni nei progetti di solidarietà in Medio Oriente e nei Balcani,
dalla Palestina al Libano, dalla Bosnia al Kosovo, opera concretamente
nelle pratiche di cooperazione dal basso e nelle reti di diplomazia popolare.
Anima del nuovo movimento per la pace, figura appassionata di attivista
nonviolenta, costruttrice paziente e determinata di relazioni unitarie tra
le differenti culture ed esperienze dei nuovi movimenti sociali in Italia e in Europa, è una delle
protagoniste della nuova Società Civile Globale.
Luogocomune - Centro Sociale Culturale Arci -
Via Cesare Speciano, 4 - Cremona
- di seguito, una testimonianza da Ramallah
Una Testimonianza "Action For Peace" in Palestina e Israele
Ramallah, Aprile 2002
"Qui ancora si parlava di operazione militare contro il terrorismo, mentre
noi eravamo a Ramallah.
Noi lì vedevamo una invasione, un assedio, una guerra contro i civili.
Abbiamo visto i cecchini sparare sui bambini, uccidere una donna che usciva
dall'ospedale, sparare sui barellieri e i volontari che la soccorrevano.
Abbiamo visto rastrellamenti di interi quartieri, i carri armati a bloccare le
strade, le minacce via megafono di far saltare tutte le case.
Abbiamo visto venire giù una casa mitragliata e un uomo cadere insieme alle
macerie, con la schiena spezzata.
Abbiamo visto i soldati strapparlo dalle mani degli infermieri e portarselo via.
Desaparecido.
Abbiamo visto una popolazione sotto coprifuoco ventiquattro ore su
ventiquattro, senza possibilità di uscire di casa, senza cibo, senza latte per i
bambini, spesso senza acqua e senza luce.
Abbiamo visto sparare sulle ambulanze.
Abbiamo saputo di persone morte da due giorni che nessuno poteva andare a
prendere. Abbiamo visto una fossa comune scavata nel parcheggio dell'ospedale,
perché mancava il gas alle celle frigorifere. Abbiamo visto i cecchini sparare
anche su quell'atroce funerale, con i corpi calati nella terra, qualche coperta
pietosa a coprire il fondo. Noi intorno, con le pettorine bianche, a cercare di
proteggere chi scavava.
Ci hanno detto che siamo unilaterali, pacifisti a senso unico.
Siamo unilaterali, sì, e lo saremo ancora: unilateralmente dalla parte dei
diritti umani.
Mentre eravamo all'ospedale di Ramallah, non stavamo solo dalla parte dei
palestinesi, vittime di una aggressione che straccia qualunque diritto umano e
umanitario.
Ci sentivamo di stare a difendere anche la dignità di Israele che il suo
esercito sta calpestando e la sua stessa sicurezza, che il governo di Sharon sta
mettendo a serio rischio.
A Ramallah sono venute a trovarci un gruppo di ragazze israeliane di Ta'Yush, il
giovane movimento pacifista che porta aiuti umanitari nei villaggi palestinesi
isolati dall' occupazione. Sono una minoranza, certo. Contano poco. Nei paesi in
guerra i pacifisti sono sempre minoranza. Ma sono loro, a tenere aperta la porta
al futuro del loro paese. Di Israele, un paese malato.
L'insicurezza - che è sempre stata, comprensibilmente, un dato fondante della
identità israeliana - è manipolata dal governo di destra fino a farla diventare
paranoia.
Si può aiutare una società ad affrontare il dramma del terrorismo mettendo in
campo razionalità e politica. La razionalità direbbe che umiliare Arafat,
distruggere la leadership dell'ANP, portare all' estremo la disperazione dei
palestinesi non aiuta a combattere il terrorismo. Lo aiuta a crescere. Si può,
al contrario, come sta facendo Sharon, far leva sulla paura per scatenare
mostri. Militarismo, aggressività, perdita di lucidità non sono effetti
obbligati.
E penso con dolore a cosa può essere una società dove ragazzi di venti anni -
una intera generazione - viene spedita nei Territori a commettere barbarie
contro donne, ragazzi, persone anziane. Credendo di combattere una battaglia
giusta.
Spero che le comunità ebraiche nel mondo, sapranno dare, come è successo
altre volte, un contributo di lucidità al paese che amano. Spero che siano
capaci, in un momento difficile, di offrire un contributo di saggezza.
Trovo pericoloso banalizzare, usurare il concetto di antisemitismo. L'
antisemitismo è cosa seria. Esiste e sta riprendendo fiato, nell'estrema destra,
soprattutto in quella Europa centrale e orientale devastata dall'ultimo
decennio. Gettare accuse di antisemitismo a tutti coloro che si oppongono alla
politica dei governi di Israele confonde le acque, produce una confusione di cui
gli antisemiti veri possono trarre perfino giovamento.
State attenti, ebrei della diaspora, per favore. State attenti a non confondere
amici e nemici. Quelli veri, e comuni. Quelli che odiano voi, e anche tutti gli
arabi, e tutti i diversi, e tutti i democratici.
E stiamo attenti, tutti. Stiamo attenti a non trasferire guerre di religione
a casa nostra.
Le comunità arabe sono sotto pressione, le comunità ebraiche anche.
Ma qui, lontano dalla guerra, possiamo permetterci il dialogo, la comunicazione.
Qui dobbiamo dare l'esempio della convivenza. E' una responsabilità che tocca a
tutti. A tutti, nessuno escluso. Se vogliamo gettare acqua, e non benzina, sul
fuoco. Di benzina, nel mondo, ne è stata gettata abbastanza.
La crociata dell' occidente contro il mondo arabo. La sostituzione della guerra
alla politica.
La rinuncia ai diritti in nome della lotta globale al terrorismo.
Benzina, materiale esplosivo. Eccoli, i risultati. Ecco cosa produce il mondo
governato dalla forza e dai poteri forti. Ecco cosa produce il mondo che pensa
alla sicurezza contro gli altri e non con gli altri. Sono sicuro se il mio
avversario si sente sicuro, se non sente il fiato sul collo della mia minaccia,
se sente che non sono un nemico -questo ci aveva insegnato fra gli altri Olaf
Palme prima di essere ammazzato, negli anni in cui credevamo saremmo tutti morti
di bomba atomica. Dove sono finite quelle riflessioni, il punto più avanzato del
pensiero europeo del novecento? In quale cassetto sono state chiuse, anche dalla
sinistra, quella che a un certo punto ha cominciato a votare per la guerra e a
farle, le guerre? Con angoscia, senza protervia, senza pretesa di flagellazioni
pubbliche, ma come facciamo a non chiedere che la ricostruzione del tabù della
guerra -fatto a pezzetti negli ultimi anni- ritorni ad essere priorità assoluta,
del pensiero e dell'azione di una sinistra che voglia dirsi tale?
In Palestina, in questi giorni, non abbiamo assistito solo all'ultima puntata
di un conflitto che dura da mezzo secolo.
No. C'era qualcosa di nuovo. E di terribile. Per questo in Palestina, oltre al
pacifismo tradizionale c'era il movimento di Genova, di Porto Alegre, il
movimento per i diritti e la giustizia globale.
Il fatto nuovo è che, nella guerra di Sharon, le crudeli violazioni dei diritti
umani che sono proprie di tutte le guerre diventano oggi legali, legittime
-quasi dovute.
Dopo l'11 settembre, si sta nei fatti riscrivendo un nuovo corpus di diritto
internazionale dove tutto è permesso ai forti, dove tutto è legittimo per i
potenti.
La comunità umana ci aveva messo millenni, a provare a darsi regole che
civilizzassero i conflitti. Si era dovuti passare per due guerre mondiali e per
il nazismo. E' bastato un giorno di settembre per ritornare al punto di
partenza.
O siamo capaci a ribellarci adesso contro la guerra globale permanente o il
mondo che verrà assomiglia all'incubo che noi, pacifisti e disobbedienti di
Action for Peace, abbiamo intravisto e non riusciamo a toglierci dalla testa -
che ci ci tiene ancora lì, davanti a un ospedale a cercare di fermare a mani
alzate un carro armato..."
Raffaella Bolini
PACE E GIUSTIZIA IN MEDIORIENTE
IL TEMPO E' ORA! A ciascuno di fare qualcosa...
SABATO 18 NOVEMBRE
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO
promossa dalle organizzazioni e dalle reti di
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace, Action
For Peace...
TUTTE/I A MILANO!
partenza in tarda mattinata - rientro in prima serata