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 Attualità

15 Settembre, 2002
Pace e giustizia in Medioriente
Verso la Manifestazione Nazionale sabato 18 novembre a Milano: il 16 incontro all’Arci con Raffaella Bolini - Una testimonianza «Action For Peace» in Palestina e Israele

Verso  la  Manifestazione  Nazionale
PACE E GIUSTIZIA IN MEDIORIENTE
SABATO 18 NOVEMBRE, TUTTI/E  A  MILANO!

GIOVEDI 16 NOVEMBRE , ORE 21
"MEDITERRANEO MARE DI PACE" Mare di Culture, Crocevia di Popoli

L'impegno dell'Arci con la nuova Società Civile Mediterranea per la Solidarietà Internazionale e la Diplomazia Popolare

CONVERS/AZIONE  CON RAFFAELLA  BOLINI - Pesidenza Nazionale Arci

Responsabile delle Attività Internazionale dell'Arci, partecipa ai coordinamenti nazionali di reti sociali, dalla Tavola della Pace ad Action For Peace; già portavoce del Genoa Social Forum, fa parte del coordinamento del Forum Sociale Europeo ed èuna dei referenti del nuovo Movimento dei Movimenti sulla scena mondiale.
Impegnata da anni nei progetti di solidarietà in Medio Oriente e nei Balcani, dalla Palestina al Libano, dalla Bosnia al Kosovo, opera concretamente nelle pratiche di cooperazione dal basso e nelle reti di diplomazia popolare. Anima del nuovo movimento per la pace, figura appassionata di attivista nonviolenta, costruttrice paziente e determinata di relazioni unitarie tra le differenti culture ed esperienze dei nuovi movimenti sociali in Italia e in Europa, è una delle protagoniste della nuova Società Civile Globale.

Luogocomune  -  Centro Sociale Culturale Arci - Via Cesare Speciano, 4   -   Cremona

-  di seguito, una testimonianza da Ramallah

Una Testimonianza  "Action For Peace" in Palestina e Israele

Ramallah, Aprile 2002

"Qui ancora si parlava di operazione militare contro il terrorismo, mentre noi eravamo a Ramallah.
Noi lì vedevamo una invasione, un assedio, una guerra contro i civili.

Abbiamo visto i cecchini sparare sui bambini, uccidere una donna che usciva dall'ospedale, sparare sui barellieri e i volontari che la soccorrevano.
Abbiamo visto rastrellamenti di interi quartieri, i carri armati a bloccare le strade, le minacce via megafono di far saltare tutte le case.
Abbiamo visto venire giù una casa mitragliata e un uomo cadere insieme alle macerie, con la schiena spezzata.
Abbiamo visto i soldati strapparlo dalle mani degli infermieri e portarselo via. Desaparecido.

Abbiamo visto una popolazione sotto coprifuoco ventiquattro ore su ventiquattro, senza possibilità di uscire di casa, senza cibo, senza latte per i bambini, spesso senza acqua e senza luce.
Abbiamo visto sparare sulle ambulanze.
Abbiamo saputo di persone morte da due giorni che nessuno poteva andare a prendere. Abbiamo visto una fossa comune scavata nel parcheggio dell'ospedale, perché mancava il gas alle celle frigorifere. Abbiamo visto i cecchini sparare anche su quell'atroce funerale, con i corpi calati nella terra, qualche coperta pietosa a coprire il fondo. Noi intorno, con le pettorine bianche, a cercare di proteggere chi scavava.

Ci hanno detto che siamo unilaterali, pacifisti a senso unico.
Siamo unilaterali, sì, e lo saremo ancora: unilateralmente dalla parte dei diritti umani.
Mentre eravamo all'ospedale di Ramallah, non stavamo solo dalla parte dei palestinesi, vittime di una aggressione che straccia qualunque diritto umano e umanitario.
Ci sentivamo di stare a difendere anche la dignità di Israele che il suo esercito sta calpestando e la sua stessa sicurezza, che il governo di Sharon sta mettendo a serio rischio.
A Ramallah sono venute a trovarci un gruppo di ragazze israeliane di Ta'Yush, il giovane movimento pacifista che porta aiuti umanitari nei villaggi palestinesi isolati dall' occupazione. Sono una minoranza, certo. Contano poco. Nei paesi in guerra i pacifisti sono sempre minoranza. Ma sono loro, a tenere aperta la porta al futuro del loro paese. Di Israele, un paese malato.

L'insicurezza - che è sempre stata, comprensibilmente, un dato fondante della identità israeliana - è manipolata dal governo di destra fino a farla diventare paranoia.
Si può aiutare una società ad affrontare il dramma del terrorismo mettendo in campo razionalità e politica. La razionalità direbbe che umiliare Arafat, distruggere la leadership dell'ANP, portare all' estremo la disperazione dei palestinesi non aiuta a combattere il terrorismo. Lo aiuta a crescere. Si può, al contrario, come sta facendo Sharon, far leva sulla paura per scatenare mostri. Militarismo, aggressività, perdita di lucidità non sono effetti obbligati.
E penso con dolore a cosa può essere una società dove ragazzi di venti anni - una intera generazione - viene spedita nei Territori a commettere barbarie contro donne, ragazzi, persone anziane. Credendo di combattere una battaglia giusta.

Spero che le comunità ebraiche nel mondo, sapranno dare, come è successo altre volte, un contributo di lucidità al paese che amano. Spero che siano capaci, in un momento difficile, di offrire un contributo di saggezza.
Trovo pericoloso banalizzare, usurare il concetto di antisemitismo. L' antisemitismo è cosa seria. Esiste e sta riprendendo fiato, nell'estrema destra, soprattutto in quella Europa centrale e orientale devastata dall'ultimo decennio. Gettare accuse di antisemitismo a tutti coloro che si oppongono alla politica dei governi di Israele confonde le acque, produce una confusione di cui gli antisemiti veri possono trarre perfino giovamento.
State attenti, ebrei della diaspora, per favore. State attenti a non confondere amici e nemici. Quelli veri, e comuni. Quelli che odiano voi, e anche tutti gli arabi, e tutti i diversi, e tutti i democratici.

E stiamo attenti, tutti. Stiamo attenti a non trasferire guerre di religione a casa nostra.
Le comunità arabe sono sotto pressione, le comunità ebraiche anche.
Ma qui, lontano dalla guerra, possiamo permetterci il dialogo, la comunicazione. Qui dobbiamo dare l'esempio della convivenza. E' una responsabilità che tocca a tutti. A tutti, nessuno escluso. Se vogliamo gettare acqua, e non benzina, sul fuoco.  Di benzina, nel mondo, ne è stata gettata abbastanza.
La crociata dell' occidente contro il mondo arabo. La sostituzione della guerra alla politica.
La rinuncia ai diritti in nome della lotta globale al terrorismo.
Benzina, materiale esplosivo. Eccoli, i risultati. Ecco cosa produce il mondo governato dalla forza e dai poteri forti. Ecco cosa produce il mondo che pensa alla sicurezza contro gli altri e non con gli altri. Sono sicuro se il mio avversario si sente sicuro, se non sente il fiato sul collo della mia minaccia, se sente che non sono un nemico -questo ci aveva insegnato fra gli altri Olaf Palme prima di essere ammazzato, negli anni in cui credevamo saremmo tutti morti di bomba atomica. Dove sono finite quelle riflessioni, il punto più avanzato del pensiero europeo del novecento? In quale cassetto sono state chiuse, anche dalla sinistra, quella che a un certo punto ha cominciato a votare per la guerra e a farle, le guerre? Con angoscia, senza protervia, senza pretesa di flagellazioni pubbliche, ma come facciamo a non chiedere che la ricostruzione del tabù della guerra -fatto a pezzetti negli ultimi anni- ritorni ad essere priorità assoluta, del pensiero e dell'azione di una sinistra che voglia dirsi tale?

In Palestina, in questi giorni, non abbiamo assistito solo all'ultima puntata di un conflitto che dura da mezzo secolo.
No. C'era qualcosa di nuovo. E di terribile. Per questo in Palestina, oltre al pacifismo tradizionale c'era il movimento di Genova, di Porto Alegre, il movimento per i diritti e la giustizia globale.
Il fatto nuovo è che, nella guerra di Sharon, le crudeli violazioni dei diritti umani che sono proprie di tutte le guerre diventano oggi legali, legittime -quasi dovute.
Dopo l'11 settembre, si sta nei fatti riscrivendo un nuovo corpus di diritto internazionale dove tutto è permesso ai forti, dove tutto è legittimo per i potenti.
La comunità umana ci aveva messo millenni, a provare a darsi regole che civilizzassero i conflitti. Si era dovuti passare per due guerre mondiali e per il nazismo. E' bastato un giorno di settembre per ritornare al punto di partenza.

O siamo capaci a ribellarci adesso contro la guerra globale permanente o il mondo che verrà assomiglia all'incubo che noi, pacifisti e disobbedienti di Action for Peace, abbiamo intravisto e non riusciamo a toglierci dalla testa - che ci ci tiene ancora lì, davanti a un ospedale a cercare di fermare a mani alzate un carro armato..."

Raffaella Bolini

PACE E GIUSTIZIA  IN MEDIORIENTE

IL TEMPO E' ORA!  A ciascuno di fare qualcosa...

SABATO 18 NOVEMBRE
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO

promossa dalle organizzazioni e dalle reti di
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace, Action For Peace...

TUTTE/I  A MILANO!
partenza in tarda mattinata  -  rientro in prima serata

 


       



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