15 Settembre, 2002
Emma Bonino, la scomoda alleata del PD
Emma Bonino è Ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee
Emma Bonino, la scomoda alleata del PD. Emma
Bonino è Ministro per il commercio internazionale
e per le politiche europee e deputato della
Rosa nel pugno. Fino alle elezioni politiche
del 2006, era deputato europeo e ha fatto
la spola tra le sedi di lavoro dell’Unione
europea e Il Cairo. Ha puntualmente proseguito
l’attività connessa al suo mandato parlamentare,
ma al Cairo ha potuto frequentare lezioni
di lingua araba, che le consentono oggi di
seguire le trasmissioni di Al-Jazeera e di
leggere i principali quotidiani del Medio
Oriente. Dal marzo 2003 cura per Radio Radicale
la rassegna della stampa araba, iniziativa
unica nel panorama dell’informazione italiana.
E’ divenuta così uno dei più autorevoli esperti
e commentatori dei problemi dell’area, letti
nell’ottica della militante che opera perché
la democrazia si installi anche in quelle
regioni evitando sia l’unilateralismo (pur
necessario) delle “guerre preventive” sia
l’esplosione di una pericolosissima “guerra
di civiltà”.
E’ in quest’ottica e con queste urgenze che
nel gennaio 2004, con l’Ong “Non c’è Pace
Senza Giustizia” e in collaborazione con
il governo dello Yemen, s’impegna nella organizzazione
della prima conferenza intergovernativa regionale
che sia mai stata tenuta nel mondo arabo
su democrazia, diritti umani e ruolo della
Corte Penale Internazionale. Nello Yemen,
Emma Bonino già era venuta nel 2003: si stavano
svolgendo elezioni legislative, e lei espresse
al Presidente Ali Abdullah Saleh la sua preoccupazione
perché la partecipazione delle donne alla
campagna era assai inferiore a quella avutasi
nel 1993. Ma il seme era gettato: oltre 850
personalità arabe e occidentali, 37 ministri,
un centinaio di parlamentari ed esponenti
della società civile di 25 Paesi arabi e
africani hanno potuto discutere, nel corso
della conferenza, temi mai affrontati prima
in un consesso di questo tipo e livello.
Tra i presenti, il Segretario Generale della
Lega Araba, Amr Moussa, l’Assistente del
Segretario Generale delle Nazioni Unite per
gli Affari Politici, Danilo Turk, il Direttore
Generale per le Relazioni Esterne della Commissione
europea, Eneko Landaburu, il Procuratore
della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno
Ocampo, il Segretario Generale dell’Organizzazione
della Conferenza Islamica, Abdelouahed Belkeziz,
e rappresentanti di rilievo di associazioni
ed organizzazioni non governative. La Conferenza si è tenuta sotto gli auspici dell’Unione
europea, con i contributi della Commissione
europea e dei governi di Canada, Francia,
Germania, Irlanda (Presidente di turno dell’UE),
Italia, Olanda, Regno Unito, Svizzera e dall’UNDP
(United Nations Development Programme), e
si è conclusa con la “Dichiarazione di Sana’a”
sottoscritta da tutte le delegazioni presenti.
Emma Bonino e il Partito Radicale Transnazionale
hanno progetti ancora più ambiziosi. Nel
novembre 2002, in rappresentanza del governo italiano, Emma
Bonino aveva partecipato a Seul alla seconda
conferenza ministeriale della “Community
of Democracies”, un’unione informale di Stati
che, sulla base di un documento adottato
dal “Convening Group”, si sono dati l’obiettivo
di lavorare per la creazione di una “Organizzazione
Mondiale della Democrazia”, al fine di rafforzare
le libertà civili e politiche nel mondo.
Nella crisi delle istituzioni sopranazionali
(l’ONU in prima fila) occorre una strategia
che dia forza alle democrazie per fronteggiare
l’assalto dei fondamentalismi, del terrorismo,
del ritorno ai nazionalismi del secolo scorso.
E’ un impegno difficilissimo, ma che ogni
giorno si dimostra più necessario. Sicuramente,
su di esso si proietterà la maggiore attenzione
dei radicali e della stessa Bonino, anche
a partire dal Parlamento europeo. Esemplarmente,
dal settembre al novembre 2002, Emma si era
recata in Ecuador alla guida di una missione
di osservatori che l’Unione europea aveva
inviato per monitorare le elezioni presidenziali,
legislative e amministrative.
L’impegno di Emma Bonino è di lunga data.
Nel 1976 (il Partito Radicale presentava
per la prima volta, nella sua già ventennale
storia politica, proprie liste alle elezioni
legislative italiane) veniva eletta deputato,
assieme a Marco Pannella, Adele Faccio e
Mauro Mellini. Aveva solo 28 anni. Era la
stagione delle battaglie per i diritti civili
ed Emma aveva collaborato con il CISA – il
Centro per l’informazione, la sterilizzazione
e l’aborto fondato da Adele Faccio - nelle
cui cliniche clandestine, utilizzando il
metodo Karman, si assistevano le donne che
non avevano i mezzi per pagare i “cucchiai
d’oro”, o per volare all’estero per poter
abortire. Nel giugno 1975, dopo un periodo
di latitanza, Emma Bonino si autoconsegnava
alla giustizia per procurato aborto e faceva
della campagna la priorità del Partito Radicale
che già, l’anno precedente, aveva vinto il
referendum per introdurre il divorzio in
Italia. La sua presenza nel Parlamento italiano
è stata, da allora, pressoché ininterrotta,
e contrassegnata da iniziative, non solo
a livello parlamentare, che le hanno procurato
un forte credito politico ed umano. Così
nel marzo 1999, nel corso di una assemblea
dei radicali “per la rivoluzione liberale
e gli Stati Uniti d’Europa” poteva accettare
una sorprendente candidatura alla Presidenza
della Repubblica. Alle elezioni europee del
giugno di quell’anno era capolista della
“Lista Bonino”, che otteneva l’8,5 % dei
voti e sette deputati. Del Partito Radicale
era stata eletta segretario politico nel
1993.
Mentre la sua attività “italiana” cresce
e si sviluppa in vari settori (politica energetica,
politica dell’informazione, politica della
giustizia, ecc.) nel 1979 - “Anno internazionale
del fanciullo” - viene pubblicato il rapporto
UNICEF con stime agghiaccianti secondo cui,
entro l’anno, sarebbero morti 40 milioni
di persone - di cui il 40% bambini. Marco
Pannella avvia la campagna contro lo “sterminio
per fame nel sud del mondo”, chiedendo ai
governi un intervento straordinario per le
situazioni più urgenti e necessarie. Emma
Bonino è da subito coinvolta nell’iniziativa:
si apre così, alla parlamentare radicale,
il panorama della politica “internazionale”.
Nell’aprile 1981 insieme ai 113 Premi Nobel
firmatari dell’appello radicale contro lo
sterminio per fame, fonda l’associazione
Food and Disarmement International per coordinare
le attività e le iniziative internazionali
su questo fronte. Nel febbraio 1986 ne diventa
segretaria e lancia il Manifesto dei Capi
di Stato in difesa del diritto alla vita”
e della “vita del diritto”. Con Marco Pannella,
nel corso di un incontro ufficiale, illustra
a Papa Giovanni Paolo II le iniziative intraprese.
Ma, nello stesso anno, promuove anche una
campagna internazionale per la difesa dei
diritti umani nell’Europa dell’Est, in particolare
a favore dei “refuznik”, gli ebrei sovietici
ai quali viene negato il diritto di emigrazione
in Israele: nel gennaio 1987 manifesterà
a Varsavia contro la dittatura Jaruzelski,
in favore di Solidarnosc. Verrà arrestata
ed espulsa.
Nel maggio 1991 la Camera dei Deputati italiana approva una mozione
a prima firma Emma Bonino che impegna il
governo a impedire la proliferazione delle
armi convenzionali e in particolare delle
mine antiuomo. Nel novembre 1993, Emma Bonino
consegna al Segretario Generale delle Nazioni
Unite Boutros Boutros Ghali le 25.000 firme
raccolte in tutto il mondo in calce all’appello
a favore dell’istituzione del Tribunale ad
hoc per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia.
Nel giugno dell’anno successivo si svolge
la visita del Dalai Lama in Italia: grazie
ai radicali, verrà ricevuto dalle massime
cariche dello Stato. E’una tappa dell’impegno
di Emma Bonino per i diritti e la libertà
del popolo tibetano e la democrazia in Cina.
La sua attività internazionale ottiene nuove
possibilità di espressione quando, nel gennaio
1995, è nominata dal governo italiano Commissario
europeo per gli aiuti umanitari, la politica
dei consumatori e la pesca. E’ la prima volta
che un radicale ricopre un incarico con funzioni
politiche esecutive. A distanza di due giorni
dall’insediamento, vola nella ex Jugoslavia,
denunciando l’impotenza dell’Europa e il
disinteresse dell’ONU rispetto alla cronicizzazione
della guerra nei Balcani e alla pulizia etnica
in corso. Dopo la caduta di Srebrenica si
reca a Tuzla, dove si stanno ammassando migliaia
di rifugiati: solo donne e bambini. Solleva
l’allarme circa il rischio - che si trasformerà
in drammatica realtà - che gli uomini di
Srebrenica vengano massacrati dalle truppe
di Mladic: “Siamo di fronte a un vero e proprio
genocidio; oltre ai 4.000 che mancano all’appello,
ci sono 8.000 persone di cui non si hanno
notizie. Sono scomparse”.
Dall’Europa continua a guardare all’Africa.
I campi profughi che si stendono a perdita
d’occhio nella regione di Goma in Zaire (2
milioni di Hutu ruandesi) sono la tragica
eredità di un conflitto etnico culminato
nel genocidio del 1994. Emma Bonino si reca
nella regione nel marzo 1995 per sostenere
il diritto dei profughi all’assistenza umanitaria
e per ribadire l’impegno finanziario dell’Europa.
L’anno successivo rappresenta l’Unione europea
nella missione umanitaria congiunta Europa/USA
nella regione dei Grandi Laghi; da parte
americana partecipa Brian Atwood, responsabile
dell’Agenzia statunitense per la cooperazione,
USAID. L’analisi dei due maggiori donatori
di aiuti umanitari converge: la crisi non
è più sostenibile e richiede un intervento
politico urgente dell’ONU o delle grandi
potenze: purtroppo, le cancellerie non ascoltano
l’appello. In occasione dello stesso viaggio,
Emma Bonino visita la Somalia, un paese oramai allo stremo e nuovamente
nelle mani dei signori della guerra (nei
pressi di Kisimaio il convoglio umanitario
della Bonino finisce sotto il fuoco dei guerriglieri
di Aidid) e il Sud Sudan, violando l’embargo
aereo imposto dal regime di Khartum, al fine
di riavviare gli aiuti umanitari diretti
a quelle popolazioni, vittime di una crisi
“dimenticata”. Successivamente, Emma Bonio
incontra l’Alto Commissario ONU per i rifugiati,
Sadako Ogata, in visita a Bruxelles, per
trovare una soluzione almeno momentanea per
i profughi ruandesi. Nella tormentata regione
dei Grandi Laghi ritorna nel novembre 1996
e gennaio 1997, mentre in Zaire è in corso
un’offensiva pilotata da Ruanda e Uganda
per abbattere il regime di Mobutu. Fra gli
obiettivi militari è anche la rimozione dei
campi profughi: sarà una gigantesca caccia
agli Hutu, che si svolgerà senza testimoni
nelle foreste tropicali. Emma difende il
diritto di questi profughi all’assistenza
umanitaria, ne cerca le tracce e ne ritrova
circa 200.000 nel campo improvvisato di Tingi-Tingi.
E’, dice, “un popolo che non esiste”. Nel
corso di una missione umanitaria nel febbraio
1999 in Guinea Bissau, teatro di scontri armati
dal giugno ’98 fra il governo di Nino Vieira
e una “giunta” ribelle guidata dal Generale
Mené, i due contendenti accettano di incontrarsi
- per la prima volta a Bissau - in presenza
di Emma Bonino. E’ un passo verso l’assenso
definitivo ad un piano di pace bloccato da
mesi. Successivamente, raggiunge in elicottero
Freetown, la capitale della Sierra Leone
assediata dai ribelli, dove incontra il Presidente
Kabbah. Visita l’ospedale Connaught dove
affluiscono a centinaia i civili di ogni
età mutilati a colpi di machete dai ribelli
del Revolutionary United Front. “La Sierra Leone costituisce oggi - dirà al ritorno in Europa
- un monumento vivente alla stupidità della
violenza dell’uomo. E’ la frontiera delle
nuove barbarie, contro la quale non c’è altro
antidoto che quello della ragione e della
solidarietà umanitaria”.
Vari i quadranti, varie le occasioni di intervento
ma sempre prioritario, per Emma Bonino, è
l’impegno per la promozione dei diritti civili
e delle libertà, senza le quali - come spesso
ripete in assonanza con Amartya Sen - non
c’è possibilità né speranza neanche di sviluppo
economico: durante una missione umanitaria
a Cuba, nel maggio 1995, aveva incontrato
Fidel Castro e, in presenza del corpo diplomatico
europeo, gli aveva sottoposto il grave problema
del rispetto dei diritti umani, soprattutto
quelli degli oppositori del regime. Alla
partenza della missione, Castro libererà
sei detenuti politici che erano stati oggetto
di una campagna internazionale promossa dalla
stessa Emma Bonino quando era Segretaria
del Partito Radicale Transnazionale. In occasione
dell’anniversario dell’occupazione cinese
del Tibet, nel marzo 1996, partecipa alla
prima marcia europea per la libertà del Tibet
organizzata dal Partito Radicale Transnazionale.
Ad agosto, in occasione di una missione ufficiale
in Birmania, visita semiclandestinamente
la leader storica dell’opposizione birmana,
Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991. Si reca anche in Thailandia per fare
il punto sulla situazione dei rifugiati Karen
a rischio di espulsione e in Cambogia per
il problema delle mine antiuomo di cui il
paese è infestato. Nello stesso mese incontra
Sonia Gandhi a Nuova Delhi e discute della
situazione dei diritti civili in Asia.
Prende così piede un progetto ambizioso,
quello di poter sostenere la crescita della
democrazia nel mondo attraverso strumenti
anche giuridici atti a sanzionare l’uso della
violenza e delle pratiche antidemocratiche
più gravi. Nel 1998 Non c’è Pace Senza Giustizia
e il Partito Radicale organizzano varie conferenze
cui Emma Bonino partecipa attivamente (Parigi,
Malta, Montevideo, Atlanta, Roma, New York,
Dakar), per stimolare l’interesse dei Paesi
delle Nazioni Unite verso l’istituzione di
un tribunale penale con giurisdizione internazionale
sui crimini di guerra. Nel giugno, finalmente,
viene convocata una conferenza diplomatica
ad hoc, che si terrà a Roma. In rappresentanza
della Commissione europea, Emma Bonino svolgerà
un ruolo di impulso politico e di mediazione:
nonostante resistenze e difficoltà fino all’ultima
ora, il 17 luglio 1998, 120 Paesi approvano
lo Statuto del Tribunale Internazionale sui
Crimini di Guerra. Il giorno dopo, assieme
a Kofi Annan, Segretario Generale dell’ONU,
può festeggiare in Campidoglio il successo
della conferenza. Sempre in tema di sviluppo
della democrazia, nel luglio 2003 organizzerà
a Roma, Palazzo Giustiniani, una tavola rotonda
sul ruolo della comunità internazionale nella
promozione della democrazia e dello stato
di diritto, cui prenderanno parte, tra gli
altri, l’ex primo ministro del Sudan, Sadek
el Mahdi, l’ex primo ministro del Bangladesh,
Sheikh Hasina, l’ex ministro della sanità
francese, Bernard Kouchner, Saad Eddin Ibrahim
- intellettuale democratico egiziano - e
il presidente della commissione diritti umani
dello Shura Council (la Camera alta del parlamento yemenita) Mohamed Al-Tayeb.
Nell’ottobre 1998, riceve dalle mani del
principe Felipe di Borbone il prestigioso
premio “Principe delle Asturie”, e lo dedica
alla leader dell’opposizione birmana, Aung
San Suu Kyi. Aveva chiesto ed ottenuto di
condividere il premio con un gruppo di donne
attive nel campo dei diritti umani: così
si ritroverà sul palco della premiazione
con Fatiha Boudiaf, vedova del presidente
algerino assassinato nel 1992, Olayinka Koso-Thomas,
nigeriana che lotta da più di 15 anni per
l’abolizione della mutilazione femminile,
Graca Machel, Presidente della Commissione
ONU per la difesa dei bambini vittime della
guerra, Rigoberta Menchù, Premio Nobel per
la Pace 1992, Fatana Ishaq Gailani, fondatrice del
Consiglio delle Donne Afgane, e Somali Mam,
Presidente dell’Associazione cambogiana che
combatte la prostituzione infantile. Con
molte di loro i contatti si sono rafforzati
negli anni successivi su obiettivi legati
alle campagne contro le mutilazioni genitali
femminili, i diritti delle donne afgane e
la lotta contro la prostituzione infantile.
Come Commissaria europea, Emma Bonino ha
intanto dovuto fronteggiare complesse situazioni.
Nel febbraio 1995, tra Canada ed UE esplode
un contenzioso sui regolamenti per la pesca
dell’ippoglosso. Un peschereccio spagnolo
in acque internazionali viene minacciato
a colpi di cannone dalla marina canadese.
La Commissaria alla pesca definisce il fatto “un atto di
pirateria internazionale”. Nonostante lo
scontro diplomatico sia violento, Emma Bonino
riesce a raggiungere nell’aprile, alla fine
di un duro negoziato, un accordo con i canadesi.
Poche settimane dopo, il Marocco interrompe
gli accordi di pesca con l’UE. Dopo trattative,
condotte nelle fasi più delicate direttamente
con re Hassan II, a novembre giunge alla
firma di un nuovo accordo. Nel febbraio 1997,
Emma Bonino è nominata “Personalità Europea
1996”, un anno dopo Helmut Kohl, da una giuria
presieduta da Jacques Delors, in riconoscimento
del suo coraggio umanitario e della sua fede
nel futuro dell’integrazione europea. Nel
marzo, l’epidemia della “mucca pazza” mette
in seria difficoltà la Commissione di Bruxelles. Il Presidente Jacques Santer
decide di affidare ad Emma Bonino la gestione
della crisi e le assegna la competenza in
materia di sicurezza alimentare. Emma Bonino
negozia con il Regno Unito misure severe
per il controllo della malattia, evita la
censura del Parlamento europeo e ristabilisce
gradualmente la fiducia dei consumatori nel
consumo della carne.
Entra nella sfera dei suoi interessi il Medio
Oriente, su cui si addensano nubi minacciose,
anche per l’inadempienza dell’Iraq rispetto
ai moniti e alle sanzioni internazionali
e della stessa ONU. Durante una missione
umanitaria in Iraq nell’agosto 1997, visita
il Kurdistan iracheno (non viene autorizzata
a recarsi nel sud del paese). Incontra rappresentanti
del governo di Baghdad, tra cui il Vice Premier
Tarek-Aziz, cui ricorda che i danni inferti
alla popolazione da 30 anni di dittatura
eccedono largamente quelli provocati da 6
anni di embargo”occidentale”. Nel settembre,
organizza una missione in Afghanistan per
verificare lo stato d’avanzamento dei progetti
dell’ufficio umanitario della Commissione
e a Kabul rimane ostaggio dei talebani per
quattro ore. Al ritorno in Europa, denuncia
il regime di terrore che regna in quel tormentato
paese, sottolineando in particolare la condizione
delle donne e la politica di repressione
religiosa. Promuove la campagna internazionale
“Un fiore per le donne di Kabul”, che culminerà
l’8 marzo dell’anno successivo. Quando il
regime dei talebani cadrà, mentre a Bonn
è in corso la conferenza internazionale per
assegnare all’Afghanistan liberato un governo
provvisorio, lancia, con il Partito Radicale
Transnazionale, una campagna a favore della
presenza di donne nel nuovo governo. Oltre
seimila parlamentari, ministri, personalità
e cittadini da più di cento paesi prenderanno
parte alla giornata di digiuno prevista per
il 1 dicembre 2001. E’ il primo satyagraha
globale della storia radicale. Due le donne
elette a far parte dell’esecutivo ad interim
e una sua rappresentante, Soraya Rahim, ministro
per le questioni femminili, interverrà al
XVIII Congresso del Partito Radicale Transnazionale
(Ginevra, 4- 7 aprile 2002).
Nel dicembre 1997, Emma Bonino rappresenta
la Commissione europea alla Conferenza di Ottawa per la
firma del Trattato per la messa al bando
delle mine antiuomo, l’ “arma dei vigliacchi”.
Nel corso delle sue missioni umanitarie,
in Iraq come in Afghanistan, in Cambogia
come in Bosnia, aveva incontrato centinaia
di vittime da mine. Già nel 1994, come relatore
alla Commissione Affari Esteri della Camera
dei deputati, aveva ottenuto la decisione
unilaterale del Parlamento italiano per un
bando totale delle mine antiuomo.
Nel marzo 1999, per porre fine alla repressione
etnica delle truppe di Belgrado in Kosovo,
la NATO inizia una serie di bombardamenti dissuasivi.
I profughi di etnia albanese si contano in
centinaia di migliaia. Emma Bonino e Javier
Solana, Segretario Generale della NATO, si
incontrano al quartier generale della NATO
in vista della missione umanitaria della
Bonino nella regione, per avviare un coordinamento
funzionale tra i responsabili delle operazioni
militari e gli attori dello sforzo umanitario.
Emma Bonino visita i posti di frontiera in
Albania e Macedonia dove si riversa il popolo
kosovaro: “Una deportazione di massa di esseri
umani che si affacciano senza più identità
in un futuro che appare come un abisso buio”,
dirà al suo ritorno. Si prodiga per intensificare
lo sforzo umanitario dell’Unione europea
e promuovere il coordinamento tra gli interventi
internazionali.
Il 27 dicembre, come abbiamo ricordato, si
"trasferisce" al Cairo. Al Parlamento
europeo è membro della Commissione Esteri
e della sottocommissione per i Paesi del
Mashrek e gli Stati del Golfo. Con una delegazione
parlamentare si reca nel maggio 2002 in Arabia Saudita e nello Yemen, ribadendo
la necessità politica, anche dell’Europa,
di investire il possibile affinché la giovane
democrazia parlamentare yemenita possa progredire
rafforzando le strutture dello stato di diritto
di cui ha scelto di dotarsi. Nel giugno,
torna a Kabul per l’inaugurazione della Loya
Jirga - la prima assemblea legislativa afgana
- per partecipare, invitata dalle femministe
del paese, ad una conferenza internazionale
dal titolo “Donne in marcia per l’Afghanistan”,
e ratificare una “carta afghana dei diritti
femminili” da proporre alla riunione dei
capi tribù. Sin dall'inizio, segue la vicenda
giudiziaria dell’intellettuale democratico
egiziano Saad Eddin Ibrahim che, arrestato
il 26 giugno 2000 e imputato di quattro capi
d’accusa, tra cui frode e corruzione, viene
condannato a sette anni di reclusione per
aver, tra l'altro, “pregiudicato l’immagine
dello Stato” . La sentenza di condanna è
stata annullata nel febbraio 2003 anche grazie
alla campagna internazionale cui Emma Bonino
ha partecipato ottenendo il sostegno del
Parlamento europeo.
Una particolare attenzione Emma Bonino è
venuta infine svolgendo, negli ultimi anni,
ai nuovi aspetti della “questione femminile”.
Aveva iniziato il suo impegno civile con
i temi del divorzio e dell’aborto, e dunque
questo ritorno è naturale, sia pure in un
contesto diverso, quello internazionale.
Secondo stime dell’OMS, 130 milioni di donne
e bambine nel mondo sono state vittime della
crudele pratica della mutilazione genitale
femminile, e ogni anno due milioni rischiano
di subirla. Nel giugno 2000 i deputati radicali
europei avevano presentato una proposta di
risoluzione di denuncia, e nel novembre di
quell’anno avevano organizzato una “Giornata
di conoscenza”. Grazie ad un fortunato e
utilissimo incontro di sinergia politica
con AIDOS, l’Associazione Donne Italiane
per lo Sviluppo presieduta da Daniela Colombo,
da anni attiva in questo settore, il 10 dicembre
2001 viene avviata, con una conferenza internazionale
al Parlamento europeo, una campagna - “StopFgm”
– a sostegno della lotta delle donne africane
che si battono da oltre 20 anni con tanta
determinazione quanta carenza di possibilità
sinergiche e visibilità internazionale. Dal
21 al 23 giugno 2003 StopFgm organizza al
Cairo una conferenza internazionale sulle
linee-guida di una legislazione che ponga
le basi per la totale eradicazione di questa
vergognosa pratica. Partecipano i rappresentanti
dei governi dei 28 paesi interessati, le
due massime autorità religiose egiziane,
l’Imam Tantawi e il rappresentante della
Chiesa Copta. E’ presente anche la signora
Suzanne Mubarak.
Le urgenze della politica internazionale
e i nuovi assetti dell’area mediorientale
post-Saddam, ancora in via di definizione,
la inducono a tornare in Iraq a sette anni
dalla precedente visita. Accompagnata dagli
eurodeputati radicali Gianfranco Dell’Alba
e Marco Cappato, la visita si svolge dal
21 al 24 marzo 2004, in coincidenza con il primo anniversario della
guerra. La prima tappa è Nassiriya, dov’è
di stanza il contingente militare italiano.
Incontra il Governatore della provincia Dhi
Qar, Sabri al Rumadyah, e un’ampia rappresentanza
di donne locali. Nei due giorni successivi,
la delegazione radicale si sposta a Baghdad
per una riunione con l'ambasciatore Paul
Bremer, proconsole americano in Iraq che
ha illustrato i passaggi più delicati del
processo di transizione dei poteri a un governo
provvisorio iracheno, e per incontri con
gli interlocutori istituzionali iracheni
(membri dell’Interim Governing Council e
ministri del governo provvisorio), di ogni
etnìa (sciita, sunnita, curda, turcomanna…),
tra cui Adnan Pachachi, possibile futuro
Capo dello Stato e Raja Khuzai, che si è
prodigata in sede di stesura del nuovo testo
costituzionale affinché fossero respinte
le proposte ispirate dal fondamentalismo
etnico-religioso. La delegazione incontra
anche rappresentanti della società civile,
tra cui la presidente di una delle associazioni
più impegnate per i diritti delle donne,
Widad Kareem. Il messaggio emerso da tutti
questi incontri è univoco: “non ci piace
essere occupati ma neppure che andiate via”.
L’esigenza che emerge è quella di non abbandonare
gli iracheni al loro destino dopo 25 anni
di dittatura, di ricomporre un quadro basato
su di un’alternativa multilaterale, assicurare
quel minimo di sicurezza essenziale per far
ripartire l’economia, garantire un passaggio
dei poteri rapido ma anche sostenibile, arginare
il terrorismo in nome dell’”indivisibilità”
della sicurezza nel mondo. Sulla via del
ritorno, la delegazione radicale si ferma
a Kuwait City dove incontra le associazioni
delle donne - in un paese dove le donne non
possono neppure votare - per esporre e concordare
le azioni a sostegno e promozione della democrazia
liberale, a partire dai principi già sottoscritti
da decine di Governi arabi con la “Dichiarazione
di Sana’a
Il sito di Emma Bonino
http://www.emmabonino.it
 
Il sito e Emma Bonino
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