15 Settembre, 2002
Black-out sui conti dei mafiosi
di Roberto Galullo da *Il Sole 24ore* del 23 Maggio 2009 - *Basta disattivare una password per rafforzare Cosa Nostra. Una sequenza di numeri e lettere che dal 5 marzo è stata tolta alla Procura di Palermo...*
Basta disattivare una password per rafforzare Cosa Nostra. Una
sequenza di numeri e lettere che dal 5 marzo è stata tolta alla Procura di
Palermo che, da oltre due mesi, non può più monitorare e sequestrare i conti
correnti bancari dei boss.
Mentre la repressione va avanti senza sosta – con un'azione investigativa
costante anche sul fronte dei rapporti deviati tra mafia e politica, decine
di processi in corso e centinaia di arresti di boss e affiliati che
sfiancano l'esercito delle cosche - la lotta ai capitali mafiosi, vale a
dire il cuore dell'azione di contrasto, fatica.
Con quella password – che apre i file dell'Anagrafe dei rapporti
finanziari – magistrati e polizia, sotto copertura, dal 5 gennaio al 4
marzo, accedevano ogni giorno ai conti, ai depositi, ai dossier titoli e
alle transazioni da un capo all'altro del mondo di Cosa Nostra. «Dalla sera
alla mattina – spiega il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto
Scarpinato – i ministeri della Giustizia e dell'Economia ce l'hanno tolta
per motivi burocratici dopo avercela data, per grazia ricevuta, a distanza
di 18 anni dalle previsioni legislative. La restituzione di quella password,
a noi e a tutte le Procure, è la maniera migliore per onorare con i fatti e
non a parole la memoria di Giovanni Falcone, della moglie e della scorta,
morti 17 anni fa a Capaci».
«Con questa revoca – prosegue Scarpinato – siamo tornati agli anni in cui
bisognava fare richiesta di informazioni a ogni singola banca. Nelle regioni
del Sud c'è un problema ulteriore: il tessuto creditizio è profondamente
inquinato, molte operazioni sospette vengono fatte sparire e non manca chi
avvisa i boss delle indagini in corso. In questi mesi, a causa di questo
scippo, abbiamo perso l'occasione per sequestrare miliardi. Scandalo nello
scandalo, la password non è stata data neppure alla Banca d'Italia che ha il
compito di contrastare il riciclaggio dei capitali sporchi».
Battere Cosa Nostra sul terreno dei capitali e dei patrimoni inquinati è un
chiodo fisso per magistrati, Forze di polizia e Gdf, che spingono
l'acceleratore su sequestro e confisca dei beni immobiliari, la cui gestione
è affidata a un Commissario straordinario, anche se i più spingono per la
creazione di un'Agenzia autonoma. Alla fine del 2008 i beni confiscati erano
8.466 (di cui 3.930 in Sicilia), con un valore di mercato di decine di
miliardi.
Ma prima che gli immobili sequestrati rientrino nel pieno godimento della
collettività passano anche 17 anni e sono numerosi i casi di prestanomi
della mafia che ne sono rientrati in possesso.
La Procura di Palermo, di fronte alle difficoltà, rilancia: a giorni sarà
potenziato il Dipartimento "Mafia ed economia" che conta su un pool di
magistrati e investigatori specializzati nella lotta all'economia illegale.
Finora i risultati non sono mancati: da gennaio 2008 a oggi la Procura ha
sequestrato 2,7 miliardi tra beni mobili e immobili. «La lotta a Cosa
Nostra – conclude Scarpinato – passa da qui, il resto sono chiacchiere.
L'arresto di 100 estorsori serve ma tra due mesi ce ne saranno altri 100
pronti a chiedere gli arretrati con gli interessi. Per questo chiediamo a
commercianti e imprenditori di denunciare e a Confindustria Sicilia, che
espelle chi paga il pizzo, sollecitiamo un passo in più: l'allontanamento di
tutti coloro che hanno avuto una sentenza passata in giudicato o hanno
processi in corso per mafia». «Nonostante la ribellione di Confindustria e
associazioni come Addio Pizzo – aggiunge il magistrato della Direzione
nazionale antimafia Roberto Alfonso – il fenomeno estorsivo non è arretrato
di un millimetro. Anzi: è in pericolosa crescita».
I dati della Direzone
investigativa antimafia, diffusi ieri, sembrano confermarlo: le denunce 2008
per estorsione, usura e riciclaggio sono in calo (si vedano grafici). Ad
Andrea Vecchio – a capo degli edili catanesi e una vita blindata, il prezzo
pagato al coraggio della denuncia – spetta un commento. «Burocrazia e
malapolitica – spiega – non aiutano chi denuncia e chi si espone. La
repressione dello Stato fa passi in avanti ma non basta, non basta».
Insomma, il circuito di legalità che parte dal basso fa fatica. Gli
imprenditori condividono e criticano. A partire da Giuseppe Catanzaro,
vicepresidente di Confindustria Sicilia, altra esistenza blindata per le
continue minacce di morte. «Dobbiamo capire – afferma – che Cosa Nostra ha
il solo fine di creare profitto. Per sconfiggerla bisogna però avere la
certezza che chi viene condannato resti in cella e viva da povero. Invece le
scarcerazioni dei boss e degli estorsori si susseguono e non vedo né il
Governo né il Parlamento asserire in maniera corale questo banale principio.
Quanto all'invito di Scarpinato, Confindustria Sicilia lo ha già fatto suo:
è sospeso chi ha un processo, viene cacciato chi è stato condannato. La
stessa severità vorrei vederla nelle pubbliche amministrazioni che devono
cacciare i dirigenti che ritardano i procedimenti amministrativi a danno
delle imprese oneste e a favore di quelle mafiose. Ci sono ancora troppi
politici locali che non adottano i principi di questa catena di legalità».
Nel giorno in cui sarà posata l'ennesima corona di fiori a piedi dell'albero
Falcone a Palermo, servirà forse spostare lo sguardo un pò più in là, verso
il porto di Palermo, dove oggi attracca la nave con studenti provenienti da
ogni parte d'Italia, partita ieri da Napoli. «E allora converrà ricordare –
rammenta Maria Falcone, sorella del giudice – le parole di Gesualdo
Bufalino».
La mafia - amava ripetere lo scrittore di Comiso - sarà sconfitta da un
esercito di maestri elementari. Speriamo che sappiano insegnare che una
password non serve solo per accedere a Facebook ma anche per bruciare i
soldi sporchi e con loro l'anima di Cosa Nostra.
 
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