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15 Settembre, 2002
Se si accorciano anche le ombre dei campanili
L'esigenza di una nuova generazione di laici cristiani impegnati - Appunti tratti da Famiglia Cristiana

Scrive Carlo Cardia su Avvenire: «Se a pochi giorni dall’approvazione della legge sulla sicurezza si sono creati già tanti problemi, vuol dire che le critiche ai suoi punti più controversi, quelli delle ronde e del reato di clandestinità, erano più che motivate».

Tutti siamo chiamati a un serio esame di coscienza (nessuno pensi d’esserne escluso), prima che sia troppo tardi. Il Paese fatica a trovare il bandolo d’una matassa sempre più intricata. L’etica pubblica è ai minimi storici. Persa com’è tra cattivi esempi dall’alto e rassegnata comprensione dal basso, che sfiora la complicità. «Si deve avere il coraggio di pronunciare parole di verità», scrive Franco Monaco su un quotidiano. E dire con chiarezza – aggiungiamo noi – quel che è bene e quel che è male. A tempo debito e senza balbettii.

Come cristiani ci siamo distratti, nonostante l’osservanza dei precetti e la recita del Padre nostro. Va diffondendosi l’idea di un Dio indifferente e della religione come affare privato. Ci sono nel Vangelo frasi che imbarazzano e fanno vergognare (alcune su tutte), come: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare... ero straniero e mi avete accolto». Esse, però, sembrano non avere quasi più cittadinanza, oggi, nel cuore dei cattolici, distratti da parole d’ordine come sicurezza e legalità. Che tutti invochiamo, ma con più umanità e rispetto.

Di fronte a crisi economica, a schegge impazzite dell’intolleranza, a leggi miopi e pasticciate (siamo ormai al ridicolo), e anche difficili da applicare (vedi pacchetto sicurezza e difficoltà delle famiglie con badanti), i politici cattolici (più di altri) pensano solo a galleggiare e a salvarsi dalla tempesta. Accoglienza, solidarietà e anche "obiezione morale" sono considerate deplorevoli. Al massimo da lasciare ad alcuni "profeti", ai soliti "preti di strada" che operano nel sociale. Come se il Vangelo non riguardasse tutti; come se nessuno dovesse, un giorno, rendere conto a Dio della giustizia o dell’amore dato o negato.

Il vescovo di Alba Sebastiano Dho ha scritto, mesi fa, un’accorata lettera: «Com’è possibile che molti cristiani (almeno quelli che si dicono tali e ci tengono a esibire questa qualità) sostengano in maniera determinante e si glorino di propugnare e attuare, quale programma di governo, teorie razziste e xenofobe, chiaramente in diretto contrasto con i princìpi evangelici?». Il richiamo a non separarsi dal Vangelo non vale solo per i preti. Davanti ai drammi di povertà delle famiglie e degli immigrati monta non solo un senso di indifferenza, ma anche quello, ben più pericoloso, della noia. O dell’assuefazione indispettita, che aggiusta i princìpi evangelici al ribasso, ignorando ciò che scomoda e disturba.

Le speranze che mettiamo in campo sono corte, sempre meno collettive. Dov’è la «nuova generazione di laici cristiani impegnati, ricchi di competenza e rigore morale» invocata da Benedetto XVI, un anno fa, nel suo viaggio in Sardegna? Oggi le ombre dei campanili, soprattutto nelle regioni più ricche del Nord, si sono sempre più accorciate. Fin quasi a sparire del tutto in tante città e paesi che hanno partorito fantasie e sentimenti xenofobi, di rigetto e non di accoglienza dello straniero.

Forse è l’ora di un nuovo impegno e una più attiva presenza dei cristiani nella società. Non più passivi, a subire e rincorrere altri che modellano la nostra vita con disvalori. Ma attivi, col Vangelo in mano, a diffondere mentalità nuova e una diversa visione del mondo, dove non alberghi paura e ostilità: cristiani compagni di strada di ogni essere umano e una Chiesa cardine dell’annuncio di un Vangelo intero. Senza labbra cucite e con il cuore e la mente liberi, colmi solo della potenza del Vangelo. Quella che sa "moltiplicare pane e pesci". E parlare con chiarezza.

 


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