Libertà per Giuliana, per tutti gli ostaggi, per il popolo dell'Iraq
Dolore per l’assassinio di Nicola Calipari, vittima emblematica della
follia della guerra di Bush
Fine dell'occupazione militare, ritiro delle truppe straniere,
autodeterminazione per l'Iraq
Riabbracciamo la nostra sorella Giuliana!
È una grande gioia per tutto il popolo della pace, in Italia, in Iraq e nel
Mondo intero.
È il riconoscimento del suo impegno di verità e di solidarietà.
È il risultato della grande e diffusa mobilitazione permanente che la società
civile italiana, irachena ed internazionale hanno costruito in queste settimane
per "liberare la pace". È il frutto dell'impegno coraggioso e
difficile che il movimento per la pace ha voluto e saputo costruire ogni giorno
in questi anni al fianco delle popolazioni irachene, contro la barbarie della
guerra e del terrore.
Abbiamo cominciato a raccogliere ciò che stiamo seminando. Chi semina pace
raccoglie solidarietà. Chi semina guerra raccoglie terrore.
Ma la gioia per la libertà di Giuliana è soffocata dal dolore per la morte
dell’agente dei servizi italiani Nicola Calipari, ucciso “per sbaglio”
durante l’assalto dei militari USA al convoglio italiano, vittima di un
tragico equivoco che non ci pare “assurdo” ma invece pienamente emblematico
della follia della guerra, atroce paradosso della realtà dell’occupazione
militare dell’Iraq da parte dei “liberatori”.
Ai suoi cari giunga con la nostra angosciata vicinanza umana la solidarietà
di tutto il popolo della pace.
L'emozione per il ritorno alla libertà della nostra compagna non ci fa certo
dimenticare il dolore per le vittime che la spirale della violenza continua a
produrre in queste ore in Iraq e non solo.
Continuano in queste ore gli assedi e i bombardamenti sulle città dell'Iraq.
Essi continuano a provocare migliaia di morti fra la popolazione civile. La loro
immediata cessazione è un'emergenza umanitaria: il governo italiano chieda ai
suoi alleati il "cessate il fuoco".
Il governo Berlusconi porta la tragica responsabilità di aver trascinato il
nostro paese in questa guerra, prima appoggiando politicamente la scelta della
amministrazione americana, poi condividendo materialmente l'occupazione
militare.
Con Giuliana rilanciamo il nostro impegno con i popoli dell'Iraq, per
moltiplicare i progetti di solidarietà internazionale e per rafforzare
l'opposizione alla guerra e all’occupazione.
Insieme a loro continueremo a promuovere l'azione umanitaria delle
organizzazioni non governative, la diplomazia popolare, la cooperazione dal
basso con la società civile irachena.
Insieme a loro continueremo a gridare "tacciano le armi, ritiro delle
truppe straniere, fine dell'occupazione militare, piena autodeterminazione
politica ed economica per l'Iraq".
L'esito di questa vicenda dimostra che la scelta della pace è praticabile
concretamente, che la diplomazia e il dialogo possono vincere, che la strada del
confronto e della collaborazione con il mondo arabo e con il mondo islamico -
quello "moderato" e quello "radicale" - è possibile,
necessaria, indispensabile. E contemporaneamente svela ancora una volta l’assurdità
della guerra, la cieca distruttività della cosiddetta “opzione militare”.
Dichiara e invoca tutto il contrario dell'ipocrisia della "guerra
preventiva" e della follia dello "scontro di civiltà" che la
parte più ottusa e retriva dell'integralismo occidentale - seguendo la
criminale strategia dell'amministrazione Bush - continua colpevolmente a
predicare e praticare, alimentando barbarie.
Cresce in tutto il Pianeta una nuova società civile globale capace di
indicare e costruire percorsi di vita e di civiltà, che pratica alternative di
vita e di senso, si autoorganizza in reti comunitarie, afferma concretamente
diritti e dignità, è pace, democrazia e libertà. Una moltitudine che sceglie
intransigentemente e irreversibilmente la forza della ragione contro la ragione
della forza, la forza della nonviolenza tra gli uomini e con il pianeta.
Nonviolenza che non è “pacifismo imbelle”, ma coraggiosa scelta di lotta
per il futuro comune. Nonviolenza che non è buonista estraneazione dei
conflitti, ma loro umanizzazione, critica del potere e dei meccanismi di
dominio. Nonviolenza che Aldo Capitini, padre fondatore della Marcia
Perugia-Assisi già definì “il punto più alto della tensione per il
cambiamento di una società ingiusta”.
Arci Nuova Associazione - Cremona