15 Settembre, 2002
Atipico il 21% in Provincia
L’Assessore Piloni risponde a Galmozzi (Prc) in Consiglio
 Precarietà del lavoro e della vita. Qual è la fotografia
della Provincia di Cremona? A rispondere al quesito sviluppato in un articolata
interrogazione di ATTILIO GALMOZZI, consigliere provinciale per Rifondazione
Comunista, è stata oggi in Consiglio Provinciale l'Assessore al Lavoro, Manuela
Piloni. Dati Centri dell'Impiego sugli avviamenti al lavoro nel 2004 sul
territorio su 30.538 impieghi, 18 mila sono "atipici" (14.600 tempo
determinato, 1013 cococo, 4 intermittenti, 98 formazione lavoro, 4026
interinale). In Amministrazione Provinciale (dati al 30 settembre 2005) vi sono
514 contratti attivi a tempo indeterminato (79%), 136 atipici (21%), dei quali
99 sono cococo: 85 impiegati presso i CFP, per ragioni funzionali al tipo di
impiego. "Quanto alla legge Biagi - ha detto l'Assessore -, sul territorio
non c'è un monitoraggio; esistono studi fatti dal SIES e dalla CGIL sugli
atipici che forniscono spunti di riflessione importanti". Secondo
l'Assessore: "La legge Biagi ha confermato le forme contrattuali già
presenti nella precedente normativa. Se la maggiore flessibilità non ha
contribuito all'auspicata maggior competitività delle imprese, si deve ritenere
che non sia la legge ad avere innescato un meccanismo di precarizzazione, anche
perché poco applicata. E' il contesto socio-economico complessivo ad aver
creato condizioni di insicurezza". I trend futuri sull'atipico convincono a
tenere alta l'attenzione. "E' circa al 10% in Italia - ha riferito Piloni -
e tra il 20 e il 30% in Europa, il trend è in aumento". "Ha reso bene
l'idea di un fenomeno, il 21% di atipico nell'ente Provincia è però ancora
tanto - ha risposto Galmozzi -. Bene il fatto annunciato dall'assessore di
parlarne più diffusamente all'interno di un convegno".
Il testo integrale dell'interrogazione di Galmozzi.(prot. n. 135005)
Da una recente indagine promossa dall'Ires e dal Nidil CGIL (sindacato che
tutela le nuove identità del lavoro) è emersa una poco rassicurante fotografia
dell'Italia del precariato, condizione che sta assumendo sempre più la
caratteristica di condizione predominante nel mercato del lavoro. I lavoratori
parasubordinati quantificati nel nostro Paese (dato giugno 2005) sono 1.785.856,
almeno tanti sono i lavoratori attivi che hanno versato i contributi al fondo
"parasubordinati" dell'INPS. Un numero, questo, che va a smontare le
rassicurazioni del governo circa la reale incidenza del precariato nel nostro
Paese, stimato da fonti governative in circa 400.000 unità. Infatti, accanto
alla quantità, i ricercatori hanno collocato il reddito dei precari, sempre in
base ai dati forniti dall'INPS: 3.266 milioni di euro annui, per una media di
13.063 euro lordi a collaboratore, in linea cioè con le ricerche Ires ed
Eurispes e ben al di sotto di quanto sarebbe se i precari sarebbero 400.000
(come da fonti governative): in quel caso il reddito pro capite (rapportato ai
versamenti INPS) sarebbe di 58.321, trasformando così la precarietà da
condizione da combattere a vero e proprio miraggio.
Alcuni giorni fa l'Ocse ha pubblicato i suoi studi sull'economia italiana (dati
riferiti al 2005) dove dopo 24 mesi di crescita occupazionale, seppur viziata
dal dilagare delle nuove forme contrattuali instabili, l'occupazione rimarrà
ferma almeno fino al 2006, lasciando nella situazione attuale almeno 2 milioni
di lavoratori. Sempre in termini occupazionali l'ISTAT ha reso noto i dati
relativi allo stato occupazionale nelle aziende, non agricole, con più di 500
dipendenti: ad aprile sono andati in fumo 7.000 posti di lavoro e
nell'industria, rispetto all'analogo periodo dello scorso anno, ben 13 mila sono
i posti di lavoro in meno.
Più di 1 milione e 700 mila precari, dunque, che, benché appartenenti ad una
platea eterogenea, hanno in comune l'assenza di protezione sociale, l'incertezza
sul futuro previdenziale, l'assenza di regole contrattuali e di tutela e una
forte discriminazione salariale.
La precarietà, dunque, diviene elemento predominante nel mercato del lavoro,
come dimostrano i dati relativi alla tipologia contrattuale dei nuovi assunti
che, come comune denominatore, hanno l'incertezza del posto di lavoro e del
futuro. Sempre l'indagine succitata rivela che il 44.7% dei lavoratori assunti
con contratti precari sono giovani/adulti di età compresa tra i 30 e i 44 anni.
Particolarmente affollati risultano essere i settori dell'istruzione privata
(56%) e delle imprese con meno di 15 dipendenti (63%). I contratti sottoscritti
dai "nuovi assunti", oltre all'elemento distintivo della precarietà
sono caratterizzati dalla discontinuità dell'impiego, con contratti rinnovati
massimo per 7-12 mesi, anche per diversi anni. Dopo l'introduzione della legge
30 solo il 4.9% dei collaboratori è stato assunto mentre l'88% è rimasto
collaboratore. Il resto è scivolato verso il lavoro nero, piaga ancora attuale
nella nostra società
Tutto ciò premesso s'interroga l'Assessore competente affinché renda noto:
· Quali sono i dati dell'Osservatorio Provinciale del Lavoro relativamente alle
forme contrattuali precarie nella nostra provincia?
· Quali sono i soggetti maggiormente colpiti da questa ultraframmentazione
contrattuale?
· La Provincia di Cremona ha assunto lavoratori mediante l'utilizzo di
contratti di collaborazione, a progetto ecc…?
· Quali sono le ricadute territoriali della legge 30?
Attilio Galmozzi
Consigliere Provinciale
Partito della Rifondazione Comunista
 
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