Di proprietà della ditta Olivetti di Casalmaggiore (CR), l'aveva in uso il
mio amico Luciano, fresco d'impiego e neo-patentato. Con lui alla guida salivamo
io, Antonio, Giovanni, Pierluigi e Renato e si andava a Viadana (MN) a vedere le
partite notturne di un torneo di calcio a sette giocatori percorrendo - per
evitare il rischio di imbatterci nella polizia - l' argine maestro sterrato del
Po. In breve, 10 km di sassi, risa e grida. Bravate da ragazzi.
Avevo all' epoca sedici anni, ero alle prime uscite serali con gli amici e,
assieme alle partite, mi piacevano le soste, al rientro, a casa di Luciano a
Fossacaprara (CR) a mangiare pane e salame e a bere un bicchiere di lambrusco.
La cantina col pavimento in terra battuta garantiva il grado ottimale di umidità
ed era sempre emozionante il rito della scelta di quello pronto per essere
portato in tavola e affettato. Conservo ancora quei sapori e quei profumi in un
angolo del cuore.
In quegli anni il calcio era la passione della mia vita. Assistere, per
esempio, agli allenamenti dell'Inter alla "Pinetina" di Appiano Gentile (CO),
mentre ero ospite dagli zii a Milano, a pensarci adesso equivaleva a una sorta
di rito di iniziazione. Vedere così da vicino la preparazione della squadra
prediletta era, infatti, come entrare in un mondo magico con la illusione di
carpirne i segreti, le ragioni tecnico-tattiche e fisico-comportamentali per cui
i propri beniamini erano divenuti dei campioni da imitare. Ma la fede nerazzurra
non faceva velo alla curiosità di seguire pure le partite delle altre squadre in
un' educazione alle sfide favorita dalla lettura quotidiana della Gazzetta dello
Sport e dagli appuntamenti festivi con 90° minuto e/o la Domenica Sportiva. A
distanza di tempo, dopo il lento e relativo distacco da quelle consuetudini,
scriverne è un po' come aprire una scatola delle esperienze passate che, nei
limiti della loro normalità, ricordano però l'intensità con la quale sono state
vissute.
Fissare sulla pagina i flashback affettivi che ancora regalano forse dimostra
come talvolta la nostalgia non cede al rimpianto ma dona nuova energia. A suo
modo, un sorriso della vita cui sono grato.
Di quel periodo desidero pure qui ricordare, in particolare, una fotografia
fatta da mio cugino Giuseppe a Romeno (TN) dove trascorrevo le vacanze estive
coi nonni in montagna. Siamo nel campetto dietro casa dove lui stopper, l' altro
cugino Luciano terzino e io portiere facevamo dei tiri. La porta non è una porta
ma fa il suo dovere. La traversa è un filo dove stendere la biancheria e i pali
sono di ferro da una parte, di legno dall' altra.
La foto vede il portiere orizzontale a una certa altezza, in volo verso la
palla.
Curiosità: indosso un paio di jeans, uno dei miei capi preferiti. Più che
azzardare un americano che sento poco, mi piacciono per quello che sono: un capo semplice,
essenziale che poi sa fare la sua figura se ben accompagnato. E pur non volendo
arrivare all' ex-portiere che va a specchiarsi in un paio di jeans per via di un volo in montagna a cercare di
afferrare un pallone, vi aggiungo che i jeans li metto sempre volentieri anche
adesso perché alle ragioni dette sopra si somma il fatto che sanno andare in
lavatrice. Doppia convenienza: relativamente economici all' acquisto e poi all'uso. Tale valutazione – per restare al genere di letture dei tre cugini in
montagna - ha forse un suo capostipite: zio Paperone. Salta fuori pure lui con
le sue pepite d' oro. Mica stupido quel vecchio taccagno. Mi è sempre stato
simpatico. Anche lui faceva dei tuffi, nei suoi dobloni. Col senno di poi, ci
vedo l' attaccamento a una cosa tangibile, concreta.
Era lui che, in fondo, prendeva in giro e con qualche proposito quel
farfallone di Paperino che pensava solo a deridere lo zio e a giocare con Qui,
Quo e Qua. Troppo facile, caro Paperino.
Anche tu mi eri simpatico ma zio Paperone stava oltre. Non a caso finivi
spesso nel suo sacco.
E la metafora del sacco mi porta dritto a un quadretto che, anni dopo,
comprai in un mercatino sotto i portici a Bologna. Esso vede un dondolo in
sostanziale equilibrio. Da una parte c' è seduto zio Paperone mentre dall'altra
parte c' è un sacco dei suoi amati dobloni. Qualcuno può vietarmi di vedere in
quel sacco un cumulo di cultura, di idee?
Pure il gioco del pallone può essere espressione d' arte. Maradona ne è stato
un paradigma, per cui sposo in questa sede l' ironia di quei tifosi partenopei
che, all' indomani dello scudetto vinto dal Napoli, misero un cartello al
cimitero con la scritta: "non sapete cosa vi siete persi!".
E resto in tema annotando la fortuna che ho avuto di conoscere un talento
locale del calcio Anni 80. Il suo nome è Gianni Mantovani, la sua squadra la
Casalese.
Giovanili al Parma, si è distinto come mezz' ala di fioretto con vocazione al
goal.
In campo pareva starsene un po' in disparte ma quando entrava nel vivo dell'
azione i suoi erano autentici tocchi di luce. Una classe innata, coltivata con
la costanza degli allenamenti e una proverbiale correttezza coi compagni e gli
avversari. Quando giocava lo seguivo, episodicamente, a distanza, da spettatore.
Ora siamo buoni amici e quando capita che la conversazione scivoli sul pallone,
i suoi sono cenni rapidi che hanno il sapore di citazioni quasi letterarie
simili, per certi versi, a quelle che colgo quando leggo i pezzi di Gianni Mura
su La Repubblica e/o di Roberto Beccantini su La Stampa.
Gli anni della giovinezza sono ormai lontani e oggi guardo a quel mondo con
occhi più disincantati e con il timore che la sportività sia una virtù un po' in
declino. Riconosciuto con Beppe Severgnini che "l' Italia è uno dei quattro
Paesi al mondo dove il calcio è un grande romanzo popolare (gli altri sono
Brasile, Argentina e Inghilterra)" penso che, di fatto, esso è diventato una
grande industria che vale mezzo punto di Pil. Una risorsa del Paese che rischia
di mutare natura se non saranno erette barriere morali e civili e poste, a loro
salvaguardia, regole stringenti. Pur nei fisiologici adattamenti al mutare dei
tempi, penso che un' iniezione di sobrietà, a tutti i livelli, forse aiuterebbe
a recuperare lo spirito agonistico dei momenti migliori contribuendo a
riaggiustare il prezioso giocattolo. A dispetto di Calciopoli, la vittoria dell'
Italia ai Mondiali di Germania 2006 ha offerto un nuovo saggio delle sue qualità
con menzione per Gigi Buffon in formato extra con le sue parate e la sua guida
della difesa e per Rino Gattuso diga a centrocampo e leader di un gruppo unito
anche dalla voglia di cancellare coi fatti una delle pagine più nere della
storia sportiva.
Detto questo, continuo tuttavia a pensare che, al pari di ogni altra
disciplina, il calcio possa ancora essere, soprattutto per chi lo pratica, una
scuola di vita perché una partita, in campo e fuori, non è mai solo una partita
ma una fonte per imparare a misurarsi con se stessi educandosi al fair play e al
gusto delle fatiche in vista degli obiettivi individuali e di squadra.
Va da sé, inoltre, che la verifica sul rettangolo di gioco di come i
risultati dipendano dal merito come pure dal caso, può aiutare ad apprendere
come le variabili accidentali, a volte, ribaltino le logiche razionali degli
schemi in maniera che gli andamenti effettivi delle cose possono paragonarsi a
quei disegni a tavolino che, nella loro traduzione pratica, sono scarabocchiati
o, diversamente, abbelliti dall' insorgere di imprevedibili dettagli di
circostanza (un infortunio, un autogoal, una espulsione, una svista arbitrale e
via dicendo).
Unita a questi discorsi c' è sempre però la sfera della passione ultima per
il pallone che corre sull' erba, gonfia la rete e scalda i cuori. E' per tale
ragione che ci tengo a concludere il racconto con una poesia che esprime, come
la prosa non potrebbe, le emozioni che il gioco del calcio può suscitare. La
poesia è di Umberto Saba e ha per titolo "Goal":
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l' amara luce.
Il compagno in ginocchio che l' induce,
con parole e con mano, a sollevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla - unita ebrezza - par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano, i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l' odio consuma e l' amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l' altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda da lontano.
Della festa - egli dice - anch' io son parte.