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15 Settembre, 2002
PD lombardo: rischio sfratto per diecimila famiglie nelle case popolari
Un vero allarme sociale rischia di colpire la Lombardia se non sarà rivista la normativa sui canoni delle case Erp varata lo scorso anno dalla Regione.

Un vero allarme sociale rischia di colpire la Lombardia se non sarà rivista la normativa sui canoni delle case Erp varata lo scorso anno dalla Regione. L’allarme è stato lanciato dal Partito Democratico questa mattina durante un convegno in Consiglio regionale, alla presenza di diversi sindaci della cintura milanese, dei rappresentanti degli inquilini e di un rappresentante della Regione.

“Solo tra Milano e Provincia sono 10mila le famiglie che rischiano di perdere l’alloggio popolare perché superano la soglia dei 28mila euro di reddito Isee imposta dalla legge regionale – spiega Franco Mirabelli, consigliere regionale del PD e organizzatore dell’iniziativa -. Stiamo parlando di famiglie di reddito medio basso a cui la Regione entro pochi mesi darà lo sfratto magari perché dopo anni di lavoro si è presa la liquidazione, o perché alla morte di un congiunto è arrivato in eredità un monolocale di 30 metri quadri in Sicilia. A queste persone si chiede di trovare casa sul mercato, a cui evidentemente non riescono ad accedere. Nella legge regionale ci sono elementi di iniquità che vanno sanati, anche perché l’uscita di queste famiglie, che sono nella fascia alta, quelle che pagano di più e tutti i mesi, non solo rischia di essere controproducente per il bilancio degli enti proprietari, ma anche di cancellare il mix sociale creatosi degli anni e di ricreare quartieri ghetto”.

“Noi avanziamo alcune proposte – continua Mirabelli -. Chiediamo alla Regione che nessuno perda la casa, che si elimini il meccanismo della decadenza e che i canoni siano in generale rivisti tenendo conto che gli alloggi non sono tutti uguali”.

Invita la Regione al dialogo il consigliere Francesco Prina. “Come ex sindaco – ha dichiarato nel suo intervento - non posso che difendere i Comuni che sono stati caricati di più incombenze a seguito della legge regionale. Infatti, oggi sono loro a dover risolvere i problemi dell’abitare. Ora è il momento di collaborare con la Regione e l’assessorato competente che devono coinvolgere di più la minoranza in questa fase applicativa della legge e devono far partecipare alla fase gestionale (quella che riguarda l’abusivismo e l’applicazione Isee) direttamente i Comuni con apposite audizioni. Il dialogo è l’unica strada per affrontare le difficoltà che vivono i cittadini. Se è obiettivo dell’abitare il mix sociale e non la divisione specialistica della città in quartieri sempre più segregati, non è accettabile il limite dei 28mila euro per rimanere nelle case Aler. Perché se ne deve andare, dopo 20-30 anni di residenza nelle case pubbliche, chi con il suo permanere e pagando di più può garantire il mix sociale con le classi più subalterne e in difficoltà?”.

 


       



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