15 Settembre, 2002
Strappo di Cofferati: serve il Pd del Nord
Marco Imarisio - Il Corriere della Sera - La brochure ha preso polvere, ma è ancora possibile leggerci sopra la parola «federalismo». Nel novembre 2006, erano giorni in cui Ds e Margherita si scannavano ....
La brochure ha preso polvere, ma è ancora possibile leggerci sopra la parola «federalismo». Nel novembre 2006, erano giorni in cui Ds e Margherita si scannavano allegramente su qualunque aspetto del nascituro Pd, tanto c'era tempo, all'Istituto Gramsci si tenne un convegno dal titolo neutro — «Partito democratico: la sinistra di Bologna e dell'Emilia Romagna per un soggetto nuovo» — sotto al quale si celava l'ambizione di suggerire una linea.
Il filo conduttore erano i dati di un sondaggio tra la base emiliana di Ds e Margherita dal quale si evinceva che le parole all'ordine del giorno della nuova creatura avrebbero dovuto essere il binomio legalità-ordine (81% dei consensi) seguite a buona distanza da sviluppo eco-compatibile e solidarietà sociale. Ma il tutto doveva stare in un contenitore-partito ispirato ad un «federalismo spinto, regionale e culturale».
Diciassette mesi, un governo e una mazzata elettorale dopo, il progetto viene rispolverato da Sergio Cofferati che di quel convegno, insieme ai vertici locali dei Ds, fu l'ispiratore. «Serve un Partito democratico del Nord, una federazione che unisca Emilia-Romagna, Triveneto, Lombardia, Piemonte e Liguria.
In questa macroarea ci sono elementi distintivi che vanno dalle tradizioni alla cultura fino ai caratteri sociali ed economici. La novità è proprio questa, secondo me: noi siamo parte del Nord, non del Centro ». Nel corridoio di Palazzo d'Accursio, il sindaco di Bologna è stato netto, bene attento a scandire le parole. Il successo della Lega Nord c'entra ma non troppo, perché la convinzione arriva da lontano. «Quelli dati alla Lega non sono voti di protesta e chi lo pensa commette un errore, su questo ha perfettamente ragione Maroni.
Ma l'idea che il Pd debba avere una struttura federalista è ben stagionata, sono cose che abbiamo sempre ripetuto». Cofferati parla di una «macroarea », i cui confini sono perfettamente sovrapponibili alla Padania leghista. Il messaggio è netto. «A mio parere, il Pd deve essere veramente federale, non deve limitarsi ad enunciarlo ».
Non è una sortita solitaria, l'ex segretario nazionale della Cgil non gioca in proprio, ha dietro di sé l'intero Pd emiliano, soprattutto la sua anima ex ds, piuttosto seccato per i ripetuti messaggi in bottiglia mandati a Roma e mai raccolti. La benedizione del presidente della Regione Vasco Errani è immediata: «La dimensione interregionale investe tanto il nostro territorio quanto il futuro dell'intero Partito democratico ». Segue a ruota il capogruppo pd in Regione, Marco Monari, che va anche oltre. Per lui, l'Emilia-Romagna non è nel Nord, «ma è il Nord, perché fa parte di un'unica area geografica del tutto omogenea negli assetti territoriali e nei problemi ».
Ora più che mai, il Pd emiliano si sente l'azionista di riferimento del partito nazionale, e vuole essere considerato tale, cosa che finora non è avvenuta. L'idea del partito «padano» è destinata comunque a lacerare, e già deve incassare la perplessità — eufemismo — del giurista Augusto Barbera, membro dell'Assemblea costituente del Pd: «Inutile ricalcare le soluzioni proposte da Bossi. La Lega ha guadagnato i suoi voti parlando di immigrazione e criminalità, non certo per la sua proposta federalista».
I cofferatiani del Pd sono invece intenzionati a portare il progetto a compimento. Se gli atti di quell'ormai lontano convegno del 2006 fosse stati almeno letti, è la loro convinzione, forse adesso il centrosinistra piangerebbe di meno.
 
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