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IL BLOG DI CINZIA FONTANA

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FEDERALISMO VUOTO

"Siamo tutti consapevoli che la scelta che stiamo compiendo segnerà in maniera decisiva la vita politica, istituzionale, sociale ed economica del nostro Paese. Per questo non possiamo permetterci - non lo potrebbe fare nessuno di noi per la serietà del ruolo che siamo chiamati a svolgere - di ridurre il tutto a propaganda, a demagogia oppure a merce di scambio all`interno della maggioranza per appuntare dei segnaposti sul territorio e per garantire la tenuta di una coalizione intrappolata dai troppo differenti e divergenti interessi che si intendono rappresentare.

L`attuazione dell`art. 119 della Costituzione - voluto dal centrosinistra - non può quindi essere un modello ideologico, ma deve rappresentare uno schema di riferimento per progettare una moderna organizzazione dei poteri pubblici, esigenza che dai cittadini viene sentita ed espressa con particolare vigore a causa di una molteplicità di fattori: domanda di maggiore efficienza e trasparenza; controllo dei processi decisionali pubblici; certezza di risorse per gli enti territoriali; individuazione delle responsabilità della spesa; vicinanza al territorio; richiesta di una riduzione generalizzata della pressione fiscale. Esigenze che si coniugano ad un sentimento sempre più diffuso di indisponibilità a vedere che le risorse prodotte finiscano per foraggiare una cattiva amministrazione, di insofferenza verso una dissociazione crescente fra il muoversi dei diritti e il muoversi dei doveri e delle responsabilità, di insostenibilità di un sistema fondato su meccanismi dei trasferimenti legati alla spesa storica, fonte di inefficienza, di irresponsabilità e di crescita esponenziale della spesa. E in più, io aggiungo, necessità di rendere esigibili su tutto il territorio nazionale i diritti costituzionali di cittadinanza, oggi palesemente diseguali nel confronto tra territori, al di là del livello istituzionale cui è affidata la competenza."

Con queste parole ho voluto sottolineare nel mio intervento, in occasione della discussione in Aula al Senato sulla delega al Governo in materia di federalismo fiscale, quanto sia cruciale un provvedimento che avvii il Paese su un percorso di modernizzazione, che introduca un sistema di responsabilizzazione dei vari livelli istituzionali e di controllo dei cittadini sulla cosa pubblica, che cerchi di dare risposte ai mali che contribuiscono sempre più a creare disservizi, allontanamento e sfiducia da parte dei cittadini.

Quindi, ben venga un sistema che coniughi funzioni, risorse e responsabilità nei vari livelli di governo.

Eppure, il provvedimento del Governo è assolutamente carente nel dare le risposte necessarie: la delega è troppo vaga, generica, approssimativa, con tempi di attuazione lunghissimi, con poca precisione nelle definizioni e quindi con il rischio dell`insostenibilità finanziaria, dell`ulteriore appesantimento di poteri burocratici oppure di sovrapposizione di funzioni, l`esatto contrario cioè di ciò che ci prefiggiamo. Siamo al paradosso di un federalismo fiscale che il Governo ci presenta senza numeri, senza cifre, senza conti. Stiamo cioè discutendo di una riorganizzazione dei poteri pubblici senza alcuna previsione degli esiti e degli effetti sulla finanza pubblica e sulle singole autonomie territoriali. Mentre si invocano trasparenza e certezza di risorse come elementi portanti per la costruzione di un rinnovato rapporto Stato-cittadini, ecco che, alla prima prova dei fatti, noi non siamo nella condizione di avere una qualche sorta di simulazione dei dati per comprendere la portata di questo disegno.

Siamo altresì al paradosso di una strada che il Governo ha deciso di percorrere in senso inverso: si ripartiscono le risorse senza aver definito chiaramente il "chi fa cosa", cioè quali compiti, funzioni e servizi ai vari livelli di governo.

Siamo, inoltre, al paradosso di un Governo che, nel frattempo, assume provvedimenti che si muovono in netta antitesi rispetto ai proclami sull`autonomia e sul federalismo sbandierati sul territorio: in questi mesi sono state approvate molte norme fortemente centralistiche; sono state varate misure in deroga (vedi contributi a Catania, a Roma, oppure la deroga sul patto di stabilità per Roma) che rappresentano involuzioni gravi e che stanno accentuando il malcontento e moltiplicando confusione e contraddizioni, malcontento che la Lega cavalca con stupefacente disinvoltura nei nostri territori nonostante i suoi rappresentanti a Roma ne abbiano condiviso l`approvazione; e ancora, la debolezza sul tema della lotta all`evasione fiscale, obiettivo che invece dovrebbe essere prioritario considerato che il federalismo fiscale è legato alla ricomposizione della base imponibile, oggi pesantemente erosa dal sommerso e dall`illegalità.

Inoltre, mentre parliamo di federalismo fiscale non possiamo non prendere in esame la modalità con cui affrontiamo la grave e drammatica crisi in atto. Nessuno infatti può pensare che una crisi di queste dimensioni lasci inalterato il quadro politico, istituzionale, sociale e culturale. Dalle risposte che diamo, non solo economiche, dipenderà la qualità del futuro del nostro Paese perché, in base alle scelte che assumiamo, si può uscire da questa crisi o più uniti o più divisi. La crisi determina dei fenomeni che possono minare le stesse caratteristiche di come ci si riconosce in una comunità nazionale e questo rischia di essere tanto più vero in un Paese dove si registrano squilibri così evidenti nelle condizioni sociali, di reddito, di servizi, di occupazione, di infrastrutturazione materiale e immateriale, di mobilità sociale. E non si tratta di disparità solo tra Nord e Sud ma anche all`interno degli stessi singoli territori tra chi è più debole e chi è più forte. E se guardiamo alla crescente accentuazione di rivendicazioni corporativo- territoriali, i segnali in questo periodo non sono certo rassicuranti.

Ma io credo che se lo scopo di ogni sistema istituzionale ben strutturato sia quello di realizzare la soddisfazione o realizzazione migliore possibile dei diritti dei cittadini, delle donne e degli uomini che vivono, lavorano e producono in un Paese, e della loro qualità di vita, se riteniamo che il modello federale sia particolarmente adatto a governare la modernità e la complessità delle società di oggi, porre come obiettivo la competizione in un Paese in cui le basi di partenza sono così radicalmente diverse, rischia di aggravare ulteriormente le disparità e le frammentazioni e di infilarci su una via di non ritorno. La competizione, se vuole essere una competizione sana, presuppone pari opportunità di partenza, ma non siamo oggi in quelle condizioni. E questo deve rimanere il nostro primo e principale obiettivo, per poter garantire quel modello inclusivo, solidale, responsabile e virtuoso, che è l`elemento portante della nostra Carta costituzionale.

 

A presto!