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 Lettere a Welfare

15 Settembre, 2002
*Ha voluto fare uno sgarbo al Sindaco*
*La presenza di Torchio al giardinetto milanese di Protti é deplorevole* - Lettera del prof. Gianfranco Taglietti, componente la Commissione Toponomastica di Cremona - Interviene anche Sandro Gugliermetto

Che Torchio dall’alto della sua Presidenza, veda con sgomento la possibilità di tornar alla vita di cittadino comune, è umanamente comprensibile. Che cerchi con ogni mezzo di accaparrarsi voti a destra e a sinistra, più a destra, propriamente, è politicamente discutibile.

Che vada a Milano come rappresentante di Cremona, tirandosi dietro l'Assessore alla cultura e altri personaggi quali espressioni della volontà della nostra città, alla cerimonia di intitolazione di un giardinetto al nome del cremonese Protti, è veramente deplorevole.

Torchio sa benissimo che la Commissione per la toponomastica, organo ufficiale, ancorchè consultivo, del Comune di Cremona, non ha approvato la proposta di Alleanza nazionale di intitolare al Protti una strada, ritenendo che come artista di canto di fama sia stato onorato a sufficienza con la lapide apposta nell'atrio del teatro Ponchielli, onore non concesso ad altri artisti del bel canto.

Torchio ben sa che le motivazioni della Commissione di non attribuire il nome di Protti ad una via della città non sono state, come si vorrebbe far credere e si è scritto sul giornale, il suo passato di fascista e la sua appartenenza al M.S.I, di cui è stato un autorevole esponente. Nel verbale della seduta della Commissione, presieduta dal Sindaco, si precisa che tale delibera è stata assunta dopo aver appurato senza ombra di dubbio che come sergente promosso sul campo maresciallo, faceva parte di quel raggruppamento di brigatisti neri formato da militanti scelti uno per uno dal maggior gerarca cittadino e distaccato a Avigliana (provincia di Torino), formalmante per compiti di sorveglianza ma in realtà per partecipare alle azioni di rastrellameno dei Tedeschi nelle zone controllate dai partigiani.

Durante tali azioni furono catturati, tra gli altri, torturati e uccisi, nove giovani cremonesi, qualcuno inerme. Che il Protti abbia partecipato a tali azioni personalmente non è stato possibile accertarlo (ma non si capisce perchè non avrebbe dovuto). Era il comandante in seconda del raggruppamento e comunque era moralmente responsabile delle sue azioni.

La presenza in veste ufficiale di Torchio a Milano alla cerimonia dell'intitolazione del giardinetto al nome di Protti è stato, a mio parere, uno sgarbo al Sindaco ed una maldestra smentita alla decisione di una Commissione ufficiale del Comune. Forse voleva crearsi una benemerenza presso Sgarbi, promotore della proposta dell’intitolazione di una via (declassata a giardinetto).

Gianfranco Taglietti

*** Gent.mo Direttore

abbia pace il professor Taglietti: sappiamo benissimo quale sia stata la decisione del Comune di Cremona in merito alla memoria di Aldo Protti, e pur non condividendola ce ne siamo fatti una ragione. Quello che non afferro è il passaggio logico per il quale andare a Milano abbia rappresentato uno sgarbo al Sindaco, o ancora la volontà di tornare a ridiscutere le legittime deliberazioni del nostro Comune.

La città di Milano decide di celebrare la memoria di un artista che ha cantato per molti anni, con immutati e trionfali successi, nel suo teatro lirico: come ha fatto per Maria Callas, come credo farà presto per Pippo Di Stefano o per Renata Tebaldi. È abbastanza normale, che una città onori quelle personalità che hanno contribuito al suo prestigio. La città di Milano lo fa dedicandogli un giardino, e non si capisce perché negli scritti dei detrattori di Protti quel guardino diventi un "giardinetto": trovo che questo stile di polemica sia abbastanza infantile. Questi i fatti milanesi.

Poi c'è la storia delle vicende degli anni della guerra. E qui vorrei provare a riaprire quel ragionamento che non siamo stati in grado di fare nel recente passato.

Io sono nato e cresciuto a pochissimi chilometri dal Colle del Lys, e quelle vicende sono nel mio sangue come sono nel sangue dei cremonesi di nascita; non appartengo alla schiera di chi vorrebbe dimenticarle, né a quella di chi sostiene che la ragione stesse da tutte e due le parti in conflitto. Il professor Taglietti sa bene che la sua ricostruzione storica di quei giorni non è l'unica, e che altre ricostruzioni negano la presenza colà di Aldo Protti; ma non mi voglio appigliare al dubbio storico, e voglio esercitarmi ad assumere come reale la ricostruzione di Taglietti: facciamo come se Protti fosse stato là, facciamo come se Protti avesse partecipato a quel massacro.

Bene: la mia opinione sulla necessità di celebrarne la memoria non muta di una virgola. Io continuo a credere che il passato ideologico e militare di Protti non avrebbe comunque dovuto essere d'ostacolo alla sua celebrazione anche nella toponomastica cittadina. La storia di una civitas si nutre anche di percorsi di pacificazione, e nel caso di Protti la pacificazione c'era già stata. C'era stata con l'amnistia di Togliatti, che non aveva effetti soltanto giuridici ma anche morali, nella sua volontà di superare gli scontri fratricidi del '43-'45; c'era già stata quando Protti uscì indenne dalle commissioni post-belliche di inchiesta; c'era già stata quando Saragat - quello che terminava ogni suo discorso al grido di "viva l'Italia! viva la Resistenza" - firmò il decreto che nominava Aldo Protti Cavaliere della Repubblica. Ma soprattutto, c'era già stata nel momento in cui la città di Cremona lo accoglieva trionfalmente ad ogni sua esibizione nel teatro cittadino. Quando portò con lui l'amico Mario Del Monaco (che era comunista) per quell'Otello che resta negli annali del teatro Ponchielli, quando si riduceva i cachet per venire incontro alle difficoltà delle casse del teatro, quando regalò la sua ultima mirabile apparizione cremonese nei "Due Foscari". E invece mi trovo in una città che, dopo aver accolto per decenni l'artista e goduto della sua arte e della sua generosità, ha poi deciso di tenere l'artista rifiutando l'uomo; come se fossero due cose diverse; come se fossimo tornati all'epoca dei giullari, che dopo aver allietato le corti venivano sepolti in terra sconsacrata. In altre parole: nei confronti di Aldo Protti, la civitas cremonese non ha mai esercitato alcuna sorta di sanzione morale, nemmeno quando la freschezza dei ricordi avrebbe permesso ricostruzioni più attendibili. Aldo Protti è stato un cittadino cremonese con pieno diritto di cittadinanza. Ha senso che quella sanzione morale mai pronunciata in vita venga infine gridata molti anni dopo la sua scomparsa? A me sembra vigliaccheria, nella migliore delle ipotesi.

Vigliaccheria, sì: come quella di numerosi esponenti del mio partito, i quali leggendo sul giornale che avevo firmato la petizione proposta da AN per intitolare a Protti la via dove egli nacque mi dissero che avevo fatto bene: però nessuno di loro firmò. E qualcuno che mi aveva lodato in privato mi criticò in pubblico.

Ad ogni conto, ogni qual volta una città deciderà di intitolare una via (o forse dovrei dire "una viuzza"?) ad Aldo Protti, io ci sarò, e parteciperò alla gioia ed alla commozione della signora Masako e di molti altri cremonesi. E se avrò ancora incarichi istituzionali, non per questo mi camufferò o fingerò di non esserci andato.

Sandro Gugliermetto, Consigliere Provinciale PD

***

nella foto: i Martiri del Colle del Lys - 3 luglio 1944

 


       



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