15 Settembre, 2002
Lettera al ministro Maria Stella Gelmini
Da una maestra appena pensionata, che ha prestato 43 anni di servizio in Sicilia
Ministro,
mentre si parla tanto di scuola, voglio raccontare la mia esperienza di insegnante di “Scuola Elementare”, in un paese del profondo Sud, andata in pensione il 1° settembre del 2007 con 43 anni di servizio, 41 dei quali di ruolo a tempo indeterminato.
Ho vissuto l’ esperienza del maestro unico come alunna e ne conservo un ottimo ricordo. Più del 50 % della mia carriera scolastica l’ ho svolta come unica docente ed è stata molto positiva, gratificante ed entusiasmante.
Ho vissuto la esperienza del modulo e si è rivelata altamente qualificante per me e per gli alunni.
E dire che, l’idea di non essere più insegnante unico, di non poter dire più i “miei alunni”, ma i “nostri alunni”; l’ idea di dover condividere con altri il mio materiale didattico, gli spazi della mia aula, la mia vita scolastica, di dover programmare e confrontarmi con altri colleghi, mi aveva assillata a lungo e non poco.
Ho dovuto impiegare tempo ed energia per prepararmi psicologicamente alla nuova avventura scolastica, volevo viverla serenamente e libera da ogni forma di pregiudizio.
Ero sicura che solo l’ armonia del team docenti avrebbe dato serenità agli alunni e successo al nostro lavoro. Saremmo stati credibili nella misura in cui saremmo riusciti ad essere uniti pur nella diversità delle nostre identità. Avremmo, con l’ esempio e non con le parole, insegnato cosa è la convivenza, il rispetto delle altrui opinioni e del “diverso”, il valore del dialogo e della tolleranza, pur non sacrificando nulla della propria identità.
Quando la legge è entrata in vigore avevo cominciato il ciclo scolastico e insegnavo in una seconda classe. Sono stata, quindi, fra gli ultimi docenti ad imbarcarsi sulla barca modulare In quei quattro anni che mi separavano dalla nuova esperienza, avevo visto molti miei validi colleghi andare in pensione prematuramente perché difficile, per loro, accettare la nuova organizzazione scolastica.
Finita la quinta, mi sono detta: ecco è arrivato anche per te il momento di inserirti nella modularità: trasformala in un’ esperienza positiva e non in un assurdo rimpianto che, inevitabilmente, altera la realtà. I primi tempi non sono stati facili, però, ho capito subito, che anche gli altri docenti erano animati dai miei stessi sentimenti e, piano piano, siamo riusciti ad instaurare un dialogo costruttivo che si è trasformato in una opportunità di crescita per noi insegnanti, per gli alunni e per i genitori.
Le ore di programmazione sono servite ad unificare il nostro intervento educativo e presentarci ad alunni e genitori con un progetto unico pur nelle nostre diversità. L’esperienza che pensavo traumatica, nella prassi, si è rivelata subito ottima. I nostri alunni potevano fruire dell’apporto culturale e della preparazione di un team e non di un singolo. Nel team, infatti, ognuno metteva a disposizione della collettività i propri talenti che, anche negli insegnanti, come in tutti gli esseri umani, hanno caratteristiche e carismi diversi. Gli alunni sono stati impegnati in rappresentazioni teatrali in cui hanno curato l’allestimento delle scene e si sono esibiti oltre che nella recitazione, in cori e danze. Io, stonata, che non riesco a tenere il ritmo e che non so disegnare, come sarei mai riuscita da sola a realizzare tutto ciò?
Con me, insegnante unico, i miei alunni avrebbero senz’ altro imparato a leggere, a scrivere, a far di conto, ma di quanta esperienza creativa in meno e di quante minori opportunità di esprimersi nei vari linguaggi a loro più congeniali che danno a tutti la possibilità di dimostrare che valgono anche se hanno difficoltà di “ apprendimento” in senso classico del termine, sarebbero stati privati.
Ora, lontana dalla scuola, ma ancora insegnante nell’ animo e nel cuore, con un ricco passato di esperienza gratificante e meraviglioso, rivedo l’ insegnante “ unico ” un nostalgico ritorno al passato come lo è il ricordo del braciere attorno al quale, nelle lunghe sere d’ inverno, stavo seduta ad ascoltare i racconti ricchi di ricordi degli adulti mentre cercavo di imparare a maneggiare aghi ed uncinetto, o incantarmi davanti al forno acceso in attesa del profumato pane caldo da divorare immediatamente, o lo stupore del mallo delle mandorle bruciato, ancora verde che si sarebbe trasformato in pietre di cenere dalle forme strane che eccitavano la mia fantasia.
Quanti altri ricordi da descrivere,da rivedere in un film, da raccontare, da illustrare, ma, ohimè impossibile riviverli nella odierna realtà che il tempo e le scoperte tecnologiche hanno trasformato.
Così è cambiato il modo di vivere, siamo diversi noi docenti, sono diversi gli alunni, sono diversi i genitori. L’ alunno non arriva più a scuola povero di esperienze extra familiari: è stato al nido, alla Scuola dell’ Infanzia, a lezione di pianoforte, di danza, di ballo, di nuoto, di calcio … I genitori hanno altri progetti per i propri figli, oltre a quello prettamente scolastico. Ti raccomandano di assegnare pochi compiti da fare a casa perché hanno altri impegni da assolvere..
Caro ministro, al tempo del maestro unico, gli alunni, arrivati in classe, ripassavano la lettura, la poesia, la tabellina. Oggi devono raccontare dell’ Isola dei Famosi, del Grande Fratello, devono esibirsi nei passi del nuovo ballo o nell’ imitare il personaggio in voga del momento.
Sono bambini “ adulti ” privi di spontaneità e di emozioni, costretti dalle circostanze a vivere, a volte, situazioni più grandi di loro, quali separazioni, divorzi, stress e …
Certo, la Scuola ha bisogno di riformarsi perché è una entità viva, palpitante, scalpitante come lo sono i suoi utenti ma, a mio avviso, deve guardare avanti e non indietro e deve progredire nella fiducia delle Istituzioni, delle famiglie, degli alunni e dei docenti.
Deve poter volare libera da lacci e laccioli alla conquista di nuovi traguardi ed accettare la continua sfida di una società che addossa la responsabilità di tutti i suoi mali alla Scuola, e, che dalla Scuola vuole la soluzione e il superamento del disagio in cui attualmente vive- Il rimpianto non serve: è la continua lagna di chi non vuole guardare realisticamente il presente e non vuole sfidare il futuro.
Se ha avuto la bontà di aver letto la presente fino in fondo, la ringrazio per la sua cortese attenzione.
Con stima
Ins. Maria Cantaro
Viale Principe Umberto, 20
93013 Mazzarino ( CL )
 
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