15 Settembre, 2002
Memoria corta.
Perché si scrive Acqua ma si legge democrazia!
Memoria corta.
Perché si scrive Acqua ma si legge democrazia!
Il Governo tre mesi fa ha imposto al Parlamento,
mettendo la fiducia, l’approvazione di una
legge nefasta che obbliga alla messa a gara
ovvero alla privatizzazione di alcuni essenziali
servizi pubblici locali. Uno, il più significativo
ed evocativo: il servizio idrico integrato,
quello che garantisce a tutti di cittadini
di poter bere dell'acqua di buona qualità
a un costo sostenibile. Le aziende pubbliche
che finora hanno gestito il servizio anche
lodevolmente andranno a gara entro l’anno
prossimo, i servizi non ancora affidati dovranno
procedere celermente verso la privatizzazione.
Bene, questo proprio quando tutto il resto
del globo sta lentamente accorgendosi che
il famoso “mercato” tutto sa fare meno che
“autoregolamentarsi”, tanto che diversi stati
stanno attivando percorsi per la ripubblicizzazione
dei servizi idrici. L’Italia invece, proprio
nel momento più pesante di questa impressionante
crisi economico-finanziaria consegna un bene
essenziale e scarso come l’acqua proprio
al mercato: ciò non aiuta i cittadini ma
serve solo a far fare soldi — montagne di
soldi facili — ai soliti noti, alle stesse
multinazionali che già lucrano ampiamente
vendendoci l’acqua in bottiglia (in cambio
di canoni di estrazione irrisori) e alle
imprese di malaffare, a cui regaliamo così
un altro strategico settore economico legale
nel quale ripulire le entrate illecite.
Il Governo non si ricorda che la nostra amata
Costituzione affida ampi poteri decisionali
agli enti locali in materia di gestione dei
servizi pubblici locali; il Governo non si
ricorda che esistono servizi di carattere
generale in quanto afferenti a beni e diritti
fondamentali delle persone; il Governo non
si ricorda che la Comunità Europea impone
di mettere a gara i servizi pubblici nel
rispetto del principio della libera concorrenza
solo se gli stessi sono ritenuti dagli Stati
e dalle loro articolazioni locali (regioni,
enti locali) servizi a rilevanza economica:
l'Europa garantisce infatti la possibilità
per gli stati e gli enti locali di gestire
direttamente servizi essenziali e di carattere
generale attraverso enti strumentali.
Alcuni nostri enti locali come l’AATO — specialmente
nelle persone del presidente uscente e di
quello appena designato — non si ricordano
che il nocciolo della legge lombarda sui
servizi pubblici locali (che già obbligava
alla privatizzazione) è stato praticamente
disintegrato da una recente sentenza della
Corte Costituzionale; non si ricordano che
la nuova sciagurata legge imposta dal Governo
pretende di cancellare quella piccola ma
significativa modifica ottenuta dalla battaglia
di 144 comuni lombardi che poco più di un
anno fa pretesero ed ottennero dalla Regione
di reintrodurre nella normativa regionale
la possibilità di gestire l’acqua con aziende
totalmente pubbliche, le cosiddette aziende
"in house"; dimenticano anche che
5 regioni italiane hanno impugnato per incostituzionalità
la nuova legge statale privatizzatrice dei
servizi pubblici. Dimenticano o forse non
sanno che diverse centinaia di comuni in
tutta Italia grandi e piccoli, di destra
e di sinistra, hanno deciso di salvare l’acqua
dalla privatizzazione modificando innanzitutto
i propri statuti inserendovi tre principi
fondamentali: quello che riconosce l’acqua
come bene comune, quello che dichiara l’accesso
all’acqua un diritto universale e irrinunciabile
di tutti gli uomini e quello che dichiara
il servizio idrico integrato privo di rilevanza
economica. Decisioni sacrosante, perché l’acqua
non è una merce o un oggetto voluttuario
che si può decidere se acquistare oppure
no, ma è un diritto di tutte le persone per
la difesa della vita e della salute e su
tutto ciò è immorale e illegittimo ricavare
un guadagno. Dimenticano o forse non sanno
che comitati di cittadini di diverse idee
politiche e opinioni in tutta Italia (e in
tutto il mondo) insieme con associazioni,
sindacati, reti informali, si mobilitano
da anni per la difesa dell’acqua. Hanno anche
scritto una legge che, se fosse adottata,
salvaguarderebbe veramente questo bene comune
primario: peccato che il Parlamento dalla
memoria corta ne abbia discusso per un po'
e infine l'abbia chiusa in un cassetto della
Commissione Ambiente.
L'AATO, alcuni comuni, la Provincia forse
non ritengono che i cittadini debbano essere
ascoltati.
Alcune amministrazioni però cominciano a
farlo. Anche nella nostra provincia. Il primo
è stato un piccolo ma determinato comune,
quello di San Daniele Po (il cui consiglio
ha già accolto le istanze portate dai cittadini
ed approverà a giorni la definitiva modifica
dello statuto), subito seguito da uno più
grande, il terzo della provincia per popolazione,
Casalmaggiore. In entrambe le amministrazioni,
come sta accadendo in moltissime altre parti
d'Italia, il voto in consiglio comunale ha
raggiunto o ha sfiorato l'unanimità compattando
maggioranza e opposizioni, grazie all'abile
lavoro di tessitura di chi ha proposto gli
ordini del giorno ma grazie anche alla disponibilità
da parte di tutti a voler dialogare nel merito
della questione superando anche gli ostacoli
ideologici in nome di una battaglia universale.
Nota dolente: mentre a Casalmaggiore il consiglio
comunale, con tutti voti favorevoli eccetto
uno, decideva di salvare l'acqua, lo stesso
26 gennaio a Cremona, secondo quanto riportato
dalla stampa locale (non ne abbiamo avuto
conoscenza diretta infatti), un ordine del
giorno sull'acqua “bene pubblico” presentato
da un partito di minoranza veniva decisamente
respinto da tutta la maggioranza e non riusciva
nemmeno a mettere d'accordo le altre forze
di minoranza, che infatti si astenevano in
blocco. Pagina triste per il nostro comune
capoluogo di Provincia e per la battaglia
dell'acqua bene comune.
Ma il comitato non si arrende; considera
questo passo falso un ostacolo sormontabile,
una battuta d'arresto momentanea. La battaglia
che conduciamo ha già cinque anni di storia
e spalle forti per proseguire, soprattutto
perché siamo ogni giorno confortati dalle
mille esperienze di lotta diffuse in tutta
Italia e in ogni continente. E sappiamo che
le persone, se sono informate correttamente,
capiscono e sentono che la battaglia contro
la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali
e in particolare quella per la vera ripubblicizzazione
dell'acqua stanno alla base del patto di
convivenza sul quale cresce e si sviluppa
una società civile basata sulla pari dignità
di ogni individuo, sull'uguaglianza di tutti
i cittadini, sulla libertà e sulla solidarietà.
Perché si scrive Acqua ma si legge democrazia!
fonte: Giacomo Bazzani
 
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