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15 Settembre, 2002
Rupestri e contemporanei GIACOMO GHEZZI
Questi dipinti di Giacomo Ghezzi, sembrano giungerci da un'antichità che si perde nei tempi arcaici

Rupestri e contemporanei GIACOMO GHEZZI
Inaugurazione martedi 18 maggio 2010 ore 21
Calisto Cafè via Manzoni 2 Vailate Cr
18 maggio - 6 giugno 2010
inaugurazione martedi 18 maggio 2010 ore 21
orari : da martedi a venerdi 8 - 15,30 / 19,30 - 2
sabato e festivi 8 - 12,30 / 16,30 - 2
Questi dipinti di Giacomo Ghezzi, sembrano giungerci da un'antichità che si perde nei tempi arcaici che precedono la storia scritta. Potrebbero essere graffiti rupestri scovati in una misteriosa grotta, oppure schizzi di ritratti umani, vergati da una mano che tenta di rispecchiarsi per la prima volta e si muove incerta ed emozionata. La forma di queste figure, tuttavia, potrebbe evocare anche, l'immagine ingrandita del primo seme vitale, un abbozzo di essere umano che si sviluppa lentamente nel grembo delle madri animali e umane: infatti, alcune di esse sembrano dormire in posizione fetale. Vi è una voluta e studiata incompletezza, in esse, la mancanza della testa è comune a molte, gli arti a volte si vedono, altre volte s'intuiscono, in altre ancora sembrano mancare completamente. In altre, il sesso esposto, seppure appena stilizzato, e la deposizione a terra fanno tuttavia pensare a un corpo tolto da una croce o spogliato dopo una fucilazione. E allora ecco che il tempo corre vertiginosamente verso di noi: si pensa alle troppe fosse comuni, ai corpi mutilati delle cento guerre passate e venture.

La disposizione irregolare di questi corpi, tuttavia, fa pensare anche ad altro: se visti in verticale, per esempio, sembrano precipitare tutti verso gli inferi in una sorta di cascata, ma potrebbero essere anche sculture lignee, statuette votive di una specie di presepe apocalittico, fatto di corpi mutilati, senza testa e senza occhi, che non riescono o non vogliono più vedere; testimonianza, forse di una civiltà estinta.

Vi è una parola che ricorre spesso quando si parla di arte, si tratti del segno pittorico o della parola scritta: ambivalenza. Alla rappresentazione artistica degna di questo nome chiediamo in fondo sempre questo: di aprirsi a molteplici significati, di mostrarci la complessità irriducibile del reale.

Giacomo Ghezzi raggiunge tale esito in questi dipinti, che potrebbero anche essere sculture, in un modo essenziale. La sua maestria consiste proprio in questo: con pochi tratti all'apparenza semplici e con la scelta del colore che richiama quello della nuda terra e del legno (elementi da cui, secondo molti miti, gli esseri umani sarebbero stati generati), ci restituisce tutto il mistero che si nasconde dietro questa apparente semplicità. Tutto è riconoscibile in questo figure, ma più le si osserva e più tutto sfuma in altro. Sono morti questi corpi, eppure danzano, si mescolano fra loro, potrebbero persino amarsi e poi dare forma ad altre figure. La vitalità che è stata tolto loro con violenza, oppure che si sta formando in quanto corpi destinati a una nascita futura, finisce per imporsi qui e ora.

Non sappiamo quale sia il loro destino, forse possiamo soltanto dire che essi stanno ai primordi della specie umana oppure alla fine, dopo una catastrofe apocalittica. Ci riconosciamo in loro, sebbene rimangano misteriosi e proprio per questo ci interrogano, come se fossero delle piccole sfingi.

Franco Romanò

 


       



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