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15 Settembre, 2002
La sindrome di Natta di Sandro Gugliermetto
Bella, l'epoca di internet. Ciascuno può fare la propria analisi post voto…….

La sindrome di Natta di Sandro Gugliermetto
Bella, l'epoca di internet. Ciascuno può fare la propria analisi post voto…….
Bella, l'epoca di internet. Ciascuno può fare la propria analisi post voto, riceversi qualche applauso, qualche dissenso, e sperare di aver contribuito a migliorare la politica italiana.
Peccato che, a questo giro, le analisi degli amici e compagni del centrosinistra si assomiglino quasi tutte; da Vendola, da Bersani, fino all'ultimo consigliere comunale di Roccacannuccia, tutti ci ricordano che dobbiamo uscire dai salotti e "radicarci nel territorio". Oh, intendiamoci, è un'ottima analisi; la ascolto con piacere fin dal 1994, e nei salotti continuiamo a parlarne fin da quel giorno fatidico di sedici anni fa. Ne abbiamo parlato un po' meno quando abbiamo vinto - pur senza "radicarci nel territorio" - e un po' di più dopo le tramvate elettorali degli ultimi tre anni. Poi, però, il "radicamento nel territorio" non si declina mai in un paziente lavoro di ricucitura sociale e culturale, ma sempre nell'idea che bisogna andare nei paesi a mettere giù qualche tavolino e parlare con le massaie al mercato; cosa che, peraltro, non si fa, poiché non ne abbiamo voglia o, nella migliore delle ipotesi, non siamo più in grado di farci capire dalle massaie.
Cercherò di parlare di qualcos'altro. Non me ne vogliate.
1) Abbiamo perso.
Così, tanto per discacciare possibili alibi, cominciamo dicendo che abbiamo perso. Ma facciamo un esercizio controfattuale: se non avessimo avuto l'opposizione di Grillo, o se l'avessimo depotenziata; se Bagnasco avesse taciuto, o se a Berlusconi fosse venuto il cagone il giorno della manifestazione: oggi amministreremmo Lazio e Piemonte. Diremmo di aver vinto. Io sarei contento per i piemontesi e i laziali, ma avremmo perso lo stesso. Perdere per un rigore al novantesimo, potrà pure essere considerato un pareggio morale: ma se si gioca in casa contro una squadra di nove brocchi spompati che si picchiano tra di loro, o si vince 4 a 0 o è sconfitta.
2) Il re tentenna.
Perché Grillo ci ha fatto il male che ci ha fatto? Perché alcune delle sue battaglie dovrebbero essere nostre, e invece non le abbiamo combattute. Come sempre, si tentenna: nel timore di spaventare il borghese, facciamo fuggire il proletario. Un esempio? L'acqua pubblica. Cosa impedisce a un normale partito di centrosinistra di sostenere che l'acqua non si privatizza e stop?
Purtroppo questa domanda non è retorica. Ha una risposta chiarissima. Lo impedisce il conflitto di interessi di molte aziende pubbliche governate da noi, e tramite le quali esercitiamo il controllo di molti enti locali e addirittura finanziamo (legittimamente) il partito. Sarebbe ora di recidere quel conflitto di interessi.
3) Il rinnovamento.
Ogni tanto si parla di rinnovamento: si finge di piazzare qualche giovane, non sempre furbo, al posto di qualche vecchio; come se i problemi si risolvessero candidando la figlia di Uolter al posto di Uolter. Poi in realtà la raffigurazione del partito è assegnata ai soliti, a quelli che c'erano già negli anni '80 - perché a noi, purtroppo, Mani Pulite non ci ha decimati - e questi vecchi soloni avrebbero il compito di far credere di non essere mai stati comunisti, che il centrosinistra è moderno, eccetera.Il problema è generazionale: ma non è soltanto generazionale. La questione che si pone, urgente, è quella di proporre qualcosa che sia e sembri innovativo. Non basta che lo sia, non basta che lo sembri. Nel '96 Prodi - che non era più giovane - era comunque percepito come qualcosa di "nuovo"; dieci anni dopo, era percepito come un vecchio trombone: infatti nel '96 vinse, e nel 2006 pareggiò dopo aver dilapidato un vantaggio enorme in una campagna elettorale incredibilmente sbagliata.
Oggi proverei con chi, anche non giovane, è riuscito nell'impresa di parlare un linguaggio nuovo nelle terre che ha governato o che governa. Chiamparino, Cacciari, Renzi, Vendola: gente che le elezioni le vince, poiché fa percepire che la musica è cambiata. Questo comporta anche che in molti debbano andare a casa; non cambiare fila, ma proprio andarsene, poiché il loro contributo non è più utile alla causa.
E ricordarsi anche che le leaderships non si improvvisano, non si inventano: si costruiscono. Obama non è nato così, l'hanno istruito per anni per farlo diventare così.
4) Le buone pratiche.
Rispetto a cinque anni fa, il centrosinistra ha perso un botto di voti spaventoso. Dicono tutti, ordinatamente, che c'era "un altro vento"; sembra quasi che i partiti siano dei mulini, che se c'è il vento sbagliato le pale non girano. Ora, sommessamente: perché non andare a vedere come facevamo opposizione sei anni fa, e vedere se qualche buona pratica di quell'azione oppositiva può essere replicata, aggiornandola? Non abbiamo la memoria abbastanza lunga?
Ancora. Quel nostro Sindaco che vince in territorio ostile come Lecco (o Lodi, o altri) al primo turno: non varrebbe la pena di studiare come ha fatto, e vedere se quell'azione costruttiva può essere aggiornata e replicata?
Vale anche a livello locale. Se Alloni prende mille voti in più - in territorio ostile - del vicepresidente uscente della Regione, forse sarebbe il caso di chiedergli umilmente come si fa a vincere le elezioni: c'è il dubbio che lui lo sappia, e che possa insegnarcelo.
5) La sindrome di Natta.
Il PD non può essere immutabile; tanto meno, lo possono essere i suoi confini. Finiamola coi deliri d'autosufficienza della stagione veltroniana. Se anche il PD crescesse, ma nel complesso il campo dell'alternativa perdesse, non ci servirebbe a nulla. Mi viene in mente quando, nell'84, il PCI superò la DC di uno zerovirgola, e Natta si mostrava trionfante e giubilante; peccato che a fianco del suo 34% ci fosse il deserto, e che quel 34% lo condannasse comunque all'opposizione.
Ecco, io che comunista non sono mai stato, non vorrei morire di sindrome di Natta

Sandro Gugliermetto

 


       



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