15 Settembre, 2002
Il documento di Cgil-Cisl-Uil di Cremona " Per uno sviluppo qualificato".
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1, Costituzione Italiana)
CGIL-CISL-UIL Cremona
IL DOCUMENTO UNITARIO: “PER UNO SVILUPPO
QUALIFICATO”
“L’Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro”
(art. 1, Costituzione Italiana)
PREMESSA
L’impegno che CGIL CISL UIL di Cremona intendono
assumere con questo documento è quello di
arrivare, oltre all’analisi della situazione
macroeconomica del nostro territorio, a esplicitare
orientamenti di fondo, indicazioni di metodo
e individuazione di obiettivi per elaborare
successivamente un patto per lo sviluppo
che possa sostenere l’economia e l’occupazione
della provincia, da sottoporre alle forze
istituzionali e socio-economiche del territorio.
A tal fine CGIL CISL UIL di Cremona avanzeranno
nei prossimi mesi dettagliate proposte di
merito su alcuni argomenti specifici, proposte
che diventeranno oggetto di confronto con
i diversi interlocutori (tra cui, ovviamente,
in via prioritaria lavoratori e pensionati)
per giungere, ove possibile, a piattaforme
provinciali o protocolli d’intesa.
Occorre passare dalla compilazione di un
elenco di priorità allo sforzo di convergere
su un progetto che sappia cogliere la complessità
e la sistematicità delle situazioni, degli
interventi, delle autonomie dei ruoli dei
singoli soggetti coinvolti.
Questo processo ha bisogno di grandi e diffuse
consapevolezze per progettare il futuro,
dando significato molto più profondo e vincolante
alla prassi delle relazioni tra i diversi
soggetti interagenti sul territorio.
Se infatti il territorio è il luogo capace
di mobilitare tutte le energie e le risorse
sociali differenziate, le politiche di sviluppo
locale possono essere progettate e attuate
con successo soltanto con il coinvolgimento
operativo degli interlocutori sociali e istituzionali.
All’interno del progetto un ruolo primario
dovrà essere ricoperto dalla Consulta Economica
Provinciale che, attraverso un processo concertativo
tra i soggetti socio-economici presenti sul
territorio, rappresenti il livello istituzionale
di raccordo con la Regione e lo Stato.
Non meno importanti saranno le scelte degli
Enti locali e della Regione Lombardia per
sostenere e, a volte, anche anticipare le
esigenze dello sviluppo economico e il rilancio
territoriale.
La continua diminuzione delle risorse economiche
determinata dalle scelte del governo centrale
nei confronti delle istituzioni locali, la
scarsa attenzione della Regione per quanto
riguarda l’allocazione di risorse per investimenti
a favore del territorio posto a sud della
Lombardia, ci impongono di costituire un
fronte comune affinché nell’agenda delle
priorità dei vari livelli istituzionali siano
individuati obiettivi, strumenti e progetti
per promuovere e sviluppare le potenzialità
della nostra provincia.
L’OBIETTIVO: PER UNO SVILUPPO QUALIFICATO
Come organizzazioni sindacali confederali,
portatrici di istanze di coesione sociale
e solidarietà intergenerazionale, rimanendo
nell’ambito del proprio ruolo di rappresentanza
degli interessi di lavoratori e pensionati,
di giovani e disoccupati in cerca di lavoro,
di soggetti bisognosi di sostegno e di tutela
solidale, individuiamo nel nesso inscindibile
tra SVILUPPO E RISORSA DEL CAPITALE UMANO
il punto fermo da cui far partire qualsiasi
nostra analisi e proposta.
Infatti, solo attraverso la valorizzazione
delle risorse umane, l’investimento sul sapere
e la qualificazione del lavoro, si riesce
a coniugare il diritto al sapere di ogni
persona, la qualità dell’occupazione, lo
sviluppo economico e la coesione sociale.
In una fase in cui la distinzione tra diritto
al lavoro e insieme dei diritti alla piena
cittadinanza è sempre meno definibile, la
nostra discussione non si può concentrare
solo su un’idea di sviluppo a senso unico,
bensì sulla qualità complessiva cui far tendere
il nostro territorio, dove si intrecciano
e si integrano le politiche della programmazione
territoriale, le politiche attive del lavoro,
le politiche di welfare. Dalla qualità complessiva
dipenderanno la nostra competitività sul
piano imprenditoriale, la nostra capacità
di attirare flussi economici mossi dalla
globalizzazione dei mercati, la possibilità
– a seguito della combinazione dei fenomeni
di invecchiamento della popolazione e immigrazione
– di non arretrare rispetto ai valori di
cittadinanza su cui abbiamo costruito il
nostro progresso.
In questo senso e con questo obiettivo CGIL
CISL UIL di Cremona sottolineano il profondo
legame tra i contenuti di questo documento
e quelli del documento unitario recentemente
presentato dal titolo “Per un welfare cremonese,
fortemente solidaristico e responsabile”.
LA REALTA’ CREMONESE
L’economia della nostra provincia, nell’ambito
dello scenario lombardo, presenta una fotografia
con luci ed ombre; le ombre, relative soprattutto
ai dati legati al mercato del lavoro, potrebbero
amplificarsi a seguito di un continuo rallentamento
che non consentirebbe al nostro territorio
di agganciarsi ad una possibile ripresa dello
sviluppo dell’economia del nostro paese.
Da sempre il territorio cremonese risente
delle evoluzioni nazionali e internazionali
– siano esse positive o negative – con qualche
ritardo. I dati in possesso, infatti, indicano
che, come già in corso da qualche tempo a
livello generale, si sta registrando qualche
segnale in contrazione sulla salute delle
imprese e dell’occupazione.
La realtà cremonese è caratterizzata da moltissime
imprese di piccole dimensioni. I dati forniti
dalla CCIAA delineano un quadro composto
per quasi il 90% da unità con un massimo
di cinque addetti, che diventano il 98% se
consideriamo le unità fino a venti addetti;
solo lo 0,07% delle aziende cremonesi occupa
più di 250 addetti.
Questa prevalenza di imprese di piccole e
piccolissime dimensioni costituisce insieme
un punto di forza ed un limite per lo sviluppo
dell’economia provinciale. Se infatti negli
anni passati queste hanno rappresentato un
elemento di flessibilità caratterizzato da
una forte capacità di adeguamento alle richieste
del mercato, oggi risultano invece inadeguate
o impotenti ad affrontare uno scenario dove
la massa critica e la dimensione diventano
essenziali per poter continuare a competere
in un ambito sempre più sovranazionale.
Nel primo trimestre del 2004 la produzione
nell’industria cremonese ha segnato una sostanziale
stagnazione, che conferma una situazione
di difficoltà. All’interno del dato generale
soffrono maggiormente le aziende più di 200
dipendenti.
Anche il settore artigiano, preponderante
per numero di imprese e addetti, evidenzia
segnali di allarme peggiori di quelli dell’industria:
l’ultimo trimestre del 2003 ha infatti registrato
una contrazione pari a -5,67% della produzione
rispetto allo stesso trimestre dell’anno
precedente e a –0,41% rispetto al primo trimestre
del 2003.
Questi indicatori segnalano che la congiuntura
negativa nazionale si sta facendo sentire
in modo significativo anche nel nostro territorio.
Negli ultimi mesi sono aumentate le richieste
di Cassa Integrazione, sono in crescita i
processi di mobilità e quindi di esuberi
del personale. Ciò lascia intravedere la
possibilità che si profili un periodo in
cui un’eventuale ripresa possa avvenire senza
crescita occupazionale, fenomeno esattamente
contrario a quello registrato fino ad ora.
Sempre secondo i dati della Camera di Commercio,
risulta che le aziende hanno proceduto ad
assunzioni quasi esclusivamente per mansioni
a bassa qualifica professionale o con bassa
scolarizzazione dei lavoratori. Tale segnale
evidenzia che le produzioni delle nostre
imprese non richiedono una elevata professionalità
da parte degli addetti e si presume, quindi,
che anche le produzioni non abbiano grossi
contenuti di innovazione tecnologica per
poter diventare protagoniste su un mercato
che si sta rivelando piatto.
Nella nostra provincia rimane prevalente
il settore manifatturiero, anche se lo sviluppo
dei servizi ha rappresentato negli ultimi
anni la più importante componente nella crescita
dell’occupazione. Parallelamente è cresciuto
il livello dell’occupazione femminile e si
sono diffuse forme di lavoro non tradizionali,
atipiche e flessibili, soprattutto tra le
donne e i giovani occupati.
Terziarizzazione, femminilizzazione e precarizzazione
sono oggi tre termini la cui associazione
ha teso a modificare anche nel territorio
cremonese il mercato del lavoro.
LE NOSTRE PROPOSTE
PER LA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Il concetto di qualità non può rientrare,
anche solo parzialmente, in modelli di sviluppo
caratterizzati dalla precarietà esplicita
o latente, dalla tolleranza di sacche di
lavoro nero o sommerso, dall’insicurezza
sul posto di lavoro, dalla esclusione di
significative fasce di popolazione dall’accesso
alle opportunità di apprendimento e dai diritti.
I recenti processi dell’economia e del lavoro
stanno oggi producendo come conseguenza una
pesante vulnerabilità sia economica che sociale.
Tutto questo conferma che il destino sociale
continua ad essere strutturato attorno alle
grandi questioni del lavoro.
Diventa quindi strategico per CGIL CISL UIL
aumentare la sicurezza e la regolarità del
lavoro, rendere stabile e certo il rapporto
di lavoro favorendone la stabilizzazione
attraverso lo sviluppo di iniziative di informazione,
formazione e orientamento. Riteniamo perciò
ineludibile un contrasto alle forme di precarietà
più spinte.
Convinti, pertanto, che l’obiettivo principale
sia quello di riportare al centro del dibattito
il tema delle CONDIZIONI DI LAVORO, come
presupposto fondamentale per uno sviluppo
di qualità nel nostro territorio, CGIL CISL
UIL di Cremona individuano le seguenti aree
prioritarie su cui intervenire:
· SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Raggiungere la qualità del lavoro a garanzia
di salute e sicurezza in ogni realtà produttiva,
anche nelle cosiddette microimprese, estendere
il diritto alla salute e alla sicurezza per
tutte le nuove forme di lavoro e in tutti
i settori lavorativi sono obiettivi strategici
per la Comunità europea e a livello mondiale
(Organizzazione Mondiale della Sanità e Organizzazione
Internazionale del Lavoro).
La situazione in provincia di Cremona relativamente
agli incidenti sul lavoro si presenta complessivamente
preoccupante. Nonostante si registri una
lieve diminuzione del numero degli incidenti
registrati nel 2003 rispetto all’anno precedente,
la nostra Provincia segna ancora tassi di
frequenza superiori sia alla media regionale
che a quella nazionale.
Pertanto, sebbene siano trascorsi ormai dieci
anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 626/94,
i risultati in termini di prevenzione e quindi
di riduzione del numero di infortuni sono
ancora del tutto insufficienti.
Un ruolo centrale deve essere assunto dalle
nostre strutture di categoria nello sviluppo
della contrattazione di secondo livello,
con la predisposizione di piattaforme aziendali
contenenti un capitolo specifico dedicato
al tema della prevenzione e sicurezza del
luogo di lavoro, fermo restando al livello
confederale i rapporti territoriali e istituzionali.
Particolare attenzione dovrà essere posta
al settore della piccola impresa (e del metalmeccanico
in particolare), dove si registra l’incidenza
più elevata delle percentuali di infortunio.
In tal senso, risulta fondamentale avviare
una fase in cui i rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza territoriali abbiano la
possibilità e le risorse per poter svolgere
appieno il loro ruolo. E’ quindi indispensabile
che si superino le resistenze ancora presenti
nelle associazioni imprenditoriali (anche
nel nostro territorio), che di fatto impediscono
il funzionamento di questi organismi, in
modo da arrivare ad un sistema di effettiva
promozione di formazione e informazione,
in particolare nelle piccolissime aziende.
Il settore edile e quello agricolo evidenziano
infortuni particolarmente gravi. Va rimarcato
peraltro che in questi settori è rilevante
la presenza di lavoratori extracomunitari,
sui quali pesa probabilmente anche una scarsa
attenzione culturale delle imprese al concetto
di prevenzione. E’ proprio nei loro confronti
quindi che va avviato uno specifico percorso
formativo e di sensibilizzazione al problema.
Fondamentale resta per il Sindacato la piena
applicazione del D.Lgs. 626/94. In tal senso
contrastiamo l’attuale legge delega per il
riassetto normativo in materia di salute
e sicurezza del lavoro, che mira a sostituire
un sistema fondato su norme vincolanti ed
esigibili con un sistema di buone pratiche
e di norme volontarie e a vanificare il sistema
sanzionatorio limitando l’attività di vigilanza.
· LOTTA AL LAVORO NERO E SOMMERSO
Su questo tema CGIL CISL UIL di Cremona considerano
necessario giungere ad un vero e proprio
“PATTO DI CIVILTA’” tra le parti sociali
per un’azione comune contro le logiche di
profitto e di concorrenza perversa a danno
sia dei diritti fondamentali delle lavoratrici
e dei lavoratori sia delle imprese sane che
rispettano le norme e le tutele.
E’ oltremodo difficile quantificare il fenomeno,
ma in una provincia dove i settori dell’agricoltura,
dell’edilizia e dei servizi rappresentano
una parte importante dell’economia locale,
è conseguenza ovvia ritenere che l’utilizzo
di lavoro nero possa essere quantitativamente
significativo. Gli organi preposti al controllo
sul territorio hanno comunque evidenziato
una percentuale di irregolarità pari al 73%
nelle aziende visitate, con recuperi contributivi
anche importanti, e una percentuale di circa
il 10% di aziende con lavoratori in nero.
Un primo significativo contributo nella lotta
al lavoro nero deve essere costituito da
un serio e rigoroso impegno da parte di tutte
le pubbliche amministrazioni che devono pretendere,
nei contratti di appalto, il pieno rispetto
e la totale applicazione delle norme contrattuali
e legislative – spesso disattese – da parte
delle ditte appaltatrici, sub-appaltatrici
o che partecipano alla realizzazione delle
opere in qualità di fornitrici o sub-fornitrici
di materiale o servizi.
Un altro obiettivo deve essere quello del
potenziamento delle risorse finanziarie,
tecnologiche e umane dei diversi servizi
ispettivi preposti al controllo, oggi impossibilitati
a garantire una politica di presidio del
territorio appropriata.
Più in generale, occorre avviare una riflessione
finalizzata alla costituzione di un “Piano
locale di sistema contro il sommerso”, definito
a livello territoriale da un accordo tra
le amministrazioni pubbliche, i servizi per
l’impiego, i servizi ispettivi e le forze
sociali. Il Piano deve rappresentare il contenitore
e il punto di coordinamento di strumenti
da mettere a disposizione nazionalmente,
in grado di incidere sia sulle convenienze
economiche sia sulle dinamiche culturali
e sociali che caratterizzano profondamente
il fenomeno del lavoro sommerso.
· GESTIONE PROCESSI DI CRISI
Le dinamiche e gli sviluppi delle crisi attualmente
in atto hanno certamente origini e caratteristiche
diverse.
Non è esigenza di questo documento analizzare
i fattori di crisi ed ascrivere responsabilità.
Ciò non ci esime dal rimarcare che le politiche
perseguite da Governo e Confindustria in
questi anni, basate soprattutto sul contenimento
del costo del lavoro e sull’abbassamento
della soglia dei diritti, hanno fatto segnare
una pesante battuta d’arresto al paese, con
ripercussioni anche nel nostro territorio.
Per CGIL CISL UIL provinciali, in rapporto
con tutti i soggetti interessati, sarà da
perseguire un lavoro tendente alla gestione
delle crisi in un’ottica non solo di salvaguardia
occupazionale, ma anche di salvaguardia delle
professionalità.
Bisognerà pertanto proseguire, come è avvenuto
in rilevanti realtà aziendali, una pratica
di continuità dei rapporti di lavoro attraverso
tutti gli strumenti previsti da leggi e contratti.
Nelle imprese minori, ove tali opportunità
non siano applicabili, sarà necessario individuare
modalità di accesso a risorse o agevolazioni
che permettano di concedere anche ai lavoratori
di quelle realtà opportunità di riqualificazione,
formazione e ricollocamento.
Sempre in questo ambito, andrà proseguito
e valorizzato il lavoro proficuamente avviato
dall’Amministrazione provinciale, che con
modalità e strumenti diversi è stata parte
attiva in questa fase particolarmente delicata
per il nostro territorio.
Si riconferma perciò, anche su queste questioni,
una impostazione che tenga come riferimento
fondamentale il mantenimento e la riqualificazione
delle lavoratrici e dei lavoratori quale
elemento decisivo per la ripresa economica
del territorio, in contrasto esplicito alla
scorciatoia dei licenziamenti collettivi
come strumenti di risoluzione delle crisi.
PER LA QUALIFICAZIONE DELLE RISORSE UMANE
La qualità delle risorse umane costituisce
il fattore strategico per la competitività
dei sistemi produttivi. La valorizzazione
di questo “capitale immateriale” deve passare
attraverso un incremento degli investimenti
in formazione e attraverso un migliore raccordo
tra imprese, scuola, formazione, università
e mercato del lavoro.
Non possiamo, tuttavia, non sottolineare
come i sistemi scolastico e formativo del
nostro paese stiano vivendo oggi uno dei
momenti più convulsi e confusi della loro
storia e come l’impianto della formazione
professionale non riesca ancora a diventare
sistema, ad avere una sua identità, autonomia
ed autorevolezza.
I repentini cambiamenti, le necessarie evoluzioni
alle quali le imprese saranno chiamate a
procedere, richiederanno adeguate professionalità
non sempre reperibili sul mercato del lavoro.
La condizione, però, che la formazione nella
gestione delle risorse umane diventi centrale
è che essa venga vista e vissuta come un
investimento e non come un costo che può
essere cancellato per migliorare il bilancio
aziendale.
Il sistema delle imprese o crede nella formazione
– e quindi è disponibile ad investire risorse
– oppure rischia di non avere professionalità
adeguate. Non è possibile continuare a pensare
che sia di altri il compito di formare le
persone.
In uno scenario in cui il mondo del lavoro
evolve verso professionalità più ricche e
complesse, in cui la preparazione professionale
non è scindibile dalla preparazione culturale
e di base e da una crescita del livello culturale,
si può determinare una possibile convergenza
e reciproca convenienza tra azienda e sindacato.
La crescita di professionalizzazione del
capitale umano, infatti, risulta sempre più
conveniente per l’azienda per affrontare
la competizione economica, così come la stessa
professionalizzazione si rivela decisiva
per la tutela del reddito del lavoratore
e per la tutela ed il mantenimento del posto
di lavoro.
Il ragionamento vale sia per le grandi che
per le piccole imprese: se però per le prime
risulta più facile reperire risorse e tempi
da destinare alla formazione, per le piccole
si rende indispensabile un progetto sinergico
che permetta anche a loro di non perdere
questa opportunità.
Non va dimenticato che nel 2006 non ci sarà
più la possibilità di accedere ai finanziamenti
dell’Unione Europea a favore della formazione.
E’ necessario fin d’ora individuare con quali
modalità si potrà continuare a sostenere
la formazione continua delle risorse umane.
Riteniamo che, oltre all’impegno economico
proprio che ogni singola azienda dovrà produrre,
gli Enti Bilaterali e l’avvio dei Fondi Interprofessionali
potranno e dovranno diventare gli strumenti
di programmazione della formazione nel nostro
territorio.
CGIL CISL UIL ribadiscono che l’analisi dei
fabbisogni professionali costituisce un importante
strumento previsionale per la predisposizione
dell’offerta formativa, sia per le figure
in ingresso nel mercato del lavoro sia per
la formazione continua degli occupati.
Si intende inoltre sostenere e promuovere
la capacità di integrazione tra i sistemi
dell’istruzione e della formazione, nell’ottica
di consentire alle persone l’accesso al sapere
e al saper fare, alla cultura teorica e a
quella tecnico-professionale.
In questo contesto, dobbiamo sottolineare
positivamente come negli ultimi anni si sia
evoluta, in quantità e in qualità, l’offerta
delle Università presenti nel territorio
cremonese. Rimane tuttavia da definire quale
possa essere il rapporto che queste possono
avere con le aziende della nostra provincia,
se le assunzioni richieste sono generalmente
a bassa professionalità. E’ evidente che
in questa condizione ai giovani laureati
che si specializzano presso i nostri atenei
non resta che emigrare verso altri territori
per ricercare occupazioni adeguate.
Il tema degli sbocchi professionali e dell’appropriato
incontro tra domanda e offerta suggerisce
un deciso supporto alle politiche di orientamento
scolastico e professionale, nella doppia
direzione di esplicitare le caratteristiche
della domanda da parte dei diversi settori
e comparti, e di accompagnare l’offerta verso
scelte non stereotipate.
Oltre alla formazione, è necessario investire
sulle politiche attive del lavoro con l’obiettivo
di ridurre i rischi di precarizzazione potenzialmente
lesivi della coesione sociale del nostro
territorio.
In questa prospettiva, valutiamo positivamente
le azioni di politica attiva del lavoro progettate
dall’Amministrazione provinciale e rivolte
in particolare a soggetti meno tutelati e
a rischio di esclusione sociale (orientamento
e sostegno all’inserimento lavorativo dei
soggetti ultraquarantenni, dei disoccupati
di lunga durata, dei disabili, …).
L’accesso al lavoro va sostenuto inoltre
attraverso la valorizzazione della rete dei
servizi per l’impiego, pubblici e privati,
confermando e sostenendo il ruolo di coordinamento
e di verifica che la Provincia sta svolgendo.
IL LAVORO EXTRACOMUNITARIO
I cittadini immigrati, come più volte CGIL
CISL UIL provinciali hanno avuto modo di
affermare anche attraverso l’attività di
tutela dentro e fuori i luoghi di lavoro,
rappresentano una risorsa importante per
il territorio.
La valorizzazione di ciò non può avvenire
esclusivamente attraverso il riconoscimento
di pari condizioni e diritti nei luoghi di
lavoro, ma anche nella costruzione di iniziative
nelle quali tutti i soggetti – istituzionali,
locali e la cittadinanza – si sentano impegnati
in processi di integrazione sociale.
In questo senso CGIL CISL UIL, apprezzando
i segnali importanti che in questa direzione
sono venuti dalla Diocesi di Cremona e dalle
amministrazioni locali, continueranno a sostenere
questa impostazione, che fa dell’accoglienza
un tratto distintivo del territorio cremonese.
Nel campo dell’occupazione il fenomeno del
lavoro extracomunitario è ormai, anche nella
nostra provincia, una realtà consolidata.
La manodopera immigrata non può essere però
considerata una semplice “copertura” di vuoti
che si creano nel mercato del lavoro territoriale.
Gli immigrati reclamano giustamente sempre
di più diritti di cittadinanza e chiedono
di essere inseriti a pieno titolo nella nostra
comunità, con i diritti e i doveri che ne
conseguono.
Dal punto di vista del lavoro questo significa
considerarli anche una risorsa economica
e portatrice di sviluppo (da una recente
indagine risulta che i lavoratori extracomunitari
in Italia contribuiscono a circa il 6% del
PIL), significa una maggiore attenzione alle
potenzialità che possono venire da questo
mondo (non solo copertura di lavori “bassi”),
significa maggiore impegno nell’alfabetizzazione
e nella formazione.
Le tematiche dell’immigrazione richiedono
la nostra capacità – privilegiando un lavoro
di rete con le istituzioni e le altre parti
sociali – di sviluppare un progetto complessivo
finalizzato alla qualificazione di questi
soggetti nel mercato del lavoro e al loro
pieno inserimento nel contesto sociale, anche
partendo dal favorire l’introduzione nei
luoghi di lavoro di alcuni basilari elementi
per l’integrazione dei lavoratori immigrati.
L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Nonostante un significativo incremento dell’occupazione
femminile nel periodo ’93-’03 (incremento
che tuttavia ha coinciso con un vero e proprio
boom del cosiddetto lavoro atipico), ancora
lontano rimane il raggiungimento degli obiettivi
di Lisbona per una piena occupazione delle
donne e ancora ampio è il divario tra occupazione
maschile e femminile.
In provincia di Cremona, infatti, la disoccupazione
alla fine del 2002 faceva registrare un tasso
del 2,8 (suddivisa però in 1,5 per i maschi
e 4,8 per le femmine) e un tasso di occupazione
pari a 50,5 (di cui però 63,8 per i maschi
e 38,1 per le femmine).
Sono quindi necessari interventi mirati e
qualificati per aumentare l’occupazione femminile,
che devono andare nella direzione, in particolar
modo, della conciliazione fra tempi di vita
e tempi di lavoro, considerato che la donna
– con il suo lavoro gratuito di riproduzione
e cura – costituisce purtroppo ancora oggi
l’unico e vero, anche se formidabile, “ammortizzatore
sociale” in atto.
Troppo spesso, tuttora, si parla di inserimento
e reinserimento delle donne nel mercato del
lavoro, soprattutto a seguito degli abbandoni
legati alla maternità; si indica, cioè la
strada delle uscite dal mercato e dei rientri,
in condizioni così di assoluta incertezza
e di impossibilità di percorso professionale.
CGIL CISL UIL si devono adoperare invece
per soluzioni che abbiano l’obiettivo di
garantire stabilità, sicurezza e qualità
all’occupazione delle donne. In particolare:
un più ampio utilizzo delle possibilità che
offre la legge 53 sui congedi parentali,
sulla conciliazione di orari di lavoro e
tempi di vita, su una politica di padri attivi;
un più marcato aumento delle opportunità
per il ricorso al lavoro part-time se richiesto
dalla lavoratrice; l’attivazione delle risorse
previste dalla legge 53 per progetti tesi
all’attuazione di forme di flessibilità degli
orari e dell’organizzazione del lavoro al
fine di rispondere alle esigenze delle famiglie;
la possibilità di programmi di formazione,
aggiornamento, qualificazione e riqualificazione
professionale dopo il periodo di congedo
(di maternità, di cura, parentale).
Riteniamo pertanto che il raggiungimento
di questi obiettivi dovrà diventare centrale
anche nella contrattazione di secondo livello
delle nostre strutture di categoria.
Viene da sé che politiche positive di welfare
(servizi per l’infanzia, scolastici, per
la terza età, per la non autosufficienza)
sono condizione essenziale per accrescere
la possibilità dell’accesso delle donne nel
mercato del lavoro, mantenendone e rafforzandone
le caratteristiche di servizi di diritto
universale e pubblico.
PER UN SISTEMA DI IMPRESE COMPETITIVO NELLA
QUALITA’
I dati sulla realtà cremonese e sull’emigrazione
dei laureati verso altri territori indicano
che le produzioni delle nostre imprese sono
povere di contenuti tecnologici ed innovativi,
dimostrando grossi limiti – a fronte di una
contrazione del mercato – nella individuazione
di alternative rivolte all’esportazione.
Si evidenziano tuttavia anche rilevanti casi
contrari, dove si sono sviluppate capacità
d’investimento importanti, supportate da
professionalità alimentate anche all’interno
delle aziende. Ciò ha consentito a questa
realtà di rimanere competitive senza dover
ricorrere ad arretramenti di alcun tipo.
Una delle peculiarità e dei punti di forza
che venivano accreditati al nostro territorio,
un vasto sistema di piccole aziende, oggi
rappresenta un punto debole del nostro sistema.
La capacità di crescita dimensionale diventa
così uno degli elementi essenziali per affrontare
una possibile fase di sviluppo, che porterà
inevitabilmente le aziende cremonesi a dover
competere con un mercato sempre più sopranazionale,
ove la dimensione e le alleanze potranno
essere determinanti.
Per un rilancio dello sviluppo economico
del territorio diventa prioritario un impegno
maggiore da parte dell’imprenditoria locale.
Tranne qualche eccezione significativa, la
proprietà di aziende importanti è nelle mani
di multinazionali o di imprenditori non cremonesi.
Il tessuto industriale locale, quindi, potrebbe
risentire – a fronte di possibili fasi congiunturali
– di dismissioni o riorganizzazioni decise
da amministratori non impegnati nella nostra
provincia, con possibili ricadute di tipo
economico ed occupazionali.
La degenerazione dei processi di globalizzazione
può infatti comportare ulteriori impoverimenti
industriali. Vanno perciò sempre vincolate
le aziende ad impegni che evitino pratiche
di utilizzo del territorio, delle sue risorse,
delle sue professionalità e successivi disimpegni
economico-finanziari.
La piccola dimensione e la sottocapitalizzazione
delle imprese cremonesi dovrebbero avere
come presupposto un sempre più diretto e
stretto rapporto col sistema finanziario
locale. In tal senso, l’accesso al credito
è un fattore importante per un possibile
scenario di sviluppo e crescita delle imprese.
Tutte le componenti economiche e sociali
dovranno operare al fine di acquisire impegni
sostanziali delle banche sul nostro territorio,
per favorire l’accesso delle imprese a valori
– sia nei costi al credito sia nelle condizioni
generali – funzionali alle esigenze finanziarie,
alla ricerca e all’innovazione, componenti
fondamentali per la crescita altrimenti difficile.
Come pure è importante l’impegno del credito
locale, oggi assente, verso le scelte generali
quali le infrastrutture, l’università, ancora
la ricerca, che le forze economiche e le
istituzioni ritengono necessarie e prioritarie.
In relazione ai processi di fusione, incorporazione,
acquisizione tra Istituti di credito che
coinvolgono banche locali, condividiamo le
osservazioni e preoccupazioni che amministratori
e forze sociali hanno manifestato verso processi
che potrebbero indebolire il rapporto tra
banche e territorio.
Un altro aspetto di criticità potrebbe essere
un più difficile finanziamento alle piccole
imprese dovuto all’introduzione delle norme
stabilite dai governi dell’Unione Europea
negli accordi internazionali di “Basilea
2”.
Se quelle intese venissero confermate, secondo
molti analisti sarà maggiormente difficoltoso
l’accesso ai crediti. Le banche, infatti,
chiederanno garanzie e requisiti di capitale
così significativi da penalizzare in particolare
le piccole e medie imprese per l’accesso
ai finanziamenti.
In un territorio fortemente caratterizzato
dalla componente agricola, non va dimenticato
il ruolo che ha svolto e che può continuare
a svolgere la cooperazione di filiera. Non
sfugge il fatto che anche per le aziende
cooperative si rendono necessarie operazioni
sinergiche per poter affrontare un mercato
sempre più globale.
La cooperazione agroalimentare, tuttavia,
pur in presenza di processi di riorganizzazione,
può essere in grado di continuare ad essere
tutela della qualità del proprio prodotto,
a partire dalla sicurezza alimentare e a
conferma della specializzazione dei prodotti
cremonesi, che ormai anche internazionalmente
viene riconosciuta.
In tal senso (e anche al di là del solo settore
agro-alimentare) occorre sostenere quelle
iniziative e quei progetti di internazionalizzazione
che, oltre a stabilire forme di collaborazione
e cooperazione importanti con altri paesi,
potrebbero favorire un potenziale sviluppo
delle nostre imprese e creare concrete opportunità
di commercializzazione dei propri prodotti.
L’insediamento a Parma dell’Authority Europea
per la Sicurezza Alimentare dovrà essere
anche per la nostra provincia una grande
opportunità. La presenza sul nostro territorio
di importanti aziende agroalimentari leader
nella produzione di prodotti tipici, nonché
di un settore zootecnico all’avanguardia
in Europa, dovranno essere le peculiarità
affinché Cremona venga chiamata ad un ruolo
di primo piano nella gestione dell’Agenzia.
A tale fine è necessario che l’Amministrazione
provinciale avvii quanto prima un confronto
con gli Enti Locali di Parma affinché si
possano individuare ruoli e compiti da assegnare
al nostro territorio. In tal senso, consideriamo
importante l’iniziativa assunta dalla Camera
di Commercio di Cremona.
Particolare attenzione va rivolta alle tematiche
legate agli OGM, per le possibili eventuali
ricadute sia sull’intero eco-sistema sia
sulla salute dei cittadini.
Va altresì rimarcato, tuttavia, che non tutto
il mondo della cooperazione risponde a queste
logiche. Sono molti, infatti, gli esempi
di cooperative che nascono più per logiche
di costi, di sottosalario o di speculazione,
piuttosto che per scopi di tipo economico
e sociale.
Una vigilanza più diffusa ed attenta deve
far sì che i casi di cooperative fittizie
vengano denunciati e tolti dal mercato.
A maggior ragione nel campo socio sanitario
ed assistenziale, dove deve essere richiesta,
da parte degli operatori, una indubbia capacità
professionale per poter svolgere la loro
attività a contatto con persone malate o
bisognose.
Si rende necessario, pertanto, un raccordo
fra le amministrazioni locali, le centrali
cooperative, le organizzazioni sindacali,
affinché si raggiunga un’intesa (come è avvenuto
con il comune di Cremona) che preveda che
i bandi di concorso per la concessione di
appalti riguardanti i servizi alla persona
contengano fra i requisiti per la partecipazione:
capacità professionali, rispetto dei contratti
nazionali, regolarità del versamento dei
contributi previdenziali, ancor prima che
condizioni economiche dell’appalto volte
al ribasso.
CGIL CISL UIL ritengono, inoltre, che in
una provincia caratterizzata da una significativa
presenza di enti, imprese ed aziende che
operano nel sociale e nell’amministrazione
pubblica (e che coinvolgono quindi migliaia
di lavoratrici e lavoratori del settore pubblico
e del privato-sociale), l’investimento sulla
valorizzazione delle risorse umane, sulla
qualità del loro lavoro e sulla loro crescita
professionale, debba diventare elemento caratterizzante
per la qualificazione dello sviluppo del
nostro territorio e per una positiva ricaduta
sulla qualificazione dei servizi alla cittadinanza,
che inevitabilmente un investimento sulla
stabilizzazione e sul riconoscimento delle
lavoratrici e dei lavoratori del pubblico
impiego produrrà.
La recente indagine effettuata dal Sies su
alcuni enti pubblici del nostro territorio
evidenzia, tuttavia, come negli ultimi anni
la tendenza all’utilizzo di forme contrattuali
atipiche – in particolare collaborazioni
coordinate e continuative – stia assumendo
una dimensione rilevante anche nella nostra
provincia (il peso di queste tipologie di
contratto è ormai pari al 20% sul totale
degli addetti) e si concentra maggiormente
su livelli di scolarizzazione e professionalità
alte (diversamente dal settore privato).
Per le ragioni e gli obiettivi sopra espressi,
CGIL CISL UIL ritengono fondamentale attivare
azioni per non disperdere questo patrimonio
di conoscenza e competenza.
Parimenti, il volontariato e il terzo settore
– che costituiscono un’energia straordinaria
nella provincia di Cremona – devono trovare
il giusto riconoscimento e sostegno come
risorsa della collettività.
PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
L’obiettivo strategico per il nostro territorio
è lo sviluppo sostenibile: lavorare per progetti,
nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali
e dell’uso del territorio che è una risorsa
limitata e non riproducibile, e secondo una
equilibrata programmazione provinciale.
Contemporaneamente, un rilancio del territorio
che possa diventare appetibile per investimenti
da parte di nuove aziende deve poter contare
anche su infrastrutture efficienti ed adeguate.
Sono fattori decisivi per rendere competitivo
il territorio cremonese, favorendo e richiamando
insediamenti produttivi e terziari che producano
reddito e occupazione.
Su questo argomento si è già aperto un dibattito
che ha portato alla definizione di un documento
contenente gli interventi che si ritengono
indispensabili (in sede di Consulta Economica
Provinciale, settembre 2002). Va tuttavia
rimarcato che i tempi per la realizzazione
delle opere sono fondamentali e quindi è
necessario introdurre una scala di priorità
su cui le forze economiche e sociali possano
esercitare tutta la loro pressione.
Il cremonese rappresenta ancora una condizione
infrastrutturale, per tutti i moduli di comunicazione,
al di sotto della media nazionale. Se poi
la relazione assume quale riferimento la
media lombarda, il nostro territorio è ancor
più ridimensionato rispetto alle altre province
della Regione.
Non c’è analista economico che in questi
anni, osservando il nostro territorio, non
sia giunto a questa conclusione: sono necessari
investimenti sulle infrastrutture per invertire
la tendenza negativa del cremonese verso
lo sviluppo. La forte carenza di infrastrutture
e comunicazioni deriva dalla nostra storica
esclusione dalle grandi vie di comunicazione
che dalla Lombardia si indirizzano verso
l’Italia e l’Europa. Per noi diventa dunque
fondamentale intervenire su ferrovie, viabilità,
intermodalità di trasporto e navigazione
fluviale.
Su queste scelte è necessario che le forze
economiche, sociali e le istituzioni si muovano
in sintonia e non con una sciocca competizione
tra le parti. Gli interlocutori sono e saranno
sempre il governo nazionale e regionale,
nei confronti dei quali le nostre iniziative,
proposte e esigenze hanno bisogno – per vincere
– di convinzione locale, coesione tra tutti
i soggetti e unità nell’impegno.
· RETE FERROVIARIA
Esiste una necessità, ribadita anche a livello
di Commissione europea, di un significativo
riequilibrio del sistema dei trasporti a
favore del trasporto su rotaia. Tale esigenza
è storicamente più forte in Italia, dove
questa contraddizione ha prodotto condizioni
di difficile sostenibilità ambientale ed
espliciti conflitti con gli altri paesi europei.
Nella nostra provincia si avverte, anche
in relazione a specifiche esigenze, una forte
e prioritaria necessità di intervento infrastrutturale
sul sistema ferroviario.
La rete ferroviaria è assolutamente inadeguata
a logiche di sviluppo, e storicamente carente
per una moderna comunicazione. La Regione,
come pure la società ferroviaria, non considerano
probabilmente il cremonese attore di sviluppo
e di crescita dell’economia lombarda. Non
c’è rispetto alcuno verso la domanda di trasporti
ferroviari del tessuto industriale e verso
i pendolari. Condividiamo le osservazione
generali delle istituzioni e delle forze
economiche che segnalano due grandi carenze
della rete ferroviaria cremonese: che non
è direttamente in connessione con quella
nazionale; che è a binario unico e da decenni
non viene aggiornata tecnologicamente.
Da qui forti e pesanti difficoltà verso l’utenza
con disagi, disservizi e scarsissima qualità
del trasporto (si prenda ad esempio la linea
ferroviaria Mantova-Cremona-Milano, che per
3/4 corre con un solo binario, oppure la
linea Cremona-Crema-Treviglio o Cremona-Codogno-Milano).
CGIL CISL UIL ribadiscono che per lo sviluppo
di un territorio è necessario assumere le
esigenze di mobilità dei pendolari e delle
merci. Per questo è decisivo inserire Cremona
nelle direttrici di traffico regionale e
nazionale.
Consideriamo quindi fondamentale l’istituzione
di un tavolo provinciale con tutti i soggetti
economici coinvolti, che apra una vertenza
generale sui trasporti ferroviari nella provincia
in rapporto a Regione e Ente Ferrovie.
· RETE VIARIA
- Consideriamo prioritario privilegiare ed
anteporre ad altre scelte viabilistiche una
riqualificazione complessiva della viabilità
ordinaria. Essa rappresenta naturalmente
il riferimento per la mobilità dei lavoratori
del territorio, che avvertono anche esigenze
di maggiore sicurezza. E’ inoltre una necessità
per le tante aziende presenti sul territorio
che, interagendo fra loro (es. terzisti artigiani),
usufruiscono in modo assolutamente prioritario
per la loro attività della viabilità ordinaria.
- I continui rinvii sugli interventi di riqualificazione
della SS 415 Paullese non sono più sostenibili.
Le difficoltà che abbiamo segnalato anche
recentemente per il cremasco confermano quanto
sia necessario questo intervento
- Ferme restando per noi le priorità sopra
evidenziate, i corridoi autostradali destinati
ad attraversare il casalasco (autostrada
Cremona-Mantova e Ti.Bre.) sono sostenibili
a condizione che siano integralmente inseriti
nell’asse di comunicazione tra l’Ovest e
l’Est dell’Europa, ovvero tra Nord e Sud,
e funzionali al rapporto tra l’Italia e l’Europa.
Detto questo è inoltre fondamentale subordinarli
ad alcuni elementi: un chiaro impegno di
valutazione di impatto ambientale che possa
rappresentare una riqualificazione e non
invece una riduzione di valore del territorio
interessato; salvaguardare il territorio
e ripristinare il tessuto naturale attorno
alla infrastruttura; avvio di un confronto
con le diverse comunità locali coinvolte
in questa iniziativa e interessate al tracciato
autostradale; una valutazione economica provinciale
delle reali possibilità di sviluppo che sarebbero
indotte dalla presenza di questa infrastruttura
viaria, con la sottoscrizione di precisi
impegni che vadano nella direzione della
massima occupazione. L’opera dovrà comunque
essere completamente esclusa dal finanziamento
degli enti locali provinciali.
· RETE FLUVIALE E INTERMODALITA’
Diventa sempre più importante agire perché
il Fiume Po sia navigabile per 365 giorni
all’anno. E’ necessario favorire l’armamento
di navi che consentano di passare dalla navigazione
marittima a quella fluviale.
Il trasporto intermodale (acqua gomma ferro)
potrebbe diventare per Cremona una grossa
opportunità. Il trasporto intermodale delle
merci dal Corridoio Adriatico alle regioni
italiane consentirebbe di ridurre i costi
di trasporto, ridurre il percorso stradale
e quindi i rischi e l’inquinamento, con beneficio
anche della sicurezza e della salute.
Con ciò Cremona può rappresentare, attraverso
lo sviluppo del Polo Logistico di Cavatigozzi,
un centro di attrazione per tutta la Lombardia,
in particolare per aree intasate quali Milano.
Si tratta quindi di elementi strategici di
sviluppo e crescita occupazionale.
Restano decisivi inoltre obiettivi quali:
1. Realizzazione del terzo ponte sul Po da
parte di Autostrade Centro Padane. Il recente
accordo tra il Porto e la Società Autostrade
per la concessione dell’area per il terzo
ponte rappresenta un momento importante di
collaborazione locale.
2. Realizzazione del Peduncolo, per il quale
sono a gara i lavori di esecuzione.
Per queste ragioni, con queste priorità,
considerando che il ruolo delle infrastrutture
– e in particolare quelle di trasporto –
siano fondamentali per la crescita economica
di un territorio, ritenendo importante che
tutto ciò possa rappresentare un impegno
che coniughi infrastrutture e rispetto ambientale
del territorio e consapevoli che ne possa
derivare crescita economica, occupazionale
e di reddito, riteniamo decisive le risposte
sulle priorità che abbiamo richiamato.
· POLITICHE ENERGETICHE
La questione energetica si inserisce in un
complesso di contesti che rendono estremamente
problematico qualunque approccio. Infatti,
parlare di questione energetica vuol dire
parlare di produzione, di distribuzione,
di consumi, di ambiente, di decentramento
istituzionale, cioè intersecare una serie
di ambiti che vanno affrontati con estrema
serietà e con il dovuto approfondimento.
Per queste ragioni, CGIL CISL UIL intendono
inserirsi nella discussione che anche a livello
locale si sta affrontando, ritenendo tuttavia
necessari, su questo singolo aspetto, ulteriori
approfondimenti (in particolare con le categorie
di settore interessate) e un’attenta valutazione
sulle priorità e sulle azioni da intraprendere.
In riferimento al contingente dibattito aperto
su un’ipotesi di una centrale elettrica da
collocarsi nel territorio provinciale, CGIL
CISL UIL indicano comunque alcune priorità:
- un impegno comune per incoraggiare il risparmio
energetico e per incentivare l’utilizzo e
lo sviluppo delle fonti alternative
- sostegno e/o agevolazioni da parte degli
enti locali nei confronti di privati e aziende
che propongano progetti che vadano in tale
direzione
- subordinare l’eventuale insediamento di
una centrale ad un complessivo bilancio ambientale
positivo
- la localizzazione dovrà rispondere a rigorosi
criteri di impatto ambientale.
 
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