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 Lavoro

15 Settembre, 2002
Il documento di Cgil-Cisl-Uil di Cremona " Per uno sviluppo qualificato".
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1, Costituzione Italiana)

CGIL-CISL-UIL Cremona

IL DOCUMENTO UNITARIO: “PER UNO SVILUPPO QUALIFICATO”

“L’Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro”
(art. 1, Costituzione Italiana)


PREMESSA

L’impegno che CGIL CISL UIL di Cremona intendono assumere con questo documento è quello di arrivare, oltre all’analisi della situazione macroeconomica del nostro territorio, a esplicitare orientamenti di fondo, indicazioni di metodo e individuazione di obiettivi per elaborare successivamente un patto per lo sviluppo che possa sostenere l’economia e l’occupazione della provincia, da sottoporre alle forze istituzionali e socio-economiche del territorio.
A tal fine CGIL CISL UIL di Cremona avanzeranno nei prossimi mesi dettagliate proposte di merito su alcuni argomenti specifici, proposte che diventeranno oggetto di confronto con i diversi interlocutori (tra cui, ovviamente, in via prioritaria lavoratori e pensionati) per giungere, ove possibile, a piattaforme provinciali o protocolli d’intesa.
Occorre passare dalla compilazione di un elenco di priorità allo sforzo di convergere su un progetto che sappia cogliere la complessità e la sistematicità delle situazioni, degli interventi, delle autonomie dei ruoli dei singoli soggetti coinvolti.
Questo processo ha bisogno di grandi e diffuse consapevolezze per progettare il futuro, dando significato molto più profondo e vincolante alla prassi delle relazioni tra i diversi soggetti interagenti sul territorio.
Se infatti il territorio è il luogo capace di mobilitare tutte le energie e le risorse sociali differenziate, le politiche di sviluppo locale possono essere progettate e attuate con successo soltanto con il coinvolgimento operativo degli interlocutori sociali e istituzionali.
All’interno del progetto un ruolo primario dovrà essere ricoperto dalla Consulta Economica Provinciale che, attraverso un processo concertativo tra i soggetti socio-economici presenti sul territorio, rappresenti il livello istituzionale di raccordo con la Regione e lo Stato.
Non meno importanti saranno le scelte degli Enti locali e della Regione Lombardia per sostenere e, a volte, anche anticipare le esigenze dello sviluppo economico e il rilancio territoriale.
La continua diminuzione delle risorse economiche determinata dalle scelte del governo centrale nei confronti delle istituzioni locali, la scarsa attenzione della Regione per quanto riguarda l’allocazione di risorse per investimenti a favore del territorio posto a sud della Lombardia, ci impongono di costituire un fronte comune affinché nell’agenda delle priorità dei vari livelli istituzionali siano individuati obiettivi, strumenti e progetti per promuovere e sviluppare le potenzialità della nostra provincia.


L’OBIETTIVO: PER UNO SVILUPPO QUALIFICATO


Come organizzazioni sindacali confederali, portatrici di istanze di coesione sociale e solidarietà intergenerazionale, rimanendo nell’ambito del proprio ruolo di rappresentanza degli interessi di lavoratori e pensionati, di giovani e disoccupati in cerca di lavoro, di soggetti bisognosi di sostegno e di tutela solidale, individuiamo nel nesso inscindibile tra SVILUPPO E RISORSA DEL CAPITALE UMANO il punto fermo da cui far partire qualsiasi nostra analisi e proposta.
Infatti, solo attraverso la valorizzazione delle risorse umane, l’investimento sul sapere e la qualificazione del lavoro, si riesce a coniugare il diritto al sapere di ogni persona, la qualità dell’occupazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale.
In una fase in cui la distinzione tra diritto al lavoro e insieme dei diritti alla piena cittadinanza è sempre meno definibile, la nostra discussione non si può concentrare solo su un’idea di sviluppo a senso unico, bensì sulla qualità complessiva cui far tendere il nostro territorio, dove si intrecciano e si integrano le politiche della programmazione territoriale, le politiche attive del lavoro, le politiche di welfare. Dalla qualità complessiva dipenderanno la nostra competitività sul piano imprenditoriale, la nostra capacità di attirare flussi economici mossi dalla globalizzazione dei mercati, la possibilità – a seguito della combinazione dei fenomeni di invecchiamento della popolazione e immigrazione – di non arretrare rispetto ai valori di cittadinanza su cui abbiamo costruito il nostro progresso.
In questo senso e con questo obiettivo CGIL CISL UIL di Cremona sottolineano il profondo legame tra i contenuti di questo documento e quelli del documento unitario recentemente presentato dal titolo “Per un welfare cremonese, fortemente solidaristico e responsabile”.










LA REALTA’ CREMONESE


L’economia della nostra provincia, nell’ambito dello scenario lombardo, presenta una fotografia con luci ed ombre; le ombre, relative soprattutto ai dati legati al mercato del lavoro, potrebbero amplificarsi a seguito di un continuo rallentamento che non consentirebbe al nostro territorio di agganciarsi ad una possibile ripresa dello sviluppo dell’economia del nostro paese.
Da sempre il territorio cremonese risente delle evoluzioni nazionali e internazionali – siano esse positive o negative – con qualche ritardo. I dati in possesso, infatti, indicano che, come già in corso da qualche tempo a livello generale, si sta registrando qualche segnale in contrazione sulla salute delle imprese e dell’occupazione.
La realtà cremonese è caratterizzata da moltissime imprese di piccole dimensioni. I dati forniti dalla CCIAA delineano un quadro composto per quasi il 90% da unità con un massimo di cinque addetti, che diventano il 98% se consideriamo le unità fino a venti addetti; solo lo 0,07% delle aziende cremonesi occupa più di 250 addetti.
Questa prevalenza di imprese di piccole e piccolissime dimensioni costituisce insieme un punto di forza ed un limite per lo sviluppo dell’economia provinciale. Se infatti negli anni passati queste hanno rappresentato un elemento di flessibilità caratterizzato da una forte capacità di adeguamento alle richieste del mercato, oggi risultano invece inadeguate o impotenti ad affrontare uno scenario dove la massa critica e la dimensione diventano essenziali per poter continuare a competere in un ambito sempre più sovranazionale.
Nel primo trimestre del 2004 la produzione nell’industria cremonese ha segnato una sostanziale stagnazione, che conferma una situazione di difficoltà. All’interno del dato generale soffrono maggiormente le aziende più di 200 dipendenti.
Anche il settore artigiano, preponderante per numero di imprese e addetti, evidenzia segnali di allarme peggiori di quelli dell’industria: l’ultimo trimestre del 2003 ha infatti registrato una contrazione pari a -5,67% della produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente e a –0,41% rispetto al primo trimestre del 2003.
Questi indicatori segnalano che la congiuntura negativa nazionale si sta facendo sentire in modo significativo anche nel nostro territorio.





Negli ultimi mesi sono aumentate le richieste di Cassa Integrazione, sono in crescita i processi di mobilità e quindi di esuberi del personale. Ciò lascia intravedere la possibilità che si profili un periodo in cui un’eventuale ripresa possa avvenire senza crescita occupazionale, fenomeno esattamente contrario a quello registrato fino ad ora.
Sempre secondo i dati della Camera di Commercio, risulta che le aziende hanno proceduto ad assunzioni quasi esclusivamente per mansioni a bassa qualifica professionale o con bassa scolarizzazione dei lavoratori. Tale segnale evidenzia che le produzioni delle nostre imprese non richiedono una elevata professionalità da parte degli addetti e si presume, quindi, che anche le produzioni non abbiano grossi contenuti di innovazione tecnologica per poter diventare protagoniste su un mercato che si sta rivelando piatto.
Nella nostra provincia rimane prevalente il settore manifatturiero, anche se lo sviluppo dei servizi ha rappresentato negli ultimi anni la più importante componente nella crescita dell’occupazione. Parallelamente è cresciuto il livello dell’occupazione femminile e si sono diffuse forme di lavoro non tradizionali, atipiche e flessibili, soprattutto tra le donne e i giovani occupati.
Terziarizzazione, femminilizzazione e precarizzazione sono oggi tre termini la cui associazione ha teso a modificare anche nel territorio cremonese il mercato del lavoro.


LE NOSTRE PROPOSTE


PER LA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Il concetto di qualità non può rientrare, anche solo parzialmente, in modelli di sviluppo caratterizzati dalla precarietà esplicita o latente, dalla tolleranza di sacche di lavoro nero o sommerso, dall’insicurezza sul posto di lavoro, dalla esclusione di significative fasce di popolazione dall’accesso alle opportunità di apprendimento e dai diritti.
I recenti processi dell’economia e del lavoro stanno oggi producendo come conseguenza una pesante vulnerabilità sia economica che sociale. Tutto questo conferma che il destino sociale continua ad essere strutturato attorno alle grandi questioni del lavoro.
Diventa quindi strategico per CGIL CISL UIL aumentare la sicurezza e la regolarità del lavoro, rendere stabile e certo il rapporto di lavoro favorendone la stabilizzazione attraverso lo sviluppo di iniziative di informazione, formazione e orientamento. Riteniamo perciò ineludibile un contrasto alle forme di precarietà più spinte.
Convinti, pertanto, che l’obiettivo principale sia quello di riportare al centro del dibattito il tema delle CONDIZIONI DI LAVORO, come presupposto fondamentale per uno sviluppo di qualità nel nostro territorio, CGIL CISL UIL di Cremona individuano le seguenti aree prioritarie su cui intervenire:

· SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Raggiungere la qualità del lavoro a garanzia di salute e sicurezza in ogni realtà produttiva, anche nelle cosiddette microimprese, estendere il diritto alla salute e alla sicurezza per tutte le nuove forme di lavoro e in tutti i settori lavorativi sono obiettivi strategici per la Comunità europea e a livello mondiale (Organizzazione Mondiale della Sanità e Organizzazione Internazionale del Lavoro).
La situazione in provincia di Cremona relativamente agli incidenti sul lavoro si presenta complessivamente preoccupante. Nonostante si registri una lieve diminuzione del numero degli incidenti registrati nel 2003 rispetto all’anno precedente, la nostra Provincia segna ancora tassi di frequenza superiori sia alla media regionale che a quella nazionale.
Pertanto, sebbene siano trascorsi ormai dieci anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 626/94, i risultati in termini di prevenzione e quindi di riduzione del numero di infortuni sono ancora del tutto insufficienti.
Un ruolo centrale deve essere assunto dalle nostre strutture di categoria nello sviluppo della contrattazione di secondo livello, con la predisposizione di piattaforme aziendali contenenti un capitolo specifico dedicato al tema della prevenzione e sicurezza del luogo di lavoro, fermo restando al livello confederale i rapporti territoriali e istituzionali.
Particolare attenzione dovrà essere posta al settore della piccola impresa (e del metalmeccanico in particolare), dove si registra l’incidenza più elevata delle percentuali di infortunio.
In tal senso, risulta fondamentale avviare una fase in cui i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali abbiano la possibilità e le risorse per poter svolgere appieno il loro ruolo. E’ quindi indispensabile che si superino le resistenze ancora presenti nelle associazioni imprenditoriali (anche nel nostro territorio), che di fatto impediscono il funzionamento di questi organismi, in modo da arrivare ad un sistema di effettiva promozione di formazione e informazione, in particolare nelle piccolissime aziende.
Il settore edile e quello agricolo evidenziano infortuni particolarmente gravi. Va rimarcato peraltro che in questi settori è rilevante la presenza di lavoratori extracomunitari, sui quali pesa probabilmente anche una scarsa attenzione culturale delle imprese al concetto di prevenzione. E’ proprio nei loro confronti quindi che va avviato uno specifico percorso formativo e di sensibilizzazione al problema.
Fondamentale resta per il Sindacato la piena applicazione del D.Lgs. 626/94. In tal senso contrastiamo l’attuale legge delega per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza del lavoro, che mira a sostituire un sistema fondato su norme vincolanti ed esigibili con un sistema di buone pratiche e di norme volontarie e a vanificare il sistema sanzionatorio limitando l’attività di vigilanza.

· LOTTA AL LAVORO NERO E SOMMERSO
Su questo tema CGIL CISL UIL di Cremona considerano necessario giungere ad un vero e proprio “PATTO DI CIVILTA’” tra le parti sociali per un’azione comune contro le logiche di profitto e di concorrenza perversa a danno sia dei diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori sia delle imprese sane che rispettano le norme e le tutele.
E’ oltremodo difficile quantificare il fenomeno, ma in una provincia dove i settori dell’agricoltura, dell’edilizia e dei servizi rappresentano una parte importante dell’economia locale, è conseguenza ovvia ritenere che l’utilizzo di lavoro nero possa essere quantitativamente significativo. Gli organi preposti al controllo sul territorio hanno comunque evidenziato una percentuale di irregolarità pari al 73% nelle aziende visitate, con recuperi contributivi anche importanti, e una percentuale di circa il 10% di aziende con lavoratori in nero.
Un primo significativo contributo nella lotta al lavoro nero deve essere costituito da un serio e rigoroso impegno da parte di tutte le pubbliche amministrazioni che devono pretendere, nei contratti di appalto, il pieno rispetto e la totale applicazione delle norme contrattuali e legislative – spesso disattese – da parte delle ditte appaltatrici, sub-appaltatrici o che partecipano alla realizzazione delle opere in qualità di fornitrici o sub-fornitrici di materiale o servizi.
Un altro obiettivo deve essere quello del potenziamento delle risorse finanziarie, tecnologiche e umane dei diversi servizi ispettivi preposti al controllo, oggi impossibilitati a garantire una politica di presidio del territorio appropriata.
Più in generale, occorre avviare una riflessione finalizzata alla costituzione di un “Piano locale di sistema contro il sommerso”, definito a livello territoriale da un accordo tra le amministrazioni pubbliche, i servizi per l’impiego, i servizi ispettivi e le forze sociali. Il Piano deve rappresentare il contenitore e il punto di coordinamento di strumenti da mettere a disposizione nazionalmente, in grado di incidere sia sulle convenienze economiche sia sulle dinamiche culturali e sociali che caratterizzano profondamente il fenomeno del lavoro sommerso.

· GESTIONE PROCESSI DI CRISI
Le dinamiche e gli sviluppi delle crisi attualmente in atto hanno certamente origini e caratteristiche diverse.
Non è esigenza di questo documento analizzare i fattori di crisi ed ascrivere responsabilità. Ciò non ci esime dal rimarcare che le politiche perseguite da Governo e Confindustria in questi anni, basate soprattutto sul contenimento del costo del lavoro e sull’abbassamento della soglia dei diritti, hanno fatto segnare una pesante battuta d’arresto al paese, con ripercussioni anche nel nostro territorio.
Per CGIL CISL UIL provinciali, in rapporto con tutti i soggetti interessati, sarà da perseguire un lavoro tendente alla gestione delle crisi in un’ottica non solo di salvaguardia occupazionale, ma anche di salvaguardia delle professionalità.
Bisognerà pertanto proseguire, come è avvenuto in rilevanti realtà aziendali, una pratica di continuità dei rapporti di lavoro attraverso tutti gli strumenti previsti da leggi e contratti.
Nelle imprese minori, ove tali opportunità non siano applicabili, sarà necessario individuare modalità di accesso a risorse o agevolazioni che permettano di concedere anche ai lavoratori di quelle realtà opportunità di riqualificazione, formazione e ricollocamento.
Sempre in questo ambito, andrà proseguito e valorizzato il lavoro proficuamente avviato dall’Amministrazione provinciale, che con modalità e strumenti diversi è stata parte attiva in questa fase particolarmente delicata per il nostro territorio.
Si riconferma perciò, anche su queste questioni, una impostazione che tenga come riferimento fondamentale il mantenimento e la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori quale elemento decisivo per la ripresa economica del territorio, in contrasto esplicito alla scorciatoia dei licenziamenti collettivi come strumenti di risoluzione delle crisi.


PER LA QUALIFICAZIONE DELLE RISORSE UMANE

La qualità delle risorse umane costituisce il fattore strategico per la competitività dei sistemi produttivi. La valorizzazione di questo “capitale immateriale” deve passare attraverso un incremento degli investimenti in formazione e attraverso un migliore raccordo tra imprese, scuola, formazione, università e mercato del lavoro.
Non possiamo, tuttavia, non sottolineare come i sistemi scolastico e formativo del nostro paese stiano vivendo oggi uno dei momenti più convulsi e confusi della loro storia e come l’impianto della formazione professionale non riesca ancora a diventare sistema, ad avere una sua identità, autonomia ed autorevolezza.
I repentini cambiamenti, le necessarie evoluzioni alle quali le imprese saranno chiamate a procedere, richiederanno adeguate professionalità non sempre reperibili sul mercato del lavoro. La condizione, però, che la formazione nella gestione delle risorse umane diventi centrale è che essa venga vista e vissuta come un investimento e non come un costo che può essere cancellato per migliorare il bilancio aziendale.
Il sistema delle imprese o crede nella formazione – e quindi è disponibile ad investire risorse – oppure rischia di non avere professionalità adeguate. Non è possibile continuare a pensare che sia di altri il compito di formare le persone.
In uno scenario in cui il mondo del lavoro evolve verso professionalità più ricche e complesse, in cui la preparazione professionale non è scindibile dalla preparazione culturale e di base e da una crescita del livello culturale, si può determinare una possibile convergenza e reciproca convenienza tra azienda e sindacato. La crescita di professionalizzazione del capitale umano, infatti, risulta sempre più conveniente per l’azienda per affrontare la competizione economica, così come la stessa professionalizzazione si rivela decisiva per la tutela del reddito del lavoratore e per la tutela ed il mantenimento del posto di lavoro.
Il ragionamento vale sia per le grandi che per le piccole imprese: se però per le prime risulta più facile reperire risorse e tempi da destinare alla formazione, per le piccole si rende indispensabile un progetto sinergico che permetta anche a loro di non perdere questa opportunità.
Non va dimenticato che nel 2006 non ci sarà più la possibilità di accedere ai finanziamenti dell’Unione Europea a favore della formazione. E’ necessario fin d’ora individuare con quali modalità si potrà continuare a sostenere la formazione continua delle risorse umane. Riteniamo che, oltre all’impegno economico proprio che ogni singola azienda dovrà produrre, gli Enti Bilaterali e l’avvio dei Fondi Interprofessionali potranno e dovranno diventare gli strumenti di programmazione della formazione nel nostro territorio.
CGIL CISL UIL ribadiscono che l’analisi dei fabbisogni professionali costituisce un importante strumento previsionale per la predisposizione dell’offerta formativa, sia per le figure in ingresso nel mercato del lavoro sia per la formazione continua degli occupati.
Si intende inoltre sostenere e promuovere la capacità di integrazione tra i sistemi dell’istruzione e della formazione, nell’ottica di consentire alle persone l’accesso al sapere e al saper fare, alla cultura teorica e a quella tecnico-professionale.
In questo contesto, dobbiamo sottolineare positivamente come negli ultimi anni si sia evoluta, in quantità e in qualità, l’offerta delle Università presenti nel territorio cremonese. Rimane tuttavia da definire quale possa essere il rapporto che queste possono avere con le aziende della nostra provincia, se le assunzioni richieste sono generalmente a bassa professionalità. E’ evidente che in questa condizione ai giovani laureati che si specializzano presso i nostri atenei non resta che emigrare verso altri territori per ricercare occupazioni adeguate.
Il tema degli sbocchi professionali e dell’appropriato incontro tra domanda e offerta suggerisce un deciso supporto alle politiche di orientamento scolastico e professionale, nella doppia direzione di esplicitare le caratteristiche della domanda da parte dei diversi settori e comparti, e di accompagnare l’offerta verso scelte non stereotipate.

Oltre alla formazione, è necessario investire sulle politiche attive del lavoro con l’obiettivo di ridurre i rischi di precarizzazione potenzialmente lesivi della coesione sociale del nostro territorio.
In questa prospettiva, valutiamo positivamente le azioni di politica attiva del lavoro progettate dall’Amministrazione provinciale e rivolte in particolare a soggetti meno tutelati e a rischio di esclusione sociale (orientamento e sostegno all’inserimento lavorativo dei soggetti ultraquarantenni, dei disoccupati di lunga durata, dei disabili, …).
L’accesso al lavoro va sostenuto inoltre attraverso la valorizzazione della rete dei servizi per l’impiego, pubblici e privati, confermando e sostenendo il ruolo di coordinamento e di verifica che la Provincia sta svolgendo.

IL LAVORO EXTRACOMUNITARIO
I cittadini immigrati, come più volte CGIL CISL UIL provinciali hanno avuto modo di affermare anche attraverso l’attività di tutela dentro e fuori i luoghi di lavoro, rappresentano una risorsa importante per il territorio.
La valorizzazione di ciò non può avvenire esclusivamente attraverso il riconoscimento di pari condizioni e diritti nei luoghi di lavoro, ma anche nella costruzione di iniziative nelle quali tutti i soggetti – istituzionali, locali e la cittadinanza – si sentano impegnati in processi di integrazione sociale.
In questo senso CGIL CISL UIL, apprezzando i segnali importanti che in questa direzione sono venuti dalla Diocesi di Cremona e dalle amministrazioni locali, continueranno a sostenere questa impostazione, che fa dell’accoglienza un tratto distintivo del territorio cremonese.
Nel campo dell’occupazione il fenomeno del lavoro extracomunitario è ormai, anche nella nostra provincia, una realtà consolidata.
La manodopera immigrata non può essere però considerata una semplice “copertura” di vuoti che si creano nel mercato del lavoro territoriale. Gli immigrati reclamano giustamente sempre di più diritti di cittadinanza e chiedono di essere inseriti a pieno titolo nella nostra comunità, con i diritti e i doveri che ne conseguono.
Dal punto di vista del lavoro questo significa considerarli anche una risorsa economica e portatrice di sviluppo (da una recente indagine risulta che i lavoratori extracomunitari in Italia contribuiscono a circa il 6% del PIL), significa una maggiore attenzione alle potenzialità che possono venire da questo mondo (non solo copertura di lavori “bassi”), significa maggiore impegno nell’alfabetizzazione e nella formazione.
Le tematiche dell’immigrazione richiedono la nostra capacità – privilegiando un lavoro di rete con le istituzioni e le altre parti sociali – di sviluppare un progetto complessivo finalizzato alla qualificazione di questi soggetti nel mercato del lavoro e al loro pieno inserimento nel contesto sociale, anche partendo dal favorire l’introduzione nei luoghi di lavoro di alcuni basilari elementi per l’integrazione dei lavoratori immigrati.

L’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Nonostante un significativo incremento dell’occupazione femminile nel periodo ’93-’03 (incremento che tuttavia ha coinciso con un vero e proprio boom del cosiddetto lavoro atipico), ancora lontano rimane il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona per una piena occupazione delle donne e ancora ampio è il divario tra occupazione maschile e femminile.
In provincia di Cremona, infatti, la disoccupazione alla fine del 2002 faceva registrare un tasso del 2,8 (suddivisa però in 1,5 per i maschi e 4,8 per le femmine) e un tasso di occupazione pari a 50,5 (di cui però 63,8 per i maschi e 38,1 per le femmine).
Sono quindi necessari interventi mirati e qualificati per aumentare l’occupazione femminile, che devono andare nella direzione, in particolar modo, della conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro, considerato che la donna – con il suo lavoro gratuito di riproduzione e cura – costituisce purtroppo ancora oggi l’unico e vero, anche se formidabile, “ammortizzatore sociale” in atto.
Troppo spesso, tuttora, si parla di inserimento e reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto a seguito degli abbandoni legati alla maternità; si indica, cioè la strada delle uscite dal mercato e dei rientri, in condizioni così di assoluta incertezza e di impossibilità di percorso professionale.
CGIL CISL UIL si devono adoperare invece per soluzioni che abbiano l’obiettivo di garantire stabilità, sicurezza e qualità all’occupazione delle donne. In particolare: un più ampio utilizzo delle possibilità che offre la legge 53 sui congedi parentali, sulla conciliazione di orari di lavoro e tempi di vita, su una politica di padri attivi; un più marcato aumento delle opportunità per il ricorso al lavoro part-time se richiesto dalla lavoratrice; l’attivazione delle risorse previste dalla legge 53 per progetti tesi all’attuazione di forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro al fine di rispondere alle esigenze delle famiglie; la possibilità di programmi di formazione, aggiornamento, qualificazione e riqualificazione professionale dopo il periodo di congedo (di maternità, di cura, parentale).
Riteniamo pertanto che il raggiungimento di questi obiettivi dovrà diventare centrale anche nella contrattazione di secondo livello delle nostre strutture di categoria.
Viene da sé che politiche positive di welfare (servizi per l’infanzia, scolastici, per la terza età, per la non autosufficienza) sono condizione essenziale per accrescere la possibilità dell’accesso delle donne nel mercato del lavoro, mantenendone e rafforzandone le caratteristiche di servizi di diritto universale e pubblico.


PER UN SISTEMA DI IMPRESE COMPETITIVO NELLA QUALITA’

I dati sulla realtà cremonese e sull’emigrazione dei laureati verso altri territori indicano che le produzioni delle nostre imprese sono povere di contenuti tecnologici ed innovativi, dimostrando grossi limiti – a fronte di una contrazione del mercato – nella individuazione di alternative rivolte all’esportazione.
Si evidenziano tuttavia anche rilevanti casi contrari, dove si sono sviluppate capacità d’investimento importanti, supportate da professionalità alimentate anche all’interno delle aziende. Ciò ha consentito a questa realtà di rimanere competitive senza dover ricorrere ad arretramenti di alcun tipo.

Una delle peculiarità e dei punti di forza che venivano accreditati al nostro territorio, un vasto sistema di piccole aziende, oggi rappresenta un punto debole del nostro sistema.
La capacità di crescita dimensionale diventa così uno degli elementi essenziali per affrontare una possibile fase di sviluppo, che porterà inevitabilmente le aziende cremonesi a dover competere con un mercato sempre più sopranazionale, ove la dimensione e le alleanze potranno essere determinanti.
Per un rilancio dello sviluppo economico del territorio diventa prioritario un impegno maggiore da parte dell’imprenditoria locale. Tranne qualche eccezione significativa, la proprietà di aziende importanti è nelle mani di multinazionali o di imprenditori non cremonesi.
Il tessuto industriale locale, quindi, potrebbe risentire – a fronte di possibili fasi congiunturali – di dismissioni o riorganizzazioni decise da amministratori non impegnati nella nostra provincia, con possibili ricadute di tipo economico ed occupazionali.
La degenerazione dei processi di globalizzazione può infatti comportare ulteriori impoverimenti industriali. Vanno perciò sempre vincolate le aziende ad impegni che evitino pratiche di utilizzo del territorio, delle sue risorse, delle sue professionalità e successivi disimpegni economico-finanziari.

La piccola dimensione e la sottocapitalizzazione delle imprese cremonesi dovrebbero avere come presupposto un sempre più diretto e stretto rapporto col sistema finanziario locale. In tal senso, l’accesso al credito è un fattore importante per un possibile scenario di sviluppo e crescita delle imprese.
Tutte le componenti economiche e sociali dovranno operare al fine di acquisire impegni sostanziali delle banche sul nostro territorio, per favorire l’accesso delle imprese a valori – sia nei costi al credito sia nelle condizioni generali – funzionali alle esigenze finanziarie, alla ricerca e all’innovazione, componenti fondamentali per la crescita altrimenti difficile.
Come pure è importante l’impegno del credito locale, oggi assente, verso le scelte generali quali le infrastrutture, l’università, ancora la ricerca, che le forze economiche e le istituzioni ritengono necessarie e prioritarie.
In relazione ai processi di fusione, incorporazione, acquisizione tra Istituti di credito che coinvolgono banche locali, condividiamo le osservazioni e preoccupazioni che amministratori e forze sociali hanno manifestato verso processi che potrebbero indebolire il rapporto tra banche e territorio.
Un altro aspetto di criticità potrebbe essere un più difficile finanziamento alle piccole imprese dovuto all’introduzione delle norme stabilite dai governi dell’Unione Europea negli accordi internazionali di “Basilea 2”.
Se quelle intese venissero confermate, secondo molti analisti sarà maggiormente difficoltoso l’accesso ai crediti. Le banche, infatti, chiederanno garanzie e requisiti di capitale così significativi da penalizzare in particolare le piccole e medie imprese per l’accesso ai finanziamenti.

In un territorio fortemente caratterizzato dalla componente agricola, non va dimenticato il ruolo che ha svolto e che può continuare a svolgere la cooperazione di filiera. Non sfugge il fatto che anche per le aziende cooperative si rendono necessarie operazioni sinergiche per poter affrontare un mercato sempre più globale.
La cooperazione agroalimentare, tuttavia, pur in presenza di processi di riorganizzazione, può essere in grado di continuare ad essere tutela della qualità del proprio prodotto, a partire dalla sicurezza alimentare e a conferma della specializzazione dei prodotti cremonesi, che ormai anche internazionalmente viene riconosciuta.
In tal senso (e anche al di là del solo settore agro-alimentare) occorre sostenere quelle iniziative e quei progetti di internazionalizzazione che, oltre a stabilire forme di collaborazione e cooperazione importanti con altri paesi, potrebbero favorire un potenziale sviluppo delle nostre imprese e creare concrete opportunità di commercializzazione dei propri prodotti.
L’insediamento a Parma dell’Authority Europea per la Sicurezza Alimentare dovrà essere anche per la nostra provincia una grande opportunità. La presenza sul nostro territorio di importanti aziende agroalimentari leader nella produzione di prodotti tipici, nonché di un settore zootecnico all’avanguardia in Europa, dovranno essere le peculiarità affinché Cremona venga chiamata ad un ruolo di primo piano nella gestione dell’Agenzia.
A tale fine è necessario che l’Amministrazione provinciale avvii quanto prima un confronto con gli Enti Locali di Parma affinché si possano individuare ruoli e compiti da assegnare al nostro territorio. In tal senso, consideriamo importante l’iniziativa assunta dalla Camera di Commercio di Cremona.
Particolare attenzione va rivolta alle tematiche legate agli OGM, per le possibili eventuali ricadute sia sull’intero eco-sistema sia sulla salute dei cittadini.

Va altresì rimarcato, tuttavia, che non tutto il mondo della cooperazione risponde a queste logiche. Sono molti, infatti, gli esempi di cooperative che nascono più per logiche di costi, di sottosalario o di speculazione, piuttosto che per scopi di tipo economico e sociale.
Una vigilanza più diffusa ed attenta deve far sì che i casi di cooperative fittizie vengano denunciati e tolti dal mercato.
A maggior ragione nel campo socio sanitario ed assistenziale, dove deve essere richiesta, da parte degli operatori, una indubbia capacità professionale per poter svolgere la loro attività a contatto con persone malate o bisognose.
Si rende necessario, pertanto, un raccordo fra le amministrazioni locali, le centrali cooperative, le organizzazioni sindacali, affinché si raggiunga un’intesa (come è avvenuto con il comune di Cremona) che preveda che i bandi di concorso per la concessione di appalti riguardanti i servizi alla persona contengano fra i requisiti per la partecipazione: capacità professionali, rispetto dei contratti nazionali, regolarità del versamento dei contributi previdenziali, ancor prima che condizioni economiche dell’appalto volte al ribasso.

CGIL CISL UIL ritengono, inoltre, che in una provincia caratterizzata da una significativa presenza di enti, imprese ed aziende che operano nel sociale e nell’amministrazione pubblica (e che coinvolgono quindi migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore pubblico e del privato-sociale), l’investimento sulla valorizzazione delle risorse umane, sulla qualità del loro lavoro e sulla loro crescita professionale, debba diventare elemento caratterizzante per la qualificazione dello sviluppo del nostro territorio e per una positiva ricaduta sulla qualificazione dei servizi alla cittadinanza, che inevitabilmente un investimento sulla stabilizzazione e sul riconoscimento delle lavoratrici e dei lavoratori del pubblico impiego produrrà.
La recente indagine effettuata dal Sies su alcuni enti pubblici del nostro territorio evidenzia, tuttavia, come negli ultimi anni la tendenza all’utilizzo di forme contrattuali atipiche – in particolare collaborazioni coordinate e continuative – stia assumendo una dimensione rilevante anche nella nostra provincia (il peso di queste tipologie di contratto è ormai pari al 20% sul totale degli addetti) e si concentra maggiormente su livelli di scolarizzazione e professionalità alte (diversamente dal settore privato).
Per le ragioni e gli obiettivi sopra espressi, CGIL CISL UIL ritengono fondamentale attivare azioni per non disperdere questo patrimonio di conoscenza e competenza.

Parimenti, il volontariato e il terzo settore – che costituiscono un’energia straordinaria nella provincia di Cremona – devono trovare il giusto riconoscimento e sostegno come risorsa della collettività.


PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE

L’obiettivo strategico per il nostro territorio è lo sviluppo sostenibile: lavorare per progetti, nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali e dell’uso del territorio che è una risorsa limitata e non riproducibile, e secondo una equilibrata programmazione provinciale.
Contemporaneamente, un rilancio del territorio che possa diventare appetibile per investimenti da parte di nuove aziende deve poter contare anche su infrastrutture efficienti ed adeguate. Sono fattori decisivi per rendere competitivo il territorio cremonese, favorendo e richiamando insediamenti produttivi e terziari che producano reddito e occupazione.
Su questo argomento si è già aperto un dibattito che ha portato alla definizione di un documento contenente gli interventi che si ritengono indispensabili (in sede di Consulta Economica Provinciale, settembre 2002). Va tuttavia rimarcato che i tempi per la realizzazione delle opere sono fondamentali e quindi è necessario introdurre una scala di priorità su cui le forze economiche e sociali possano esercitare tutta la loro pressione.
Il cremonese rappresenta ancora una condizione infrastrutturale, per tutti i moduli di comunicazione, al di sotto della media nazionale. Se poi la relazione assume quale riferimento la media lombarda, il nostro territorio è ancor più ridimensionato rispetto alle altre province della Regione.
Non c’è analista economico che in questi anni, osservando il nostro territorio, non sia giunto a questa conclusione: sono necessari investimenti sulle infrastrutture per invertire la tendenza negativa del cremonese verso lo sviluppo. La forte carenza di infrastrutture e comunicazioni deriva dalla nostra storica esclusione dalle grandi vie di comunicazione che dalla Lombardia si indirizzano verso l’Italia e l’Europa. Per noi diventa dunque fondamentale intervenire su ferrovie, viabilità, intermodalità di trasporto e navigazione fluviale.
Su queste scelte è necessario che le forze economiche, sociali e le istituzioni si muovano in sintonia e non con una sciocca competizione tra le parti. Gli interlocutori sono e saranno sempre il governo nazionale e regionale, nei confronti dei quali le nostre iniziative, proposte e esigenze hanno bisogno – per vincere – di convinzione locale, coesione tra tutti i soggetti e unità nell’impegno.

· RETE FERROVIARIA
Esiste una necessità, ribadita anche a livello di Commissione europea, di un significativo riequilibrio del sistema dei trasporti a favore del trasporto su rotaia. Tale esigenza è storicamente più forte in Italia, dove questa contraddizione ha prodotto condizioni di difficile sostenibilità ambientale ed espliciti conflitti con gli altri paesi europei.
Nella nostra provincia si avverte, anche in relazione a specifiche esigenze, una forte e prioritaria necessità di intervento infrastrutturale sul sistema ferroviario.
La rete ferroviaria è assolutamente inadeguata a logiche di sviluppo, e storicamente carente per una moderna comunicazione. La Regione, come pure la società ferroviaria, non considerano probabilmente il cremonese attore di sviluppo e di crescita dell’economia lombarda. Non c’è rispetto alcuno verso la domanda di trasporti ferroviari del tessuto industriale e verso i pendolari. Condividiamo le osservazione generali delle istituzioni e delle forze economiche che segnalano due grandi carenze della rete ferroviaria cremonese: che non è direttamente in connessione con quella nazionale; che è a binario unico e da decenni non viene aggiornata tecnologicamente.
Da qui forti e pesanti difficoltà verso l’utenza con disagi, disservizi e scarsissima qualità del trasporto (si prenda ad esempio la linea ferroviaria Mantova-Cremona-Milano, che per 3/4 corre con un solo binario, oppure la linea Cremona-Crema-Treviglio o Cremona-Codogno-Milano).
CGIL CISL UIL ribadiscono che per lo sviluppo di un territorio è necessario assumere le esigenze di mobilità dei pendolari e delle merci. Per questo è decisivo inserire Cremona nelle direttrici di traffico regionale e nazionale.
Consideriamo quindi fondamentale l’istituzione di un tavolo provinciale con tutti i soggetti economici coinvolti, che apra una vertenza generale sui trasporti ferroviari nella provincia in rapporto a Regione e Ente Ferrovie.

· RETE VIARIA
- Consideriamo prioritario privilegiare ed anteporre ad altre scelte viabilistiche una riqualificazione complessiva della viabilità ordinaria. Essa rappresenta naturalmente il riferimento per la mobilità dei lavoratori del territorio, che avvertono anche esigenze di maggiore sicurezza. E’ inoltre una necessità per le tante aziende presenti sul territorio che, interagendo fra loro (es. terzisti artigiani), usufruiscono in modo assolutamente prioritario per la loro attività della viabilità ordinaria.
- I continui rinvii sugli interventi di riqualificazione della SS 415 Paullese non sono più sostenibili. Le difficoltà che abbiamo segnalato anche recentemente per il cremasco confermano quanto sia necessario questo intervento
- Ferme restando per noi le priorità sopra evidenziate, i corridoi autostradali destinati ad attraversare il casalasco (autostrada Cremona-Mantova e Ti.Bre.) sono sostenibili a condizione che siano integralmente inseriti nell’asse di comunicazione tra l’Ovest e l’Est dell’Europa, ovvero tra Nord e Sud, e funzionali al rapporto tra l’Italia e l’Europa. Detto questo è inoltre fondamentale subordinarli ad alcuni elementi: un chiaro impegno di valutazione di impatto ambientale che possa rappresentare una riqualificazione e non invece una riduzione di valore del territorio interessato; salvaguardare il territorio e ripristinare il tessuto naturale attorno alla infrastruttura; avvio di un confronto con le diverse comunità locali coinvolte in questa iniziativa e interessate al tracciato autostradale; una valutazione economica provinciale delle reali possibilità di sviluppo che sarebbero indotte dalla presenza di questa infrastruttura viaria, con la sottoscrizione di precisi impegni che vadano nella direzione della massima occupazione. L’opera dovrà comunque essere completamente esclusa dal finanziamento degli enti locali provinciali.

· RETE FLUVIALE E INTERMODALITA’
Diventa sempre più importante agire perché il Fiume Po sia navigabile per 365 giorni all’anno. E’ necessario favorire l’armamento di navi che consentano di passare dalla navigazione marittima a quella fluviale.
Il trasporto intermodale (acqua gomma ferro) potrebbe diventare per Cremona una grossa opportunità. Il trasporto intermodale delle merci dal Corridoio Adriatico alle regioni italiane consentirebbe di ridurre i costi di trasporto, ridurre il percorso stradale e quindi i rischi e l’inquinamento, con beneficio anche della sicurezza e della salute.
Con ciò Cremona può rappresentare, attraverso lo sviluppo del Polo Logistico di Cavatigozzi, un centro di attrazione per tutta la Lombardia, in particolare per aree intasate quali Milano. Si tratta quindi di elementi strategici di sviluppo e crescita occupazionale.
Restano decisivi inoltre obiettivi quali:
1. Realizzazione del terzo ponte sul Po da parte di Autostrade Centro Padane. Il recente accordo tra il Porto e la Società Autostrade per la concessione dell’area per il terzo ponte rappresenta un momento importante di collaborazione locale.
2. Realizzazione del Peduncolo, per il quale sono a gara i lavori di esecuzione.

Per queste ragioni, con queste priorità, considerando che il ruolo delle infrastrutture – e in particolare quelle di trasporto – siano fondamentali per la crescita economica di un territorio, ritenendo importante che tutto ciò possa rappresentare un impegno che coniughi infrastrutture e rispetto ambientale del territorio e consapevoli che ne possa derivare crescita economica, occupazionale e di reddito, riteniamo decisive le risposte sulle priorità che abbiamo richiamato.

· POLITICHE ENERGETICHE
La questione energetica si inserisce in un complesso di contesti che rendono estremamente problematico qualunque approccio. Infatti, parlare di questione energetica vuol dire parlare di produzione, di distribuzione, di consumi, di ambiente, di decentramento istituzionale, cioè intersecare una serie di ambiti che vanno affrontati con estrema serietà e con il dovuto approfondimento.
Per queste ragioni, CGIL CISL UIL intendono inserirsi nella discussione che anche a livello locale si sta affrontando, ritenendo tuttavia necessari, su questo singolo aspetto, ulteriori approfondimenti (in particolare con le categorie di settore interessate) e un’attenta valutazione sulle priorità e sulle azioni da intraprendere.
In riferimento al contingente dibattito aperto su un’ipotesi di una centrale elettrica da collocarsi nel territorio provinciale, CGIL CISL UIL indicano comunque alcune priorità:
- un impegno comune per incoraggiare il risparmio energetico e per incentivare l’utilizzo e lo sviluppo delle fonti alternative
- sostegno e/o agevolazioni da parte degli enti locali nei confronti di privati e aziende che propongano progetti che vadano in tale direzione
- subordinare l’eventuale insediamento di una centrale ad un complessivo bilancio ambientale positivo
- la localizzazione dovrà rispondere a rigorosi criteri di impatto ambientale.

 


       



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