Un inizio dolce per la 10a Festa dell’Arci. Senza “ansia da prestazione”,
con il buon sapore dello stare insieme; conversare, mangiare, bere, sentire
buona musica. “Lavori in corso - per un mondo migliore”: così ci rassicura
una pettorina “targata” Arci che viene voglia di indossare - e far indossare
- anche nella vita quotidiana.
Nello spazio dei bambini una fata sui trampoli parla di magia: parola senza
spazio né tempo; nell’angolo dell’informatica Linux parla il nuovo
linguaggio: quello “senza padroni”. Ai piedi del palco ritroviamo lo
striscione “Cremona città aperta” e sul palco rivediamo un emozionato Said
Boutaga, portavoce del Comitato Immigrati, che forse avremmo fatto meglio
abbracciare che applaudire - già, quel palco crea involontaria e indesiderata
distanza - benché lui come altri, “compagni di battaglia” immigrati o
rappresentanti di istituzioni, meritassero il plauso per i primi risultati
ottenuti nel mitigare gli effetti di una legge incivile come la Bossi-Fini.
Quello che ci offre la Compagnia Flamenco Libre è tanto bello e vero,
talmente poco “spettacolo” - ovvero artifizio lontano da noi - che il
palcoscenico, di nuovo, è quasi un incomodo. Davanti a noi autentici interpreti
di una grande cultura (sì, spesso “commercializzata”); la voce di Julio
Gòmez sa di terra, nel canto di tutti e di tutti i tempi, dell’amore e delle
sofferenze; il virtuosismo di Juan Lorenzo alla chitarra è l’eterna sfida di
scatenare e dominare energie proprie della materia e dell’uomo; la danza di
Pilàr Carmòna è “femmina” come solo grandi culture sanno esprimere la
femminilità, in una sintesi di rigore e di morbidezza, di ampi gesti
accoglienti e di minuziosa cura in ogni vibrazione. Se il mondo fosse “femmina”…
Insieme a loro, alla chitarra, Aldo Pini. Maestro Pini, professor Pini…
Anche grazie a lui, a Cremona prima, ora ad Ostiano, esiste una scuola di
chitarra flamenca, punto di riferimento per niente “provinciale” - lo
sottolinea pure Juan Lorenzo presentando - lui, “toscano” - il cremonese
Pini al pubblico cremonese. Sappiamo troppo poco, forse, dei nostri musicisti di
grande bravura tecnica e di grande sensibilità.
Sensibilità: sembra diventare la parola chiave di questa serata. Perché in
tutte le culture resta qualcosa di impenetrabile per coloro che vi si accostano
per scelta (“Il canto nostro non si impara…” - dice Juan); ed è così che
si conserva la meravigliosa “diversità” di un mondo multicolore. Ma in
tutte le culture “altre” si scopre qualcosa che risponde alle nostre intime
sensibilità - questo ci insegna maestro Pini - ed è così che il mondo può
diventare terra di tutti. Un mondo migliore, appunto. Lavori in corso… anche
in una Festa.
M.T.