15 Settembre, 2002 I “senzaterra” e il “villaggio indio” del Social Forum Fabio Turchetti da Porto Alegre
Ieri sera, dopo aver chiuso lo stand, sono andato a bere una birra con i
ragazzi che stanno lì con me. Tranne una francese ed una argentina, gli altri
sono tutti brasiliani. Sono bravi ragazzi che studiano o lavorano lontani dai
nostri stereotipi. Molti di loro hanno nonni italiani e fanno domande
sull'Italia e su come si vive “lì”. Abbiamo fatto passare un paio di
barettini che mi ricordano molto quelli spagnoli, coi loro tavolini di plastica
e stucchini da mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Poi abbiamo
preso un taxi che qui son quasi tutte Fiat punto di color rosso.
Allo stand ieri è venuto un ragazzo italiano con una bella maglietta rossa
dei “senzaterra”. È un toscano sulla trentina che vive qui da un po' e si
è unito a loro. Mi ha spiegato cos’è questo movimento, cosa fanno. Chi
gliela fatto fare – mi sono domandato – di andare in qualche pertugio
nascosto del mondo a rischiare la pelle? Poi quando ho visto la sua favolosa donna statuaria ho capito… No, in
realtà penso che ci voglia qualcosa in più, credo che senza un ideale sia
difficile imbarcarsi in un’avventura del genere.
I “senzaterra” sono contadini poverissimi che non possiedono nulla ed
occupano abusivamente dei pezzi di terra lasciata incolta dai grandi
latifondisti, per coltivarla e sfamare i loro figli. Se riescono a dimostrare al
governo che rispettano determinati parametri, possono iniziare una specie di
causa civile e se la vincono il governo gli affida la proprietà, confiscandola
al latifondista. Questo però, appena gli occupano la terra, manda le sue guardie
giurate a far sloggiare gli intrusi e lì volano le pistolettate. Arriva la
polizia che cerca di far rispettare la legge ma i “senzaterra” si
organizzano e si coalizzano a centinaia, i latifondisti assoldano corpi
paramilitari armati fino ai denti ed il “far west”, in qualche parte
sperduta di questo immenso continente, c’è ancora.
Faccio queste riflessioni camminando lungo il lago al tramonto. Il caldo
soffocante dei giorni scorsi ha lasciato il posto ad un vento fastidiosissimo.
In mezzo ai tendoni che ospiteranno gli incontri han ricostruito anche un
villaggio indio con tanto di capanne fatte di fango impastato e frasche. Qui la
babele è cominciata ed i rappresentanti delle varie tribù amazzoniche che sono
stati invitati quest’anno per la prima volta mi interessano.