15 Settembre, 2002
Luciano Violante, per ridare fiducia all'Italia
«Uno degli errori più gravi è non capire chi è l’avversario»
Quale sia il pensiero - la frase - che ci resta in testa, a dare il “timbro”
- all’occorrenza il sottotitolo - ad un discorso appena sentito, dipende forse
fin troppo dalle nostre sensibilità, a volte dalle nostre intenzioni. A meno
che il discorso non sia ad alto tasso di frasi d’effetto. Ma le risposte di
Luciano Violante alle domande dell’intervistatore Floriano Soldi (La
Provincia) sono a bassissimo tasso di frasi d’effetto. Sarà per la forma
mentale dell’ex magistrato Violante che sa quanto siano le prove a contare non
le arringhe (in una giurisdizione della Giustizia), sarà anche perché il
giornalista Floriano Soldi ha fatto il giornalista e non la “spalla”. Buona
partenza che, in fondo, agevola l’interlocutore più interessato a convincere
che non ad autocelebrare la propria oratoria.
Un’ora scarsa con Luciano Violante sul palco della Festa dell’Unità,
tempo sufficiente per toccare i punti nevralgici della politica italiana. Dal
mondo dell’economia - più appagata, a volte, dalle rendite finanziarie che
non lanciata in sfide produttive - alla percezione dell’Italia all’estero.
Per dirci che è estremamente difficile spiegare ad uno straniero che in Italia
un ministro può parlare a vanvera; spiegare che anche se due ministri parlano
al ritorno alla Lira, non significa affatto che l’Italia abbandonerà l’euro.
Con Violante sul palco, c’è grande attesa, tra il pubblico, del momento di
affrontare la giustizia. E su questo una “frase d’effetto” ce la regala.
“Per salvare Dell’Utri, Previti, se stesso, vuole che funzioni bene la
magistratura?” Ma Violante non si dilunga su questo aspetto “personalizzato”
dei problemi della giustizia; tiene di più a spiegare i punti cardinali del suo
dissenso verso le riforme prospettate dal governo. Noi comuni mortali saremo
anche poco portati a comprendere i delicati meccanismi di funzionamento della
magistratura. Ma due-tre cose non fatichiamo a comprendere con chiarezza: non è
nel nostro interesse che i magistrati passino metà del loro tempo con dei
concorsi “di valutazione” lontani dal loro quotidiano operare, che è a
vantaggio della loro formazione il passaggio tra funzioni giudicanti e funzioni
di accusa (ma perché per altre categorie di lavoratori la varietà di
esperienze viene esaltata e per i magistrati negata?), e ci arriviamo in un
attimo a capire quanto non sia nel nostro interesse di cittadini una
magistratura (o una parte della magistratura) sottoposta al controllo del
governo. Nemmeno di un governo di sinistra, che sia chiaro.
Floriano Soldi interroga l’ospite su quello che individua come “nervo
scoperto” della coalizione: la politica estera. No, il problema non è la
politica estera ma soltanto la questione dell’uso della forza. E Violante
tocca un argomento assai delicato, difficile se non impossibile affrontare su un
palco “festivo”. Dicendo che, in fondo, anche questa repubblica è nata dall’uso
della forza, che ad un certo punto molta gente ha preso le armi senza le quali
il nazifascismo non poteva essere scalzato dal suo potere. Dunque la vera
domanda è: come si usa la forza.
Non possono mancare le domande sulla guerra, sul terrorismo. Che potrà
essere sconfitto, isolato quando impareremo a portare rispetto ciascuno per i
morti degli “altri”. Due minuti di silenzio per i morti di Londra, ovunque,
due minuti di silenzio per i 24 bambini morti a Baghdad, ovunque. Contro la “guerra
di civiltà” si mette in campo l’integrazione che non significa avere gli
stessi consumi e gli stessi stili di vita. Dove la cultura occidentale mette in
campo, forti, i propri valori. Quelli veri.
«Uno degli errori più gravi è non capire chi è l’avversario, l’altro
è sottovalutarlo.» Come un ruscello carsico, questo pensiero ha attraversato
la conversazione con Luciano Violante. Per portarlo - per portare noi - all’idea
dell’unità imprescindibile. Per sottolineare il pericolo del sentirsi
invincibili, già vincitori. Perché, in fondo, capire chi è l’avversario e
valutarlo correttamente, è possibile soltanto attraverso il dialogo, senza
arroganza. Così pare che sia nella politica nostrana, così pare che sia sui
sempre più pericolosi scenari del mondo.
M.T.
 
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