15 Settembre, 2002
Australia: campanello rosso per la democrazia nell’informazione
L’Europa, lo scorso ottobre, approva una direttiva in prima lettura che recepisce posizioni di forte apertura alla concentrazione di pubblicità .....
L’Europa, lo scorso ottobre, approva una direttiva in prima lettura che recepisce posizioni di forte apertura alla concentrazione di pubblicità all’interno dei palinsesti televisivi: è, questa, una notizia che ha determinato reazioni critiche da parte di alcuni eurodeputati della sinistra.
Ma se in Europa si rischia, così, di avere un’informazione sottoposta alla logica di mercato, che può erigersi a unico criterio di direzione delle scelte redazionali, in altri contesti del nostro pianeta si stanno avviando analoghi percorsi. Parliamo dell’Australia, dove il Parlamento delibera una nuova legge che ha totalmente abrogato i limiti, prima esistenti, per i proprietari di giornali di acquistare canali televisivi e, viceversa, per i tycoon della televisione di comprare giornali e carta stampata.
Ricordiamo come il premier conservatore australiano, Howard, autore di alcune particolari misure restrittive e disumane riservate ai profughi, detenuti in vere e proprie carceri di sicurezza amministrate da una società americana, avesse promosso una campagna mediatica contro “l’invasione” con messaggi governativi dai toni terroristici, menzogneri e falsi, finalizzati a screditare le persone in cerca di aiuto, creando odio e avversione diffusa.
Gli immigrati, a cui è stato negato il diritto d’asilo, sono stati dipinti come soggetti mostruosi, non degni, come più volte ribadito dal ministro all’immigrazione Philip Ruddock, spesso uso a utilizzare espressioni di disprezzo xenofobo verso gli aborigeni e verso le altre etnie, di vivere nel globalizzato paese dei canguri.
Mala tempora currunt è opportuno dire sullo stato di salute in cui imperversano i media in Australia. Dopo questa lunga campagna di denigrazione dei profughi, spesso rappresentati dalle televisioni e da alcune prime pagine di rilevanti quotidiani australiani come coloro giunti con l’intenzione di "distruggere volutamente la proprietà privata". La comunicazione di massa crea opinione e la conseguenza di un’informazione deviata ed eterodiretta è quella di incidere nelle coscienze della maggioranza dei fruitori dei servizi giornalistici e mediatici, divenendo una sorta di unico e prevaricante “opinion leader” e assoluto riferimento informativo.
Possiamo senz’altro dire che la riforma del sistema radiotelevisivo aggrava in modo ulteriore lo stato di salute del sistema radiotelevisivo australiano, già di per sé malato, in quanto fino a oggi alterato dalla presenza prevaricante del magnate dell’editoria Murdoch, proprietario, tra l’altro, anche di una delle più grandi e maggiormente lette testate giornalistiche australiane, il Sunday Telegraph, ormai quasi monopolista nel settore.
La riforma permette ai grandi proprietari di rafforzare, nel “far west” informativo nazionale, le proprie posizioni di dominio. I monopoli oggi presenti saranno certamente rafforzati dalla nuova riforma. La preoccupazione per le sorti della democrazia in Australia risulta aggravarsi: secondo i parametri adottati da Amnesty International e da Reporters sans Frontieres in varie occasioni, uno stato non può considerarsi libero se non ha un adeguato sistema mediatico che assicuri pluralismo, libero accesso alle informazioni e pari opportunità di entrata da parte di differenti soggetti nel settore.
Le ultime notizie sulla salute dei media nel mondo non fanno altro che alterare una situazione generale e universale dove il mercato sta incidendo nell’autonoma scelta redazionale fatta dagli operatori della comunicazione mediatica di massa. Occorre un cambiamento di rotta complessivo, prospettando un impegno serio e coerente, difficile stanti i rapporti di forza attuali, delle organizzazioni internazionali a corroborare le misure che garantiscano il pluralismo informativo, linfa essenziale e strutturale per la vita di uno stato democratico.
Alessandro Rizzo
 
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