15 Settembre, 2002
Al Colle del Lys, in Valle di Susa: ricordo del 2 luglio 1944 (di Kiro Fogliazza)
64 anni fa, in un rastrellamento di inaudita ferocia perpetrato da SS tedesche e italiane e da brigatisti neri, vennero massacrati 26 ragazzi, tutti giovani ed appena arrivati in montagna per fare il partigiano. Tra essi 5 cremonesi.
Al Colle del Lys, in Valle di Susa, sono in preparazione le manifestazioni che si terranno sabato e domenica prossimi a ricordo del 2 luglio 1944.
64 anni fa, in un rastrellamento di inaudita ferocia perpetrato da SS tedesche e italiane e da brigatisti neri, vennero massacrati 26 ragazzi, tutti giovani ed appena arrivati in montagna per fare il partigiano. Erano infatti tutti disarmati, senza scarpe e vestiti, affamati. Tra di essi i cremonesi Scala Franco, Conca Gianpaolo, Faleschini Sauro, Boccalini Edoardo e Zaniboni Alfredo. Io ed altri dieci-dodici - per pura fortuna - eravamo in un altro gruppo che viveva da qualche giorno alle Miande Marin. Nel fuggi fuggi generale, scaturito dall'allarme arrivato di prima mattina, prendemmo a caso un sentiero diverso dal primo gruppo che, invece, venne raggiunto dai rastrellatori e trucidato sul posto, lasciando una profonda ferita nei nostri cuori.
Eravamo giunti in Valle da circa tre settimane, e stavamo vivendo - oltre cento cremonesi, un gruppo di Verdello (Bergamo) e un gruppo di piemontesi - tre difficoltà intrecciate in una sola, grandissima ed apperentemente insormontabile. Di queste difficoltà non si é mai parlato in maniera approfondita. E ciò ha lasciato spazio alle volgarità del revisionismo più becero e bugiardo.
La prima drammatica sorpresa fu che i resti della 4° Armata Alpina, che avrebbero dovuto essere preparati, secondo le promesse fatteci alla partenza, pronti a riceverci con tutto il necessario - dalle armi al vettovagliamento - non esistevano affatto.
La popolazione, dal canto suo, era molto preoccupata dalla presenza di tanti giovani che chiedevano da mangiare, qualche coperta, qualche paio di scarpe. Tutto ciò, in valligiani isolati un po' dal mondo, che vivevano una vita grama, creava perplessità e confusione. Le informazioni attorno all'8 settembre dell'anno prima, all'occupazione ed alla violenza tedesca e fascista erano scarsissime. Non c'erano giornali, radio. La vita del montanaro si svolgeva soprattutto nel lavoro su quella poca terra per ricavarne da vivere.
I pochi partigiani locali, poi - e questo è il terzo elemento - non erano stati avvisati dell'arrivo di oltre cento cremonesi su in montagna, e dunque non ci accolsero con grande entusiasmo. Il loro Comandante Alessio - ottimo comandante, del posto, di Caprie - ci ricevette, su nostra insistenza, urlando epiteti di ogni natura contro che ci aveva inviati così numerosi sin lassù e da Cremona: diceva di essere in difficoltà sia per il mangiare che per il vestiario. Riuscì ad aiutarci a malapena con scarpe tipo "polacchetti", con le suole di cartone, e un po' di burro e riso. E ci suggerì, appena arrivati, di sistemarci dividendoci in più gruppi, in attesa di nuovi ordini dal Comando della Brigata.
In queste condizioni alcuni decisero di andarsene: dove, non lo abbiamo mai saputo. Probabilmente in altre valli, o forse a casa, dove può anche essere sfuggita - anche al di là di singole volontà - la soffiata dalla quale, con ogni probabilità, i fascisti cremonesi pensarono subito di inviare ad Avigliana un gruppo di camerati agguerriti per i rastrellamenti e per colpire i cremonesi "traditori".
Infatti dopo qualche giorno giunse violento il rastrellamento - con mezzi meccanizzati, attrezzati di tutto punto. Dopo aver sparato, il 1 luglio, 150 colpi di mortai e cannoni nei punti partigiani da scardinare, dalla bassa e media valle partirono il 2 luglio all'attacco, seminando terrore e sangue, fuoco e violenza.
Questi gravi vuoti - che potemmo riscontrare sul campo - furono certamente dovuti al fatto che la catena della organizzazione di reclutamento si era probabilmente interrotta con la brutale fucilazione del Gen. Perotti e di tutto il Comando Militare Piemontese, avvenuta al poligono di tiro al Martinetto il 5 aprile 1944.
La macchina del reclutamento - che aveva un suo operatore nel cremonese Pola Ghilardotti, operaio a Rivoli - contava sulla collaborazione di Biselli e altri della fornace Frazzi di Cremona, che aveva reclutato già una trentina di giovani di Porta Po. Così come sulla collaborazione di Attilio Zavatti o di Pedroni, per porta Venezia e via Mantova, con un gruppo già pronto per la partenza, La medesima cosa era capitata per le Ceramiche e per Caveada di S. Ambrogio, per giungere fino a Picenengo e a Cavatigozzi. I gruppi non erano organizzati, nel rispetto delle regole della clandestinità. Uno non doveva sapere dell'altro, anche se aveva la stessa destinazione.
Si può calcolare che circa 300 giovani cremonesi siano riusciti a superare la rete di protezione che il fascismo e i tedeschi avevano organizzato in quel periodo con la pena di morte per i renitenti prevista dal Manifesto firmato anche da Almirante il 24 maggio 1944. In molti riuscirono a raggiungere le montagne del Piemonte, della Liguria della Lombardia e degli appennini emiliani.
Questi nostri ragazzi, questi nostri figli della Cremona democratica e antifascista, pur inesperti, hanno saputo scegliere con fierezza e hanno saputo organizzare con tenacia ed intelligenza, distaccamenti, brigate, Divisioni di partigiani e popolo in quella battaglia troppo spesso dimenticata o taciuta ai nostri giovani nelle scuole, nelle famiglie, nella società
I cremonesi che saliranno domenica al Colle del Lys, sapranno, col rispetto e l'umiltà dovuta, portare il reverente saluto di tutto il popolo cremonese ai montanari, ai partigiani e al popolo piemontese che, certamente presente come sempre, renderà onore ai Martiri della Resistenza, della Libertrà e della Pace.
A questo saluto voglio aggiungere anche il mio, da vecchio partigiano operante in quelle Valli. Oggi, purtroppo, non potrò essere con tutti loro - come invece facevo negli anni scorsi. Ma sarò lassù con il mio cuore e con la mia memoria. Nel ricordo dei tanti, troppi giovani cremonesi che lassù lasciarono la vita.
Il Presidente del'ANPI Provinciale ed ex Commissario della 17 Brigata Garibaldi operante al Col del Lys
Enrico Kiro Fogliazza
 
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